Con la mafia si lavora e con lo stato no?

Con la mafia si lavora e con lo stato no?

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Sembra impossibile ma questo interrogativo si ripropone , magari provocatoriamente , quando attività economiche e produttive , simbolo del potere delle mafie , una volta sequestrate dallo Stato sono rimaste chiuse lasciando senza lavoro e senza reddito i lavoratori che in quella determinata azienda prestavano il loro lavoro.

I vuoti normativi e l’assenza dello Stato non consentono infatti che le imprese confiscate diventino modelli di legalità e di certezza per i lavoratori e per la cittadinanza che ancora che crede nello Stato di diritto.

Il consenso alla criminalità deriva proprio dalla capacità di offrire posti di lavoro in territori dove la disoccupazione è alta e l’unica speranza spesso è offerta da aziende colluse con la mafia.

L’obiettivo della CGIL è quello di rendere le aziende confiscate alla mafia dei presidi di legalità e di certezza economica , capaci di garantire lavoro dignitoso e soprattutto “legale”.

La campagna “io riattivo il lavoro” è rivolta al Paese , alle Istituzioni e al Governo affinché si tutelino i lavoratori delle aziende sottratte alla criminalità organizzata e si valorizzino le potenzialità di sviluppo di queste attività economiche e produttive, così come talvolta accade.

È crescente la consapevolezza che la presenza della criminalità organizzata e della mafia nell’organizzazione sociale e produttiva , strangola l’economia di un territorio già povero di infrastrutture come il sud Italia.

L’illegalità economica condiziona negativamente le prospettive di sviluppo.

La Banca D’Italia , in recenti studi , ha stimato in circa 80 miliardi di euro gli utili della mafia , al netto degli investimenti ed in 60 miliardi il peso della corruzione sui costi della Pubblica Amministrazione, incidendo pesantemente sulla vita democratica e spingendo le imprese sane verso l’emarginazione a vantaggio di un sistema illegale ch mortifica le prospettive di crescita.

I numeri di tale fenomeno sono considerevoli , le imprese ad oggi confiscate sono circa 1663 e i lavoratori 80mila.

Non ci resta che rendere consapevole la popolazione sull’importanza delle aziende sequestrate per il mantenimento dei posti di lavori per le migliaia di lavoratori che ogni giorno vedono diminuire le certezze e aumentare la consapevolezza che forse un giorno potrebbero perdere il loro lavoro. 

CGIL Bagheria