Non c’è dubbio che l’arrivo di Garibaldi in Sicilia accendesse speranze di riscatto negli strati più bisognosi della popolazione che, in alcuni paesi dell’isola, specie in quelli non immediatamente liberati, agitando il tricolore, organizzarono sanguinose rivolte contro i ricchi e rivendicarono la spartizione delle terre demaniali.
Le rivolte popolari più note, vere e proprie rivolte di classe, sono quelle che si verificarono ad Alcara Li Fusi, già a maggio, e a Bronte, in agosto. Ai disordini fece seguito la repressione da parte dell’esercito garibaldino con tredici fucilati nel primo dei due paesi e cinque nel secondo. ( 1 )
C’è da dire, tuttavia, che non tutti i paesi in rivolta, che furono numerosi, conobbero la ferocia repressiva dei comandanti garibaldini. In qualche caso anzi, come avvenne a Prizzi, i soldati, più che a reprimere e giustiziare, andarono a far festa.
Quella che segue è una ben strana testimonianza. Scrive infatti Giulio Adamoli: “ Il 26 di giugno… a Prizzi, il battaglione Bassini venne accolto festosamente…il comandante, accompagnato trionfalmente, fu ospitato in forma addirittura principesca. A tutti indistintamente i soldati s’imbandì un lauto banchetto.
Alla sera si accesero vaghe luminarie, e nelle sontuose sale del casino sociale, con un concorso di eleganti signore, si aprì una sfarzosa festa da ballo. … E veramente la strage di bottiglie, che si fece in quella notte dai miei commilitoni, deve essere rimasta famosa nei fasti di Prizzi”. ( 2 )
Com’era lontana Alcara Li Fusi e come lontana sarà Bronte! Ma, a Prizzi, cos’era avvenuto?
Scrive Giuseppe Cesare Abba: “…A Prizzi…vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se non vi fosse più nessuno a comandare. …Quaggiù vi sono beni grandi, ma goduti da pochi e male. Pane, pane!
Non ho mai sentito mendicarlo con un linguaggio come questo dalla poveraglia di qui...”. ( 3 )
Che sensibilità mostra lo scrittore delle “Noterelle”! Ha capito che l’unità d’Italia e la libertà che l’esercito garibaldino è venuto a portare in Sicilia non sono sufficienti per la povera gente. Ma, forse, quella sensibilità sarebbe stata degna di miglior causa perché, nel caso di Prizzi, le cose erano molto più complesse.
Val la pena di continuare a leggere l’Adamoli che fece parte di quel battaglione che andò a Prizzi:“Al mattino, preceduti dalle musiche, e seguiti dagli applausi generali, partimmo. …
"Però non ho mai potuto sapere di che genere fossero cotesti disordini, e chi componesse coteste mitiche bande, che noi dovevamo disperdere. Quelli del paese, alle nostre interrogazioni rispondevano alzando il mento e stringendo le labbra, senza aggiungere parola, lasciandoci solo intravvedere che la paura stessa, la quale aveva permesso agli audaci di imporsi alla popolazione, ora chiudeva loro la bocca”. ( 4 )
Se non era mafia questa!
Ma il cambiamento di regime che stava per realizzarsi non poteva non generare episodi diffusi di violenza, specie nei riguardi di poliziotti, spie e compagni d’armi che il popolo identificava con il regime borbonico.
Nandor Eber, corrispondente del Times, poi colonnello garibaldino, nel suo diario in cui riporta gli avvenimenti dal 27 maggio al 13 giugno, alla pagina del 2 giugno scrive: “In una cosa sola il popolo si mostra implacabile, cioè nell’ammazzare i birri ai quali si dà la caccia come fossero belve selvagge, fucilandoli in qualunque luogo si trovano. In ispecie nel primo giorno vi furono regolari spedizioni per rintracciare i più conosciuti, molti dei quali furono uccisi prima che altri potesse intromettervisi”. ( 5 )
Giacinto De Sivo, storico filoborbonico, alza i toni fino all’esagerazione, al raccapriccio, e scrive: “Barbarie inaudite contro i poliziotti. …Si cominciò col saccheggiare tutte le case di quelli; poi le loro famiglie ed essi cercavano a morte. …
Perseguitavano figli e mogli e torturavanli e uccidevano; madri coi bambini al seno mazzicate e spente; bambini fatti a pezzi nelle braccia del padre; una moglie ebbe tagliata la mammella a’ 16 giugno; poi uccisole il marito, le posero in bocca il membro genitale del cadavere”. ( 6 )
Ma ecco che la violenza contro gli sbirri, col venir meno del potere borbonico diventa violenza tout court perché “chi odiava uno, a incontrarlo gridava sbirro, ed eccolo sbranato; …s’assassinava per vendetta, per piacere, per un nulla. …Così ogni dì cadaveri nuovi per le vie; sol dentro Palermo più che sessanta furono conci”. ( 7 )
E fuori Palermo? Scrive ancora il De Sivo: “Nella stessa provincia palermitana non meno orribili delitti”. ( 8 )
Esistono dei documenti che confermano quanto scritto dallo storico sopracitato almeno per quanto riguarda il clima di violenza se non i fatti specifici . ( 9 )
Differiva Bagheria dal resto dei paesi vicini?
Vediamo. I delitti avvenuti a ridosso della fallita rivolta della Gancia che, a Bagheria, ebbe uno strascico sanguinoso chiusosi col fatto di torre Ferrante, non lasciarono gli animi sedati.
Sia Nicola Previteri che Francesco Michele Stabile citano il proclama del colonnello Fuxa ( Vincenzo e non Francesco come i due autori riportano ) in cui egli ritiene di dovere accennare alla necessità di eliminare gli odi privati. ( 10).
Il Fuxa, il 22 maggio, lo stesso giorno di quel proclama ai bagheresi, era stato inviato a Bagheria da Garibaldi ad arruolare uomini da condurre al campo di Gibilrossa.
I bagheresi a Gibilrossa ci andarono ma, quanto all’incitamento a lasciar stare gli odi, non lo seguirono e il successivo mese di giugno Bagheria potè assistere ad una vera e propria mattanza con un totale di 14 morti ammazzati e lo sterminio di una intera famiglia.
Diamo la parola a Nicola Previteri: “…I fatti e i personaggi: …Rosario Agnello, un ottantenne uscito a suo tempo dal ruolo dei rondieri…suo figlio Giuseppe…pastaro…la figlia Grazia aveva accettato di unirsi in matrimonio con Pietro Salomone a suo tempo arruolato nella compagnia d’armi. …
Da lui aveva avuto tre figli, Vincenzo, Rosario e Carlo, il primo arruolato nella compagnia d’armi, il secondo campagnolo e il terzo, contando appena 16 anni, badava saltuariamente alla proprietà
paterna. …
All’inizio del moto popolare del 5 aprile fu proprio Pietro Salomone a pagare con la vita per cui suo suocero, Rosario Agnello, …unitosi a sua figlia Grazia ed al nipote Carlo si rifugiarono nelle campagne di Serradifalco. …
Ma, il 4 giugno, …alle sei del mattino, nei pressi della “Santa Croce”, collocata a Bagheria bassa nel 1840 dal cardinale Pignatelli a dispensare generose indulgenze…in un’unica azione, caddero Vincenzo e Rosario Salomone col loro parente Giuseppe Agnello. …
Quello stesso giorno…nelle campagne…veniva scovato e assassinato il vecchio Rosario Agnello, mentre, ancora assetata di sangue la vendetta cercava di chiudere il cerchio ricercando attivamente Carlo e sua madre.
Scovò il primo l’undici giugno e la seconda, ormai distrutta dal dolore, il successivo 14". ( 11 )
Ecco il giudizio che su quella violenza troviamo in un articolo scritto da Palermo il 17 luglio e pubblicato in un giornale dell’epoca: “Carini…accaddero disordini in quella città e la guardia nazionale mobile è partita per reprimerli. Lo stesso è avvenuto a Bagheria. Le cause di siffatte perturbazioni sono frivolissime”.
( 12 ).
Francesco Michele Stabile elenca i morti ammazzati aggiungendo i due del 6 maggio e riportando gli altri tre delitti che si verificarono da lì alla fine dell’anno ; ( 13 ) ma, all’inizio di luglio, Bagheria dovette assistere ad un assassinio, un quarto, che possiamo definire eccellente ed al quale, in verità, Nicola Previteri dedica un intero capitolo del suo libro. ( 14 )
A morire è il maggiore Luigi Bavin Pugliesi, vero eroe bagherese dell’epopea garibaldina. Vedremo come all’origine di quel delitto non ci fosse nulla di frivolo.
Note.
1-Della rivolta di Alcara Li Fusi ha scritto Vincenzo Consolo nel suo Il sorriso dell’ignoto marinaio . Di Bronte ha scritto Leonardo Sciascia nel saggio Verga e la libertà ( ora nell’antologia La corda pazza ). Anche il cinema si è occupato dei fatti di Bronte con Florestano Vancini e il suo Bronte cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato.
2-Giulio Adamoli, Da San Martino a Mentana: ricordi di un volontario, Fratelli Treves Editori, Milano 1892, pp. 110-111. www.fondazionefeltrinelli.it/feltrinelli.../cms.view?
3-Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, Noterelle di uno dei Mille, p. 50. www.liberliber.it/.../a/abba/da_quarto_al_volturno/pdf/da_qua-p.pdf
4-Giulio Adamoli, op. cit., pp. 111-112.
5-La rivoluzione siciliana raccontata da un testimone oculare, Stabilimento Tipografico delle Belle Arti, Napoli 1860, p. 36. books.google.c /La_rivoluzione_siciliana_raccontata-da_u.htm…
6-Giacinto De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. 2°, Trieste 1868, pp. 77-78. books.google.com/…/Storia_delle_Due_Sicilie_dal_1847_al_186.ht… 7-Ivi, p. 78.
8-Ibidem.
9-Il Comitato Rivoluzionario di Termini Imerese nasce il 17 maggio del 1860. Leggiamo dalla Deliberazione del giorno successivo, cioè dalla sua prima deliberazione, che esso “garantirà l’ordine pubblico. Pertanto niuno attenterà la vita e la proprietà dei cittadini. …Qualunque attentato sarebbe punito con quelle correzioni che l’impero delle circostanze esigerà”. ( Rapidi cenni e documenti storici della rivoluzione del 1860 riguardanti la città di Termini estratti dagli atti di quel comitato distrettuale dei signori A.B .e
M.S., Dalla Stamperia di G.B. Lorsnaider, Palermo 1861, pp. 11-12, books.google.com/…/Rapidi_cenni_ e_documenti_storici_della_r.htm… ). Giuseppe La Masa, in un proclama dell’11 giugno, da Misilmeri, scrive di essere stato inviato da Garibaldi “nell’interno dell’isola per compiere…l’avviamento morale del popolo” e colpire “i pochi che, traendo profitto dai momenti straordinari…turbar tentano l’ordine pubblico con private vendette o simili orrori”. ( Giuseppe La Masa, Alcuni fatti e documenti della Rivolu-
zione dell’Italia Meridionale del 1860 riguardanti i siciliani e La Masa , Tipografia Scolastica-Sebastiano Franco e figli- Torino 1861, pp. 178-, books.google.com/…/Alcuni fatti_e_documenti_della-Rivoluzio.
htm )
10-Nicola Previteri, Verso l’unità. Gli ultimi sindaci borbonici di Bagheria, Assessorato ai Beni Culturali del Comune di Bagheria, Bagheria 2001, p. 276; Francesco Michele Stabile, La parrocchia della Bagaria dallo spazio del principe al patronato municipale ( 1708-1858 ), in Le acque del Salvatore nel villaggio di delizie della Bagaria, a cura di Rosario Scaduto e Francesco Michele Stabile, Provincia Regionale di Palermo, Palermo 2009, p. 71; Il proclama di Vincenzo Fuxa ai bagheresi si può trovare in L’insurrezione
siciliana (aprile 1860) e la spedizione di Garibaldi, redatta per cura di L.E.T., Tipografia Fratelli Borroni, Milano 1860, 196 books.google…/L_Insurrezione_siciliana_aprile_1860_e_l.html…
11-Nicola Previteri, op. cit., pp. 281-282.
12-La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli nei proclami nelle corrispondenze nei diari e nelle illustrazioni del tempo a cura di Mario Menghini, Società Tipografico-Editrice Nazionale, Torino 1907, p. 175, openlibrary.org/ia/laspedizionegariOOmenguoft
13-Francesco Michele Stabile, op. cit., p. 70.
14-Nicola Previteri, op. cit., pp. 285-287.
Marzo 2013 Biagio Napoli