Cultura

Non c’è dubbio che l’arrivo di Garibaldi in Sicilia accendesse speranze di riscatto negli strati più bisognosi della popolazione che, in alcuni paesi dell’isola, specie in quelli non immediatamente liberati, agitando il tricolore, organizzarono sanguinose rivolte contro i ricchi e rivendicarono la spartizione delle terre  demaniali.

Le rivolte popolari più note, vere e proprie rivolte di classe, sono quelle che si verificarono ad Alcara Li Fusi,  già a maggio, e a Bronte, in agosto. Ai disordini fece seguito la repressione da parte dell’esercito  garibaldino con tredici fucilati nel primo dei due paesi e cinque nel secondo. ( 1 )

C’è da dire, tuttavia, che non tutti i paesi in rivolta, che furono numerosi, conobbero la ferocia repressiva dei comandanti garibaldini. In qualche caso anzi, come avvenne a Prizzi, i soldati, più che a reprimere e giustiziare, andarono a far festa.

Quella che segue è una ben strana testimonianza. Scrive infatti Giulio Adamoli:Il 26 di giugno… a Prizzi, il battaglione Bassini venne accolto festosamente…il comandante, accompagnato trionfalmente, fu ospitato in forma addirittura principesca. A tutti indistintamente i soldati s’imbandì un lauto banchetto.

Alla sera si accesero vaghe luminarie, e nelle sontuose sale del casino sociale, con un concorso di eleganti signore, si aprì una sfarzosa festa da ballo. … E veramente la strage di bottiglie, che si fece in quella notte dai miei commilitoni, deve essere rimasta famosa nei fasti di Prizzi”. ( 2 )

Com’era lontana Alcara Li Fusi e come lontana sarà Bronte! Ma, a Prizzi, cos’era avvenuto?

Scrive Giuseppe Cesare Abba: “…A Prizzi…vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se non vi fosse più nessuno a comandare. …Quaggiù vi sono beni grandi, ma goduti da pochi e male. Pane, pane!
Non ho mai sentito mendicarlo con un linguaggio come questo dalla poveraglia di qui...”
. ( 3 )

Che sensibilità mostra lo scrittore delle “Noterelle”! Ha capito che l’unità d’Italia e la libertà che l’esercito garibaldino è venuto a portare in Sicilia non sono sufficienti per la povera gente. Ma, forse, quella sensibilità sarebbe stata degna di miglior causa perché, nel caso di Prizzi, le cose erano molto più complesse.

Val la pena di continuare a leggere l’Adamoli che fece parte di quel battaglione che andò a Prizzi:“Al mattino, preceduti dalle musiche, e seguiti dagli applausi generali, partimmo. …

"Però non ho mai potuto sapere di che genere fossero cotesti disordini, e chi componesse coteste mitiche bande, che noi dovevamo disperdere. Quelli del paese, alle nostre interrogazioni rispondevano alzando il mento e stringendo le labbra, senza aggiungere parola, lasciandoci solo intravvedere che la paura stessa, la quale aveva permesso agli audaci di imporsi alla popolazione, ora chiudeva loro la bocca”. ( 4 )

Se non era mafia questa!

Ma il cambiamento di regime che stava per realizzarsi non poteva non generare episodi diffusi di violenza, specie nei riguardi di poliziotti, spie e compagni d’armi che il popolo identificava con il regime borbonico.

Nandor Eber, corrispondente del Times, poi colonnello garibaldino, nel suo diario in cui riporta gli avvenimenti dal 27 maggio al 13 giugno, alla pagina del 2 giugno scrive: “In una cosa sola il popolo si mostra implacabile, cioè nell’ammazzare i birri ai quali si dà la caccia come fossero belve selvagge, fucilandoli in qualunque luogo si trovano. In ispecie nel primo giorno vi furono regolari spedizioni per rintracciare i più conosciuti, molti dei quali furono uccisi prima che altri potesse intromettervisi”. ( 5 )

Giacinto De Sivo, storico filoborbonico, alza i toni fino all’esagerazione, al raccapriccio, e scrive: “Barbarie inaudite contro i poliziotti. …Si cominciò col saccheggiare tutte le case di quelli; poi le loro famiglie ed essi cercavano a morte. …

Perseguitavano figli e mogli e torturavanli e uccidevano; madri coi bambini al seno mazzicate e spente; bambini fatti a pezzi nelle braccia del padre; una moglie ebbe tagliata la mammella a’ 16 giugno; poi uccisole il marito, le posero in bocca il membro genitale del cadavere”. ( 6 )

Ma ecco che la violenza contro gli sbirri, col venir meno del potere borbonico diventa violenza tout court perché “chi odiava uno, a incontrarlo gridava sbirro, ed eccolo sbranato; …s’assassinava per vendetta, per piacere, per un nulla. …Così ogni dì cadaveri nuovi per le vie; sol dentro Palermo più che sessanta furono conci”. ( 7 )

E fuori Palermo? Scrive ancora il De Sivo: “Nella stessa provincia palermitana non meno orribili delitti”. ( 8 )

Esistono dei documenti che confermano quanto scritto dallo storico sopracitato almeno per quanto riguarda il clima di violenza se non i fatti specifici . ( 9 )

Differiva Bagheria dal resto dei paesi vicini?

Vediamo. I delitti avvenuti a ridosso della fallita rivolta della Gancia che, a Bagheria, ebbe uno strascico sanguinoso chiusosi col fatto di torre Ferrante, non lasciarono gli animi sedati.
Sia Nicola Previteri che Francesco Michele Stabile citano il proclama del colonnello Fuxa ( Vincenzo e non Francesco come i due autori riportano ) in cui egli ritiene di dovere accennare alla necessità di eliminare gli odi privati. ( 10).

Il Fuxa, il 22 maggio, lo stesso giorno di quel proclama ai bagheresi, era stato inviato a Bagheria da Garibaldi ad arruolare uomini da condurre al campo di Gibilrossa.

I bagheresi a Gibilrossa ci andarono ma, quanto all’incitamento a lasciar stare gli odi, non lo seguirono e il successivo mese di giugno Bagheria potè assistere ad una vera e propria mattanza con un totale di 14 morti ammazzati e lo sterminio di una intera famiglia.

Diamo la parola a Nicola Previteri: “…I fatti e i personaggi: …Rosario Agnello, un ottantenne uscito a suo tempo dal ruolo dei rondieri…suo figlio Giuseppe…pastaro…la figlia Grazia aveva accettato di unirsi in matrimonio con Pietro Salomone a suo tempo arruolato nella compagnia d’armi. …

Da lui aveva avuto tre figli, Vincenzo, Rosario e Carlo, il primo arruolato nella compagnia d’armi, il secondo campagnolo e il terzo, contando appena 16 anni, badava saltuariamente alla proprietà
paterna. …

All’inizio del moto popolare del 5 aprile fu proprio Pietro Salomone a pagare con la vita per cui suo suocero, Rosario Agnello, …unitosi a sua figlia Grazia ed al nipote Carlo si rifugiarono nelle campagne di Serradifalco. …

Ma, il 4 giugno, …alle sei del mattino, nei pressi della “Santa Croce”, collocata a Bagheria bassa nel 1840 dal cardinale Pignatelli a dispensare generose indulgenze…in un’unica azione, caddero Vincenzo e Rosario Salomone col loro parente Giuseppe Agnello. …

altQuello stesso giorno…nelle campagne…veniva scovato e assassinato il vecchio Rosario Agnello, mentre, ancora assetata di sangue la vendetta cercava di chiudere il cerchio ricercando attivamente Carlo e sua madre.

Scovò il primo l’undici giugno e la seconda, ormai distrutta dal dolore, il successivo 14". ( 11 )

Ecco il giudizio che su quella violenza troviamo in un articolo scritto da Palermo il 17 luglio e pubblicato in un giornale dell’epoca: “Carini…accaddero disordini in quella città e la guardia nazionale mobile è partita per reprimerli. Lo stesso è avvenuto a Bagheria. Le cause di siffatte perturbazioni sono frivolissime”.
( 12 ).

Francesco Michele Stabile elenca i morti ammazzati aggiungendo i due del 6 maggio e riportando gli altri tre delitti che si verificarono da lì alla fine dell’anno ; ( 13 ) ma, all’inizio di luglio, Bagheria dovette assistere ad un assassinio, un quarto, che possiamo definire eccellente ed al quale, in verità, Nicola Previteri dedica un intero capitolo del suo libro. ( 14 )

A morire è il maggiore Luigi Bavin Pugliesi, vero eroe bagherese dell’epopea garibaldina. Vedremo come all’origine di quel delitto non ci fosse nulla di frivolo.

Note.
1-Della rivolta di Alcara Li Fusi ha scritto Vincenzo Consolo nel suo Il sorriso dell’ignoto marinaio . Di Bronte ha scritto Leonardo Sciascia nel saggio Verga e la libertà ( ora nell’antologia La corda pazza ). Anche il cinema si è occupato dei fatti di Bronte con Florestano Vancini e il suo Bronte cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato.
2-Giulio Adamoli, Da San Martino a Mentana: ricordi di un volontario, Fratelli Treves Editori, Milano 1892, pp. 110-111. www.fondazionefeltrinelli.it/feltrinelli.../cms.view?
3-Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, Noterelle di uno dei Mille, p. 50. www.liberliber.it/.../a/abba/da_quarto_al_volturno/pdf/da_qua-p.pdf
4-Giulio Adamoli, op. cit., pp. 111-112.
5-La rivoluzione siciliana raccontata da un testimone oculare, Stabilimento Tipografico delle Belle Arti, Napoli 1860, p. 36. books.google.c /La_rivoluzione_siciliana_raccontata-da_u.htm…
6-Giacinto De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. 2°, Trieste 1868, pp. 77-78. books.google.com/…/Storia_delle_Due_Sicilie_dal_1847_al_186.ht… 7-Ivi, p. 78.
8-Ibidem.
9-Il Comitato Rivoluzionario di Termini Imerese nasce il 17 maggio del 1860. Leggiamo dalla Deliberazione del giorno successivo, cioè dalla sua prima deliberazione, che esso “garantirà l’ordine pubblico. Pertanto niuno attenterà la vita e la proprietà dei cittadini. …Qualunque attentato sarebbe punito con quelle correzioni che l’impero delle circostanze esigerà”. ( Rapidi cenni e documenti storici della rivoluzione del 1860 riguardanti la città di Termini estratti dagli atti di quel comitato distrettuale dei signori A.B .e
M.S., Dalla Stamperia di G.B. Lorsnaider, Palermo 1861, pp. 11-12, books.google.com/…/Rapidi_cenni_ e_documenti_storici_della_r.htm… ). Giuseppe La Masa, in un proclama dell’11 giugno, da Misilmeri, scrive di essere stato inviato da Garibaldi “nell’interno dell’isola per compiere…l’avviamento morale del popolo” e colpire “i pochi che, traendo profitto dai momenti straordinari…turbar tentano l’ordine pubblico con private vendette o simili orrori”. ( Giuseppe La Masa, Alcuni fatti e documenti della Rivolu-
zione dell’Italia Meridionale del 1860 riguardanti i siciliani e La Masa , Tipografia Scolastica-Sebastiano Franco e figli- Torino 1861, pp. 178-, books.google.com/…/Alcuni fatti_e_documenti_della-Rivoluzio.
htm )
10-Nicola Previteri, Verso l’unità. Gli ultimi sindaci borbonici di Bagheria, Assessorato ai Beni Culturali del Comune di Bagheria, Bagheria 2001, p. 276; Francesco Michele Stabile, La parrocchia della Bagaria dallo spazio del principe al patronato municipale ( 1708-1858 ), in Le acque del Salvatore nel villaggio di delizie della Bagaria, a cura di Rosario Scaduto e Francesco Michele Stabile, Provincia Regionale di Palermo, Palermo 2009, p. 71; Il proclama di Vincenzo Fuxa ai bagheresi si può trovare in L’insurrezione
siciliana (aprile 1860) e la spedizione di Garibaldi, redatta per cura di L.E.T., Tipografia Fratelli Borroni, Milano 1860, 196 books.google…/L_Insurrezione_siciliana_aprile_1860_e_l.html…
11-Nicola Previteri, op. cit., pp. 281-282.
12-La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli nei proclami nelle corrispondenze nei diari e nelle illustrazioni del tempo a cura di Mario Menghini, Società Tipografico-Editrice Nazionale, Torino 1907, p. 175, openlibrary.org/ia/laspedizionegariOOmenguoft
13-Francesco Michele Stabile, op. cit., p. 70.
14-Nicola Previteri, op. cit., pp. 285-287.

Marzo 2013 Biagio Napoli

 


 

Attacco a Palermo. Scendono da Gibilrossa la mattina del 27, domenica, alle prime ore; arrivano ad Acqua dei Corsari dove sostano.

E’ là che Bixio e La Masa si scontrano in un duello alla sciabola . Tra i due c’era stato un diverbio  e Bixio, irascibile com’era, all’altro aveva urlato di chiamarsi La Merda e non La Masa.

Ma tra loro già da  prima non correva buon sangue e se non fosse intervenuto il Sirtori…; ad Acqua dei Corsari si dispongono  in due file ai lati della strada, preceduti da trenta Cacciatori delle Alpi , attraversano Settecannoli  rompendo quelli delle bande la consegna del silenzio, gridano e sparano , i napoletani non verranno colti di  sorpresa, per entrare a Palermo debbono combattere strenuamente a porta Termini, a porta  Sant’Antonino e, più giù, verso il mare, a porta Reale passando da villa Giulia e dall’orto botanico.

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Tra il ponte dell’Ammiraglio, dove ebbero il primo scontro con i napoletani, e porta Termini, Luigi Tukory, che era stato alla testa dell’avanguardia, trenta baionette nelle mani degli altrettanti Cacciatori delle Alpi, viene fermato da una palla che lo colpisce al ginocchio sinistro.

 

Dovettero trasportarlo da un luogo all’altro a causa del bombardamento della città. Scrive l’Adamoli: “Cairoli appena colpito era stato trasportato all’ospedale di Sant’Anna, ove, mentre gli si facevano intorno medici ed infermieri, una bomba cadde fra il suo e il letto accanto in cui languiva il colonnello ungherese Tukory. Lo sconquasso pose in fuga il personale dello stabilimento e i due valorosi uomini rimasero del tutto alcune ore abbandonati” . ( 29 )

I due verranno trasportati altrove; Luigi Tukory nel palazzo del principe di San Lorenzo ; là andava a visitarlo Pietro Ripari, medico-chirurgo in capo degli ospedali militari di Palermo. ( 30 )
La mattina del primo giugno il Tukory subì l’amputazione della coscia sinistra; non stette bene neppure dopo quella mutilazione.

Infatti: “Al maggiore Tukory fu amputata la gamba; povero amico, egli non avrà più parte al resto della campagna; e temo forse anche non vedrà più l’esito della campagna nostra perché la sua vita è in grave pericolo”. ( 31 )

Morì infatti per complicanze secondarie alla gangrena alle undici della sera del 6 giugno. Alle quattro e mezza del pomeriggio del 7 giugno si svolse il funerale. “Il convoglio dal palazzo di San Lorenzo  conduceva la fredda salma alla sepoltura preparatasi nella chiesa Sant’Antonino dei minori riformati. Si  notavano nella folla molte gentili ed eleganti signore della città e distinti e cospicui cittadini. Le barricate attraversavasi qua e là per dar passaggio al feretro. Dai balconi della via Maqueda versavansi sul cadavere fiori e corone. Entro la chiesa un sacerdote pronunciava poche ma accomodate parole d’encomio”. ( 32 )

Lo stesso Garibaldi si incaricherà della commemorazione del maggiore Tukory nominato colonnello prima della sua morte ( o fu solo un proclama che scrisse alla popolazione palermitana? )

Secondo Giuseppe Cesare Abba ( 33 ) e secondo Giulio Adamoli ( 34 ) il corteo si forma invece nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini, ai Quattro Canti. Per andare dove? Al cimitero civico come scrive Bixio nel suo diario? ( 35 )

Ma Bixio non partecipò a quel funerale. Ne aveva fatta una delle sue, davvero grossa stavolta, e Garibaldi gli aveva dato gli arresti di rigore.

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Vediamo cosa era successo.

Alle due pomeridiane del 6 giugno era arrivata a Palermo, dopo essere sbarcata a Marsala ( anche questa! ) la seconda spedizione garibaldina con uomini ( forse 69 ), armi (tremila fucili ), munizioni (un milione di cartucce ) e altro.

Carmelo Agnetta la guidava insieme ad un altro, tale Faldella. L’Agnetta attendeva d’essere al cospetto di Garibaldi.

Secondo Abba e secondo Adamoli naturalmente nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini dove il Bixio preparava il corteo per il funerale di Luigi Tukory. Giuseppe Bandi
scrive invece che l’Agnetta, con i suoi e con il carico, si era presentato al quartier generale di Garibaldi, a piazza Pretoria. Quel giorno i borbonici avevano firmato la capitolazione, era il 6, c’era il funerale dell’ungherese; ( 36 )

Ed ecco ancora un altro, Giuseppe Oddo, che è d’accordo col Bandi. ( 37 ) Che il fatto si sia verificato in una chiesa ( che una bomba aveva scoperchiato) o nella piazza del Municipio, il giorno dell’arrivo dell’Agnetta o l’indomani, perché il giorno dopo furono i funerali essendo il 6 pomeriggio il Tukory ancora vivo, nessuno mette in dubbio che lo schiaffo sia stato dato.

Nino Bixio era “così agitato, per chi sa quali pensieri, che si adirava di nulla”. ( 38 )

In quello stato d’animo ordinò ad Agnetta di disporre i suoi volontari nel corteo funebre e quell’altro, semplicemente, pare che gli avesse chiesto chi fosse per dare degli ordini.

E fu a quel punto che il Bixio lo schiaffeggiò. Ne venne fuori un parapiglia che ebbe termine solo con l’intervento dello stesso Garibaldi.

Scrive Giuseppe Bandi: “Il dittatore condannò Nino Bixio a star prigione nelle sue stanze e l’uomo fortunato ebbe ( dicono ) per consolatrice della prigionia una ninfa gentile”. ( 39 )

Biagio Napoli

Le precedenti puntate, che troverete archiviate nella sezione Cultura del nostro sito, sono state pubblicate rispettivamente il 10, il 17 e il 24 febbraio 2013.

Riferimenti bibliografici
29)Giulio Adamoli, Da San Martino a Mentana: ricordi di un volontario, Fratelli Treves Editori, Milano 1892, p. 101, www.fondazionefeltrinelli.it/feltrinelli.../cms.view?

30) “Ho visitato qualche casa di gran signori, di principi, perché feriti nostri in esse. Vi ho trovato l’educazione la più squisita, il lusso di Lombardia. Degno soprattutto, il principe di San Lorenzo il quale ha  disposto la sua casa ad ospedale mettendo tutto del suo”. Lettera di Pietro Ripari dall’Unità Italiana del 27 giugno 1860 in La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli…, op. cit., p. 95,

31)Diritto del 10 giugno 1860 in La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli…, op. cit., p. 65,

32)L’Insurrezione siciliana ( aprile 1860 ) e la spedizione di Garibaldi: storia popolare, cronologica, aneddotica con note, lettere, dispacci e comunicazioni ufficiali per cura di L.E.T., Tipografia Fratelli Borroni, Milano 1860, p. 199, books.google.com/…/L_Insurrezione_siciliana_aprile_1860_e_I.htm.l…

33)Giuseppe Cesare Abba, Vita di Nino Bixio, in Federico Donaver, La spedizione dei Mille, Libreria Nuova di F. Chiesa, Genova 1910 p. 42,openlibrary.org/ia/laspedizionedeim00dona

34)Giulio Adamoli, op. cit., p. 91,

35)Federico Donaver, op. cit., p. 142,

36)Giuseppe Bandi, op.cit., parte 2°, cap. X,

37)Giacomo Oddo, op. cit., pp.473-474,

38)Giuseppe Cesare Abba, vita di Nino Bixio, in Federico Donaver, op. cit., p. 142,

39)Giuseppe Bandi, op. cit., parte 2°, cap. X.
 

Conservatore della Cineteca nazionale di Roma: un incarico di assoluto prestigio, al vertice di una delle istituzioni culturali più importanti del nostro paese, quello cui è stato chiamato il nostro concittadino Emiliano Morreale, 40 anni ad agosto, laurea in Filosofia alla Normale, ormai affermato critico letterario e cinematografico, docente alla Università di Torino, collaboratore appunto di cinema e letteratura di giornali, periodici e riviste specializzate, italiani e stranieri,  dalla Repubblica al Sole 24  Ore ai Cahiers de cinema.

A nominarlo il direttore del Centro sperimentale di cinema Paolo Rulli, che ha creduto sino in fondo nella candidatura di Emiliano Morreale, preferendola a quella del più anziano e altrettanto titolato Paolo Cherchi Usai.

Un incarico di grande responsabilità e prestigio che lo assorbirà praticamente a tempo pieno, considerato il fatto che la Cineteca nazionale è uan delle più importanti d'Europa e custodisce un patrimonio filmico immenso: compito della Cineteca è naturalmente la conservazione, la valorizzazione e il restauro, quando necessario, delle opere raccolte.

Al di là del cospicuo compenso per un incarico che dura tre anni, rimane il fatto che la Cineteca  è una istituzione culturale di grandisssimo prestigio, sul cui rilancio Emiliano Morreale sembra avere le idee chiare: "visibilità e apertura oltre che conservazione" sembrano essere queste in sintesi le stelle polari del programma che guiderà Morreale nel suo nuovo compito.

Emiliano Morreale subentra ad un altro grande studioso del cinema Enrico Negrelli. Qualche polemica suscitata dalla eventuale compatibilità di questo incarico che è a tempo pieno, con le molteplici attività e incarichi cui attende Morreale, sembrano destinate a spegnersi presto.

Emiliano Morreale ha infatti dichiarato che lascerà  l 'incarico di selezionatore che ha sinora ricoperto per la sezione 'Orizzonti' del Festival del cinema di Venezia, mantenendo per ora sia l'incarico di docente all'Università di Torino che quello di collaboratore di giornali e riviste, attività che non possono essere considerate incompatibili con il compito che lo attende. 

Si va a Gibilrossa

“Allorquando i mille si rimisero in marcia dopo un giorno di riposo a Calatafimi…gli abiti borghesi indossati dai nove decimi cadevano loro di dosso a brandelli; le loro scarpe andavano in pezzi, molti si trascinavano arrancando penosamente, altri avevano la testa o qualche membro fasciato” ( 21 )

Il 20 maggio, attraverso la montagna, faticosamente, e disposti per uno, giunsero a Parco ( oggi Altofonte ).

Durante il cammino “la pioggia non cessava. Eravamo fracidi fino alla pelle…verso mezzanotte si udì un colpo d’arma da fuoco, che scosse tutti sino all’ultimo della fila…trovammo un cavallo disteso morto sul margine del sentiero, e si disse che era di Bixio: il quale irato, perché coi nitriti poteva scoprirci al nemico, gli aveva scaricato nel cranio la sua pistola”. ( 22 )

Era quasi la mezzanotte del 25 quando entrarono in Misilmeri dove non vi era casa che non avesse illuminate le sue finestre. Alle 3 antimeridiane del 26, nella casa che alloggiava Garibaldi e dove s’era recato il capo delle guerriglie di Gibilrossa Giuseppe La Masa, si svolse il consiglio di guerra che decise, alle sei meno un quarto, l’assalto su Palermo.

Racconta Abba: “All’alba ci raccogliemmo, e ci fu detto che entro un’ora si sarebbe pigliata la montagna…Entrai in un bugigattolo per bere una tazza di caffè, e vi trovai Bixio
d’un umore sì nero a vederlo, che me ne tornai indietro e andai sulla piazza, dov’era un acquaiolo che andava dondolando la botticella come una campana, e vendeva bevande ai nostri che gli affollavano il campo. Egli guardava quel che bevevano con certi occhi, con certo riso, che mi pareva volesse avvelenare i bicchieri. M’allontanai anche di là”.
( 23 )

Erano quasi le sette del mattino quando i Mille, tolti ai luoghi che li alloggiavano dagli squilli d’una tromba, marciarono fuori di Misilmeri per Gibilrossa.“si erano accozzate parecchie bande siciliane, altre venute da Mezzojuso col La Masa, altre da Bagheria col Fuxa, altre dai dintorni raggranellate dai fratelli  Mastricchi”. ( 24 )

Il campo delle guerriglie di Gibilrossa si era cominciato a formare dal 20 maggio; era  variopinto e, sicuramente, rumoroso.

In una lettera del 21 maggio, a firma di Liborio Arrigo, vice presidente  del Comitato Rivoluzionario di Termini Imerese, inviata al “prode generale La Masa in Gibilrossa”,  leggiamo: “Signore. Si presentano al campo in servizio delle guerriglie num. 6 individui qui sotto segnati  cioè, n. 2 trombette, n. 2 clarini, un trombone, ed una cornetta, spesati da questo comitato i quali  serviranno a tutto quello che ella disporrà”. ( 25 )

E da una lettera del 24 maggio, a firma di Pietro Scaduto, vice presidente del Comitato Rivoluzionario di Bagheria, anch’essa inviata al La Masa, apprendiamo che: “La banda musicale non può venire in cotesta contrada…poiché alcuni musicanti trovansi ammalati, ed alcuni allontanati dal paese, in guisa  che il numero per la musica non trovasi completo e capace a poter suonare”. ( 26 )

In quel campo, ove non era difficile sentire i suoni di un qualche strumento musicale o di una banda al completo, i garibaldini, e quelli delle squadre rimasti dopo Calatafimi, si congiunsero quella mattina con gli altri siciliani; questi erano circa quattromila e Garibaldi li passò in rivista.

Là arrivarono anche due ufficiali americani e tre inglesi, marinai di navi ancorate nel porto di Palermo, portando notizie ed informazioni sui napoletani; vi giunse anche il corrispondente del Times, Nandor Eber, ungherese, che Garibaldi avrebbe nominato colonnello delle camicie rosse.

Ma era giornalista e scrisse dei seguaci più fidi di Garibaldi e di quegli stranieri, di “quella svariata folla di gente…raccolta intorno ad una fumante caldaia, dentro cui era a bollire gran parte di una vitella, e un altro recipiente pieno di cipolle, e una catasta di pane fresco e un barile di vino di Marsala.Ciascuno servivasi da sé in modo comunistico, adoperando dita e coltello e bevendo nel solo bicchiere di stagno che c’era. Gli è solo nelle guerre irregolari che possono nella loro maggior perfezione godersi siffatte scene” ( 27 ) 

Potevano essere le sette pomeridiane, quando ci riponemmo in via, e a notte chiusa, uno dietro l’altro, ci trovammo a scendere giù per un sentiero, appena tracciato”. ( 28 )

Riferimenti bibliografici

 

21) George Macaulay Trevelyan, op. cit., p. 348,22)Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, op. cit., p. 29,

23) Ivi, p. 34,

24) Giacinto De Sivo, op. cit., p. 66,

25) Rapidi cenni e documenti storici della rivoluzione del 1860 riguardanti la città di Termini estratti dagli atti di quel comitato distrettuale dei signori A.B. e M. S., Stamperia di G.B. Lorsnaider, Palermo  1861, p. 36, books.google.com/…/Rapidi_cenni_e_documenti_storici_della_r.htm…
 

26) Giuseppe La Masa, Alcuni fatti e documenti della Rivoluzione dell’Italia Meridionale del 1860 riguardanti i siciliani e La Masa, Tipografia Scolastica-Sebastiano franco e figli- Torino 1861, p. 111, books.google.com/…/Alcuni_fatti_e_documenti_della_Rivoluzio.htm ( Pietro Scordato )

27) La rivoluzione siciliana raccontata da un testimone oculare, Stabilimento Tipografico delle Belle Arti, Napoli 1860, p. 4, books.google.com …/La_rivoluzione_siciliana_raccontata_da_u.htm…

28) Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, op. cit., p. 36,


 

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