Attualità

Duro documento di replica della CGIL provinciale alla determina sindacale n° 10 del 6 marzo scorso, con cui il sindaco ha proceduto all'attribuzione di nuovi incarichi dirigenziali effettuando una rotazione di tutto il personale dirigente.

Il documento è stato inviato oltre che al sindaco, agli assessori, al segretario generale, a tutto il personale e riporta all'oggetto "Applicazione Codice Vigna. Modifica struttura organizzativa e Determina di attribuzione di incarichi dirigenziali".

 Nella nota in primis si richiama la legge n° 5 del mese  di aprile 2011, che l'Assessorato alle Autonomie locali e della Funzione pubblica ha reso operativa con un decreto e che proprio per l'articolo 14 della legge che si riferisce appunto alla rotazione periodica del personale , traccia percorsi precisi  e non derogabili: "prevedendo - si dice nel documento - preventivamente la individuazione da parte dell'amministrazione dei settori amministrativi esposti a rischio infiltrazioni, percorsi formativi per il personale, l'accertamento della professionalità posseduta dal dipendente accertata di volta in volta per la mansione assegnatagli e, la individuazione delle modalità sttuativa della rotazione periodica del personale da concertare con le Organizzazioni sindacalil'aminsutrazione individui i settori"

"Procedure inapplicate - secondo la CGIL - e per le quali si chiede l'avvio urgente della concertazione".

Si stigmatizza poi da parte del sindacato, che di tutto il cosiddetto "Codice Vigna" "l'amministrazione abbia voluto applicare solamente la parte riguardante la rotazione della Dirigenza tralasciando tutto il resto".

La CGIL si dice "preoccupata che le conseguenze di un progetto così radivale ed immediato, possa produrre effetti negativi sull'organizzazione e sui servizi".

Per aggiungere polemicamente subito dopo "ci siamo chiesti quali fossero le ragioni di tale urgenza e se ciò fosse collegato alla sottolineautura che abbiamo colto nella relazione a firma dell'assessore al bilancio ( Antonino Schiacchitatno  n.d.r.), quando si fa riferimento alla necessità di rotazione dei dirigenti perchè la considera quale soluzione per "rimuovere veri e propri feudi nella conduzione dei diversi ambiti, alla cui guida siedono da anni i medesimi funzionari".

Il sindacato della CGIL non ci sta e lo dice senza mezzi termini "contestiamo la generalità con cui ci si approccia al problema  e simotivano i provvedimenti; contestiamo il metodo del couinvolgimento senza alcun ditinguo, in quanto non rispecchia la realtà e non dà giustizia e merito a chi in questi anni ha dato un serio e proficuo contributo."

Utilizzando invece questo sistema  si corre il "rischio .... di diffondere il sopsetto su tutti i lavoratori; se invece l'Amminsitrazione fosse a conoscenza di fatti reali collegati a persone, sarebbe doveroso denunciarli all'Autorità giusiziaria".

Nel successivo passaggio il documento fa una  accettazione sia pure implicita che problemi ne esistano, ma che vadano affrontati con apertura e senso di rsponsabilità: "Pensiamo - riconosce infatti il documento - che il fenomeno della corruzione sia la reale piaga della Pubblica Amministrazione e che pertanto è necessario unire tutte le forze, attraverso la condivisione di un percorso, il coinvolgimento di tutto il personale, la individuazione di regole eerte e trapsrenti, per giungere alla totale applicazione della normativa perchè possa essere arginato"

Per concludere con una richiesta ben precisa e concreta "La temporanea sospensione del provvedimento e l'avvio della concertazione " con i  rappresenttanti sndacali

 

Il documento reca la firma del Segretario provinciale della C.G.I.L. Funzione pubblica, Maurizio Comparetto

Pubblichiamo volentieri questa breve riflessione scritta, come ci ha detto lo stesso autore, di getto. Michelangelo Calì è fratello di Gianluca e Marco titolari della Calicar e di Alessandro, già presidente dell'Ordine degli ingegneri, cui si deve la coraggiosa quanto contrastata decisione di espellere al tempo l'ingegnere Michele Aiello dall'Ordine dopo la condanna per mafia.

E la pubblichiamo per la grande forza emotiva di un testo che descrive sì la  tempesta che si scatena nella mente di chi viene proiettato dalle vicende della vita dentro un tunnel di sentimenti contrapposti, ma anche la forza e la lucidità di chi, malgrado tutto,  continua  a credere in un futuro positivo per la nostra terra. 

 

Un giorno ti dirò cosa si prova a guardare tuo fratello negli occhi quando ti dice che ha ricevuto minacce perché ha il desiderio di lavorare da imprenditore libero.

Un giorno ti dirò cosa si prova quando la mano di un uomo incappucciato, senza volto né storia, codardamente danneggia l’essenza della Tua libertà di uomo ed il frutto del tuo lavoro.

Un giorno ti dirò cosa si prova quando senti il disagio di vivere in un paese dove, spesso, il malaffare uccide una delle cose che ti spinge a guardare al futuro: la speranza.

Un giorno ti dirò cosa si prova quando guardi negli occhi i bambini ed a loro devi trasmettere i valori di una civiltà che sembra non difendere i presupposti basilari sui quali essa stessa deve fondarsi.

Un giorno ti dirò cosa si prova quando ai tuoi figli potrai dire che può esserci la condizione per guardare ad un futuro migliore anche nella nostra Terra Siciliana, ad un futuro che si fondi sull’onestà, sulla correttezza e sulla forza del lavoro.

Un giorno ti dirò cosa si prova quando hai la fortuna di credere che, anche loro, un giorno non saranno costretti ad abbandonare la loro famiglia per cercare una prospettiva migliore altrove, dove l’ordinario non è straordinario e dove i diritti non sono scambiati con i favori.

Ma un giorno ti dirò anche cosa si prova quando senti di non aver calpestato la Tua dignità, accettando supinamente i soprusi: un giorno ti dirò cosa si prova quando non hai voluto credere al malaffare, al compromesso, ed un giorno ti dirò cosa si prova a sentire tanta gente onesta che sta dalla tua parte, che ti sostiene, che ti da coraggio e che si batte anche per quello in cui tutta la società dovrebbe credere.

Un giorno ti dirò cosa si prova ad essere uomini liberi.

Michelangelo Calì  

nella foto di copertina M.Calì  è uno dei ragazzi in prima fila che trenta anni fa presero parte alla marcia contro la mafia e la droga Bagheria-Casteldaccia

Sono passati pochi giorni dalla marcia antimafia Bagheria Casteldaccia che ha celebrato il grande evento di 30 anni addietro ,quando per la prima volta il sentimento  popolare manifestò il suo no alla violenza mafiosa.

Una radiosa giornata nella quale sono stati protagonisti i giovani, che idealmente ricevettero il testimone da quanti 30  anni prima, in risposta ad una violenza inaudita che insanguinò il cosiddetto Triangolo della Morte (Altavilla , Bagheria , Casteldaccia) misero in scena la prima manifestazione popolare contro la mafia.

In quell'occasione molti oratori si sono soffermati sulla necessità di tenere alta la tensione contro la mafia , che mostra una singolare quanto funesta capacità di risorgere dalle occasionali sconfitte, per continuare a minare le basi della convivenza civile.

Nel caso tale avvertimento si fosse perso nelle nebbie della retorica,la mafia con il suo beffardo tempismo ci ricorda che molto c'è ancora da fare e da combattere. La vicenda che vede coinvolta l'azienda Calicar, già a suo tempo colpita da un grave attentato incendiario, scuote le nostre coscienze e ci chiede di dare seguito a tutte le dichiarazioni di antimafiosità che partiti, associazioni, e amministrazioni comunali hanno nei giorni scorso profuso a piene mani.

Che fare dunque?

Una considerazione ,ormai acclarata da decenni di lotta alla mafia e da tanti tragici avvenimenti (Falcone e Borsellino) dimostra che i bersagli preferiti dai criminali mafiosi, sono soggetti isolati , la cui vicenda rimane avvolta nell' indifferenza.

Non bisogna assolutamente lasciare soli i titolari della Calicar, che con il loro manifesto hanno di fatto lanciato un accorato appello alle istituzioni oltre che a tutte le persone per bene.

In questi giorni dimostrare che abbiamo capito, manifestare sinceri sentimenti di solidarietà, può fornire un cordone di sicurezza a questi imprenditori al punto da scoraggiare (lo speriamo di cuore) altri attentati.

Ma potrebbe non bastare, la risposta della società civile non può rimanere episodica, ma deve organizzarsi, strutturarsi.

Le organizzazioni degli artigiani, dei commercianti categorie che storicamente sono le vittime preferite della mafia devono alzare la testa a difesa dei loro associati e chiedere allo stato la giusta protezione.

Ma anche le amministrazioni locali possono contribuire alla formazione di una coscienza antimafiosa.

Naturalmente il primo impegno e' quello di operare nell'ambito della più assoluta legalità per non lasciare maglie aperte che possano apparire un implicito invito alle organizzazioni criminali, ma si può e si deve fare ancora di più, impegnarsi nella diffusione dei valori stessi della legalità.

Ho sempre pensato che in diversi campi della nostra vita singoli atti di singole entità possono non riuscire là, dove organizzazioni più ampie possono rivelare un maggiore potenziale e maggiori possibilità di raggiungere lo scopo

Penso infatti che le amministrazioni del nostro comprensorio debbano assumere iniziative comuni sulla questione mafia,con organismi che operino non sull'onda dell'emozione ma che sviluppino nel tempo un lungo lavoro di studio e di proposte.

Potremo chiamarla “Conferenza permanente sulla legalità e sulla mafia” ,(ma il nome e' l'ultimo dei problemi) un organismo che pratichi un monitoraggio del fenomeno nel nostro territorio e proponga iniziative regolamentari comuni da applicare i tutte le amministrazioni del territorio.

L'Italia è un paese dalle mille contraddizioni ma che ha saputo dare il meglio di se tutte le volte che ha compreso come fosse importante il valore dell'unità .La mafia è un fenomeno che può essere sconfitto soltanto da una società unita , perché mai più si possa dire che di fronte alla violenza e alla prepotenza mafiosa qualcuno e' rimasto solo.


Vincenzo Accurso
Ass. alle Attività Produttive.
Casteldaccia

 

Caro direttore,

a proposito della storia dell'imprenditore vessato dall'ENEL e da Lei pubblicata il 22 febbraio, anch'io ho una storia da raccontare. Anche questa vera, puntualmente documentata e riscontrabile.

C'è un ragazzo che abita a Bagheria in C.da Monaco e da quando è nato vive facendo il fruttivendolo abusivo, prima aiutando il padre, poi, alla morte di quest'ultimo, in proprio.

Si sposa e ha tre figli. È uno dei tanti che affollano gli angoli delle nostre strade e a cui spesso rivolgiamo improperi per l'ingombro e i disagi che causano ad automobilisti e pedoni, sperando che arrivino cento vigili urbani a multarli e a cacciarli via.

Un giorno questo ragazzo, ormai uomo, decide di “mettersi in regola”. Apre la partita iva, frequenta il corso necessario per ottenere l'abilitazione al commercio e chiede al Comune l'autorizzazione ad esercitare l'attività commerciale su un'area pubblica destinata a posteggio fisso. (novembre 2002).

Nel frattempo apprende dalle autorità sanitarie che per vendere la frutta deve costruire un vero e proprio chiosco. Comincia così a mettere da parte i suoi risparmi e dà incarico ad un ingegnere di presentare il progetto.

Ma qualcosa va storto.

Un vicino, già titolare di una concessione su un posteggio vicino, decide di espandersi e occupa abusivamente l'area destinata al fruttivendolo, costruendovi a sua volta un proprio chiosco.

Da qui comincia il calvario.

Intervengono i politici di turno che convincono il povero fruttivendolo a “spostare” la richiesta per il chiosco dall'area pubblica, come previsto per legge, al marciapiede attiguo, sebbene non destinata a posteggio, per non creare danno all'altro esercente che altrimenti dovrebbe demolire la struttura.....siamo in periodo pre-elettorale......assicurano che tutto andrà bene....ci penseranno loro a sistemare la cosa con i tecnici comunali....

La richiesta invece viene bocciata dagli uffici in quanto in palese contrasto con il piano delle aree pubbliche.

Il povero fruttivendolo, deluso e amareggiato, decide allora di ripresentare il progetto, corredato da tutti i grafici, i calcoli e la relazione, sull'area che legittimamente gli spetta, provvede anche a pagare la cauzione di trecento euro e denuncia formalmente l'occupazione abusiva del suolo da parte del vicino.

Il Comune non può fare a meno di intervenire (agosto 2011) e intima la demolizione del chiosco abusivo e la rimessa in pristino dei luoghi, minacciando, così come previsto per legge, di procedere direttamente al ripristino coattivo.

Ma l'ordine, ovviamente, non viene eseguito, né tantomeno il Comune provvede coattivamente.

Arrivano i solleciti del malcapitato che reclama il suo diritto a costruire il suo di chiosco.

Ma gli uffici rispondono che non possono dare la concessione fin quando l'area rimane abusivamente occupata dal terzo (ma non era il Comune che doveva procedere a farlo sgomberare, con le buone o con le cattive?).

Il fruttivendolo, che nel frattempo è costretto a continuare a fare l'abusivo per sfamare la famiglia e a tremare ogniqualvolta vede una macchina dei vigili urbani o della Guardia di Finanza, (che, fra l'altro, più di una volta ha provveduto a sequestrargli la merce) diffida più volte il Comune a sgomberare il posto che gli spetta e presenta delle denunce per omissione di atti d'ufficio.

Nulla di nulla.

Finalmente arriva (ottobre 2012) una lettera che preannuncia giorno e ora in cui il Comune provvederà allo sgombero coattivo. Evviva! Esulta il fruttivendolo. Forse è la volta buona! Macchè.

Arriva il giorno e non succede nulla di nulla. Cosa sarà mai successo? Forse il vicino ha qualche santo in paradiso ? Di certo c'è che arrivano nuovi “emissari” che gli suggeriscono di tenere pazienza, di stare buono che forse ci sarà un nuovo piano delle aree pubbliche dove saranno previste altre aree dove lui potrà tranquillamente installare il suo chiosco e non “disturbare” il vicino.....

Siamo arrivati a marzo 2013.

Il chiosco abusivo è sempre lì, è stato ulteriormente ingrandito ed è felicemente gestito dal titolare e frequentato da numerosi avventori.

Anche il nostro povero fruttivendolo è sempre lì, con il suo ombrellone e il suo baldacchino, inchiodato alla sua condizione di abusivo, oltre che costretto alla fatica di montare e smontare giornalmente le sue povere attrezzature....

Nel frattempo, si è rivolto ad un avvocato, ed è in attesa che primo o poi qualcosa accada....sempre che nel frattempo non si stanchi e non decida di mollare tutto , chiudere le partita iva, infischiarsene definitivamente delle regole … ma ai bambini deve pur dare da mangiare...

A proposito …......bella la manifestazione di martedi 26 febbraio contro la mafia e per la legalità.

Ho visto tanta gente e tanti politici bagheresi.....ma la lotta alla mafia è una cosa, quella per la legalità è un'altra.

O no?

Lettera Firmata

 

 

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