Attualità

Gli sguardi non si incrociano. Tutti, giovani, bambini, donne e anziani non parlano tra di loro, sono in attesa di qualcosa, di un evento straordinario eppure ciclico, sacro ma intriso di profano. Si vedono pochi uomini, la maggior parte dei quali raccolti in gruppo come membri di una confraternita. Man mano arriva gente, tanta gente, accorsa da altre zone per assistere all'evento straordinario, quasi un pellegrinaggio. 

Non siamo a Lourdes, ma a Contrada Monaco, non assistiamo ad un miracolo ma all'accensione della vampa, non di una vampa, ma dell'unica che ci porta a considerare evento straordinario ciò che era tradizione coltivata in tutti i vecchi quartieri della città.

Dopo la preghiera del parroco e l'assordante percussione dei tamburi, preludio dei giorni di passione, da più parti l'enorme montagna di legna raccolta con fatica ed entusiasmo dagli abitanti del quartiere, viene aggredita contemporaneamente da fiamme. E' il momento più alto, il più solenne, il silenzio viene rotto da qualche bambino che chiede ai genitori cosa sta avvenendo.

Dal buio, i volti di quella gente cominciano ad essere illuminati, riscaldati. Ed ecco che da quel momento gli sguardi si incrociano, ci si guarda, e ci si scopre appartenenti alla stessa comunità, alla stessa famiglia, ci si ritrova a condividere lo stesso luogo, gli stessi problemi e le medesime ambizioni.

La vampa con la sua luce mette in risalto gli sguardi dei baarioti, accarezza con il suo calore i bambini e gli anziani, entusiasti i primi nell'aver scoperto qualcosa di nuovo, emozionati i secondi nel rivivere gli anni della giovinezza.

Davanti alla vampa non ci sono più singoli individui, personali pretese o sogni nascosti, c'è una comunità che nonostante tutto vuole sentirsi sempre più comunità.

Non arde solo la legna in quel fuoco incandescente, ma bruciano anche i cattivi pensieri, le paure, i dolori, le sofferenze, i problemi che ogni persona presente ha deposto tra la legna.

Le fiamme si vanno indebolendo, il vigore degli uomini si fa più fiacco, la gente comincia a dileguarsi, pochi rimangono a dare l'unzione estrema a quella vampa, attendono con pazienza la fine, brindano, ridono, sono contenti di esser stati loro ministri di un rito sacro...domani ci si ritroverà in piazza a condividere il "pane benedetto".

Come cittadino voglio ringraziare tutte le famiglie, i bambini e i giovani di Contrada Monaco perché con la loro perseveranza e con la loro voglia di mettersi in gioco, forse senza volerlo, hanno regalato a questa città un frammento della sua identità e del suo splendore.


Emanuele Tornatore 

Quest'anno la vampa autorizzata si svolgerà in Contrada Monaco dopo le ore 20.00 . 

Erano un punto fermo del folclore e della tradizione dei nostri paesi, le tipiche vampe di San Giuseppe, che un tempo coinvolgevano torme di ragazzini che nelle settimane precedenti si dedicavano, nelle campagne a ridosso del centro abitato, alla raccolta della legna di "rimonda", e cioè di"potatura" degli alberi, ulivi soprattutto, ma anche limoni, che veniva fatta in questo periodo.

Era una serata particolarmente attesa dai ragazzini; il tempo come sta succedendo proprio oggi cominciava a virare verso la primavera, ci si avviava quindi verso la stagione del risveglio, ed era probabilmente questo il "simbolismo"  della vampa e del fuoco.

A quel tempo, cinquanta, sessanta anni fa,  tra le fiamme venivano anche buttati, ahimè, anche vecchi mobili e qualunque materiale potesse funzoanre da combustibile.

Era una sorta di competizione dei quartieri che avevano l'obiettivo di fare la vampa più grandiosa.

In genere si facevano negli slarghi e venivano "accese" sfalsando gli orari in modo da consentire una tour di ricognizione attraverso i quartieri.

In genere ad appiccare il fuoco o comunque a dare il via a dare fuoco alla legna, era la persona più anziana o più rispettata del quartiere, o chi era particolarmente devoto al Santo, oppure achi aveva fatto una "pirmisione"; era una vera e propria festa per i bambini in particolare, che per quella sera potevano restare fuori sino a tardi ed inscenavano corse e piroette in vicinanza dei fuochi.

Se nesvolgevano a decine a Bagheria: nella sola zona di Palagonìa se ne svolgeva una addirittura in Piazza palagonìa, una in Atrio Cavaliere, ed un'altra in piazza Indipendenza.

Tutti gli slarghi e le piazze venivano utilizzate per questo che era il residuo "ribattezato"  in versione religiosa di un rito "laico" o "pagano" con il fuoco quale  elemento simbolico  che faceva lasciare alle spalle l'inverno  e che festeggiava l'arrivo della primavera.

Peraltro "Le vampe di San Giuseppe" è stato uno dei primi suggestivi documentari in Super 8 di un Peppuccio Tornatore giovanissimo.

Negli anni scorsi le vampe sono state stupidamente abolite dai Prefetti perchè rischiose, così come sono state stupidamente abolite le corse dei cavalli durante la Festa di San Giuseppe di Agosto, perchè si dice che dietro ci sono, le scommesse , udite udite, dei mafiosi.

Viene solo da ridere a pensare ad uno Stato che tra "Gratta e vinci", Superenalotto, scommesse calcistiche  e varie, ti "costringe" ad investire tutti i giorni sul "colpo di c..." , che porta talvolta sul lastrico centinaia di famiglie, e che si preoccupa perchè sui cavalli del "Palio" di San Giuseppe scommetterebbero i mafiosi.

Una di quelle ipocrisie tipicamente "sicule" che siamo costretti  a subire.

Caro Direttore,
ho partecipato con vivo interesse alla presentazione del libro di Nino Di Matteo “Assedio alla toga”, tralasciando anche i miei impegni di lavoro, non solo perchè curiosa di sentire le parole dell'autore ma perchè, come cittadina bagherese, ho sentito il dovere di esserci, di dimostrare la mia vicinanza e la mia simpatia, nel senso etimologico del termine, a chi, da anni, giorno dopo giorno, sacrifica la propria libertà e mette a rischio la propria incolumità personale per servire lo Stato, specie se si tratta di un bagherese come lo è il dott. Di Matteo, semplicemente conoscente, parente o compagno di studi e di giochi di molti di noi.

Nonostante il pubblico numeroso, non ho visto nessun rappresentante del Comune di Bagheria.

Non il Sindaco, non il Presidente del Consiglio, non un assessore, non un consigliere comunale, non un leader di partito.

Eppure si è trattato di un importante momento di riflessione collettiva sul ruolo della magistratura, sui rapporti tra politica e legalità, su cosa significhi essere fedeli alla Costituzione, sul momento difficile che sta attraversando la nostra società, su come ognuno di noi debba, nel proprio piccolo, fare la propria parte, fare delle scelte concrete e, se del caso, anche difficili, e impegnarsi per combattere il malcostume e la corruzione che purtroppo condizionano pesantemente lo sviluppo e l'economia del nostro territorio e, in buona sostanza, le nostre vite.

Ritengo che i comportamenti di chi ricopre cariche istituzionali hanno un valore simbolico, sia in positivo che in negativo, ovvero sia quando si fa qualcosa e sia quando non la si fa.

Per tale ragione l'assenza della politica e delle istituzioni comunali mi ha colpito e impressionato anche perchè si tratta di un'Amministrazione di cui, fino a poco tempo, fa ho fatto parte.

E' vero, i simboli non bastano e a volte dietro i simboli si cela un diverso contenuto.

Ma per un paese come Bagheria i simboli sono importanti.

Mostrare con la presenza sensibilità e attenzione verso temi così delicati credo sia importante quanto mettere in pratica i tanto declamati principi di legalità, di onestà e di correttezza.

Mostrare riconoscenza e condividere moralmente gli sforzi di magistrati esposti in prima persona come Di Matteo credo sia doveroso da parte di ognuno di noi e, ancor più, da parte di chi ci rappresenta.

Voglio pensare e spero per il bene di tutti noi che si sia trattato solo di un disguido.

Fara Pipia

Un nostro commento

Non è un concetto giuridico, ma si suol dire tra i profani del diritto, che tre indizi formano una prova.

E siamo a due indizi: il primo, l’assenza di rappresentanti del governo della città ai funerali dell’ultimo dei fratelli Ducato,una famiglia che ha dato onore e lustro a Bagheria.

E’ stata espressione di scarsa sensibilità se vogliamo culturale e umana; oggi siamo alla assenza di sensibilità istituzionale e di scarsa considerazione di valori quali la legalità, l’attaccamento al dovere e ai principi costituzionali, che il magistrato Nino Di Matteo in qualche modo incarna.

E’ stato presentato un libro sui temi della giustizia di un magistrato, appunto Di Matteo, in prima linea nei processi di mafia, in prima linea nel difendere non solo con un libro, ma con coraggiose prese di posizione, non i diritti dei magistrati, ma i diritti dei cittadini e i principi sanciti dalla Costituzione.

Ancora una volta non solo l’amministrazione di Lo Meo, ma l’intera classe politica brilla per il totale disinteresse e l’assenza alla iniziativa.

C’erano, e dobbiamo dirlo, i rappresentanti delle forze dell’ordine, Polizia e Carabinieri, c’era una parte di quella borghesia, non solo bagherese, colta e perbene che rappresenta l’altra faccia di una stessa medaglia e che ha riscattato con la propria presenza il silenzio e l’assenza delle istituzioni ufficiali.

Angelo Gargano  Direttore di Bagherianews.com

Nella foto il Magistrato Nino Di Matteo in uno scatto di Lorenzo Gargano

 

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