E la chiamano estate. Calda, rovente, umida e soffocante. Tropicale. È tempo di metamorfosi, di compimenti che si realizzano. Di cigni che diventano rospi. È tempo di sdoganamenti. Segue, esempio classico. Quando un fenomeno diventa diffuso, trasversale, permeante sino a raggiungere le falde più profonde di un tessuto sociale, non può fare altro che tracimare e finire in tv, il luogo della normalizzazione, della santificazione sociale.
Serve un Bruno Vespa che ti dia la benedizione. L’uomo che negli ultimi vent’anni ha officiato il rito della volgarità che diventa normalità, quotidiano, cifra stilistica, sta lì proprio per questo. È stata l’estate del carro funebre dei Casamonica, della criminalità che si racconta attraverso i suoi simboli, dell’occhio “gossipparo” che la scruta, mentre quello “vippettaro” ci accende i riflettori sopra come se si trattasse di un Fabrizio Corona qualsiasi. La società apre le porte del suo salotto televisivo, sulle stesse poltrone su cui si è accomodata la classe dirigente italiana ora ci stanno i Casamonica. Un’operazione di livellamento orizzontale.
In tv la forma è contenuto, le malelingue dicono che è stata un’operazione in continuità.
Già, Corona. Altro autore di reati che invece di rimanere a riflettere sulle sue malefatte si ritrova protagonista di un documentario che rilegge, racconta, rielabora, mitizza. E per il semplice fatto di essere stato realizzato, ribalta. Si intitola Metamorfosi, dal 10 settembre nei migliori cinema. Corona, su Facebook (e dove, altrimenti) racconta: "Questo documentario parla dell'ultimo periodo della mia vita prima di entrare in carcere. In quei giorni, ho iniziato un percorso di crescita interiore che ho continuato a seguire dietro le sbarre e che spero di portare ancora avanti per diventare un uomo migliore".
Il mondo tira un sospiro di sollievo. È l’estate della docu-fiction, è l’estate dello storytelling, è l’estate della terza via tra realtà e finzione. È tutto raccontabile, sceneggiabile, sino al punto di diventare un’altra cosa. A proposito, sapete dove sta finendo di scontare la pena Fabrizio Corona? Da Don Mazzi. Gira e rigira è sempre salotto televisivo. L’Italia rimane un cortile degli anni cinquanta sfociato per tracimazione dentro gli schermi televisivi. Mara Venier, la D’Urso e la De Filippi, sono le novelle comari che impartiscono lezioni di commozione, leggerezza, indignazione, trasgressione, bacchettonismo, nulla.
È tutto raccontabile, come il bambino siriano riverso su una spiaggia, che ti porta due verità. La prima, piaccia o no anche l’orrore estremo mostrato ripetutamente crea assuefazione. La seconda, in questo mondo dove esiste solo ciò che si vede se l’orrore non lo mostri non esiste. In verità di orrore da mostrare ce ne sarebbe ogni giorno. Nel mondo i bambini muoiono quotidianamente anche fuori dalle fotografie. Sintesi, è intollerabile l’orrore, è intollerabile che per accorgercene bisogna che ce lo sbatta in faccia una foto.
Assuefazione, è solo un’altra storia, un altro racconto. È un’altra vita.
È l’estate della reazione emotiva di pancia che non distingue più un bambino da un leone. Un dentista americano, appassionato di caccia sportiva di animali rari, utilizzando arco e frecce, ha ucciso il leone simbolo dello Zimbabwe di nome Cecil. La reazione della rete è stata simile a quella avuta per il bambino siriano, prima tutti “Je suis Charlie”, vampata immediata e dopo il nulla.
E poi, grazie a un sovversivo camuffato da altro, un destabilizzatore vestito di bianco, è anche l’estate del ritorno del comunismo. Giustizia, lotta contro lo sfruttamento, asservimento al dio denaro, superiorità dell’uomo sulla macchina della produzione, distribuzione e consumo. Schiavitù. Sì, anche la schiavitù, termine che sembrava sepolto sotto una montagna di civiltà e invece ritorna di attualità nelle campagne del nostro accogliente Paese. Dalla Sicilia, alla Puglia al Veneto, storie di ordinari abusi, sottomissioni, violenze, morti. E, dicevamo, un comunismo che ha il suo capo popolo. Sorpresa: è Papa Francesco. Peccato che manchi il popolo. Incredibile, se ci pensate un attimo.
Nell’estate in cui quello che ufficialmente è il leader della sinistra italiana usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi qualche anno fa, l’estate in cui il rospo Renzi ha completato la trasformazione nel rospo Renzusconi, l’uomo pubblico più a sinistra è il Papa. Quel che resta di Che Guevara. Solo dieci anni fa ci sarebbe sembrata fantascienza. Oggi lo ignorano come fenomeno provando a farlo passare per un fatto normale. Troppo autorevole il pulpito, troppo scomode le parole. Ma le parole di Papa Francesco, proprio perché è il Papa, sono straordinarie. Vi invito a fermarvi e a riflettere su Renzi che dice quello che dice Renzi come leader del PD e sul Papa che dice quello che dice il Papa come leader della Chiesa Cattolica. Il Papa più a sinistra del leader della sinistra, il leader della sinistra a destra quasi quanto il leader della destra. E non è la saga di Guerre Stellari, sta accadendo veramente.
Assuefazione, sarà il caldo che rende l’aria soporifera. Altrimenti come spiegare che una notizia così passi lasciando tutti indifferenti. Media, mondo politico, società civile. Processo Stato-Mafia, un pentito: "Berlusconi suggeriva gli obiettivi delle stragi". Il collaboratore di giustizia Giovanni Ciaramitaro alla ripresa dell'udienza del processo sulla trattativa tra Stato e mafia, in corso nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, punta il dito contro il leader di Forza Italia e dice: “dava gli obiettivi da colpire, gli indirizzi giusti”.
Quel poveretto di pentito pensava, probabilmente, che la sua sarebbe stata una dichiarazione dirompente, l’inizio di un cataclisma, ma nell’Italia “dell’uno o l’altro uguali sono”, nemmeno la strumentalizzazione politica è più in voga. Al di là della veridicità, in passato, qualcuno avrebbe cavalcato la tigre, oggi si sbadiglia: “ah, vabbé, e allora?”.
C’è caldo signori, ed è già settembre.