Attualità

Sono tanti i segnali piccoli e grandi che vengono, se non a dissipare, senz’altro ad attenuare il pessimismo che solitamente accompagna le analisi sul cambiamento possibile della nostra terra.

E quando di fronte all’insipienza, all’incapacità e agli opportunismi della classe dirigente, alla spazzatura che ci sommerge, alle zanzare e ai topi che ci assediano, all’abbandono delle nostre coste, c’è sempre qualcuno o qualcosa che tiene accesa e torna ad alimentare la fiaccola di una speranza che mai muore: quella cioè di una terra bellissima che sembra condannata dalla storia recente, dai vizi dei suoi governanti e dalla corrività dei suoi abitanti a dibattersi in problemi primari: la pulizia, il decoro, la qualità di vita, in cui però l’impegno personale, lo spendersi in prima persona può essere eccellente antidoto al degrado imperante.

E come sempre la prima cosa che riapre il cuore alla speranza sono i fiori, anzi le fioriere: i social network hanno avuto grande peso nel nascere e nell’esplosione della primavera araba, e tanta ne stanno avendo e ne avranno da noi nel formarsi di una coscienza civica nuova, nel nostro caso di una Sicilia nuova.

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Sono piccoli segnali, ma l’auspicio e la speranza è che un giorno ci metteremo alle spalle l’immagine del siciliano furbo e indolente, pronto a succhiare soldi al governo a distruggere ricchezze e risorse, e che delega agli altri le proprie sorti; ed alla fine di questo processo nascerà, o meglio rinascerà, perché tali eravamo, quel siciliano nuovo, fantasioso, dinamico che la propria vita e il proprio destino lo vuole decidere da sé.

Piccoli segnali, che, ci sia consentito dirlo, seguono però un grande segnale politico, che è stato l’elezione di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo.

Allora di che si tratta?

Semplice: ormai piuttosto che lamentarsi che i politici non fanno niente ed aspettare come diciamo noi, 'a ficu ‘mmucca', ci si comincia a mettere assieme e le questioni si cominciano ad affrontare e risolvere anche mettendoci la nostra faccia, come oggi si usa dire.

Le fioriere di piano Stenditore a Porticello possiamo assumerle a paradigma di questo nuovo corso: un gruppo di Facebook “Porticello e dintorni”, che parte dalle proprie radici, dalle foto e dai ricordi e arriva ad una iniziativa concreta.

In quello che dovrebbe essere un vero e proprio terrazzo sul mare, il biglietto da visita della comunità marinara, e che politici miopi in cerca di popolarità a basso costo avevano trasformato in una sorta di moderno lager con tanto di recinzione in ferro, e cioè il piano Stenditore ( su cui però è giusto dirlo, la riqualificazione era stata già avviata), questi cittadini decidono una mattina d’estate di ripulirlo e di sistemare delle fioriere, adottandole, superando cioè il contingente e dandosi quindi un disegno che dovrà andare oltre quel giorno: curare e far crescere questi fiori, che anche da un punto di vista simbolico hanno un grande significato: il fiore come elemento di bellezza, avulsa dall’utilità intrinseca e l’adozione delle fioriere come prospezione verso il futuro.

Non è stata la sola cosa del genere avvenuta negli ultimi mesi: a Bagheria avevamo avuta non sufficientemente messa in risalto il recupero da parte di privati dell’arco di corso Umberto, ed abbiamo avuto nelle settimane scorse una sorta di rincorsa nel rimboccarsi le maniche: la pulizia di corso Baldassare Scaduto, di piazzetta Carlo Doglio, delle spiaggette dell’Aspra, dove l'iniziativa delle fioriere aveva preso l'avvio; il buon esempio per fortuna è contagioso.

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Semplici cittadini residenti, associazioni, volontari, tutti assieme senza colore di casacca a far emergere la bellezza dei nostri luoghi.

Ieri siamo andati a documentare come a Fondachello, un gruppo di villeggianti stanchi di aspettare comune o provincia, o non si sa bene chi, che avrebbero il compito di ripulire la spiaggia, noleggiano un piccolo mezzo e sottraggono un centinaio di metri di spiaggia all’incuria e all’abbandono, trasformandolo in un luogo gradevole e accogliente.

Se mettiamo assieme questi segnali con quanto da qualche anno fanno tante associazioni, il quadro è sufficientemente definito.

Non vogliamo usare parole grosse: ma forse poco alla volta sta nascendo un siciliano nuovo.

Sembrava che dovesse finire di cadere in rovina, sepolta anche dalle false promesse e dalle vuote parole degli assessori alla Pubblica Istruzione e ai lavori pubblici succedutisi in questi cinque anni in cui l'edificio è rimasto chiuso.

Ora  il nuovo assessore ai lavori Pubblici Nicola Tarantino in una dicharazione riportata dal sito ufficiale del Comune sembra volere e potere riaprire la partita.

Questa la dichiarazione-promessa di Tarantino:"A seguito di incontri sia con i tecnici dell’assessorato ai Lavori Pubblici che con i rappresentanti dell’impresa, ritengo che la vicenda incresciosa che ho ereditato della scuola “Gramsci”, possa essere risolta con l’obiettivo di avere una scuola efficiente e sicura (anche come conformità sismica) e di eliminare il disagio per il personale, per i genitori e per gli alunni.

Dopo un’attenta analisi dei motivi che hanno determinato questo degrado, durato diversi anni, proporrò al sindaco di impegnare la somma rimasta per mettere in sicurezza la scuola e renderla fruibile. Contemporaneamente stiamo lavorando per eliminare il contenzioso con la ditta”.

 

Sappiamo di abbaiare alla luna, su questo come su altri argomenti. Ma crediamo che l'informazione abbia il dovere di farlo. Non possiamo limitarci a  registrare da almeno un mese quotidianamente da due a tre interventi di Vigili del fuoco sul nostro territorio per incendi appiccati quasi sempre da bulletti e giovinastri che sperano di ammazzare così la noia del vivere quotidiano.

D'altronde la materia prima non manca: praticamente l'intero paese di Bagheria, ma il ragionamento vale anche per S.Flavia e gli altri comuni vicini, sono circondati da una serie di terreni ormai sottratti all'uso agricolo dove crescono erbacce e sterpaglie che in questo periodo sono comoda esca, complice spesso lo scirocco o la tramoantana per roghi spettacolari, e per fortuna, almeno sino all'altro ieri, senza danni a cose e persone.

Certo non sono sempre giovinastri; talvolta è l'imprudenza di chi brucia ramaglia senza le adeguate misure di sicurezza, talvolta come è accaduto di recente all'interno di un cantiere edile  in pieno centro, sono gli stessi operai che danno fuoco a cumuli di residui di cantiere rischiando di provocare danni incalcolabili; talvolta è l'imprudenza di una sigaretta buttata accesa tra le erbacce.

Ma a monte c'è ormai una mentalità che si va empre più radicando e che considera il rispetto delle regole un optional: a partire dalle ordinanze sindacali, che abbiamo definito come le gride di manzoniana memoria, roboanti e inutili.

Il sindaco firma ogni anno la solita ordinanza che prevede che i proprietari di terreni a ridosso del centro abitato debbano provvedere al mantenimento di condizioni di pulizia, impedendo che queste aree divengano , come di fatto avviene, bombe innescate che chiunque per un banale capriccio può far esplodere da un momento all'altro con un semplice cerino.

Da oltre un mese a questa parte, e con una frequenza di due o più volte al giorno, i Vigili del fuoco sono chiamati a Bagheria per spegnere questi incendi che solitamente distruggono sterpaglie, qualche baracca costruita nei campi o qualche vecchio fabbricato rurale.

Fatto sta però che ogni giorno vengono bruciate risorse importanti sull'altare della sciatteria e del menifreghismo.

Intervengono i pompieri; con gran dispendio di lavoro, carburanti, mezzi, attrezzature e spesso anche con notevoli rischi

Ci siamo in qualche modo abituati alla cosa: ma ieri ad Aspra, un incendio, ci auguriamo accidentale, si è propagato da un terreno incolto ad un magazzino contiguo ad una importante struttura produttiva del territorio e solo la fortuna o il caso ha evitato che le fiamme facessero più danni di quanto non sia accaduto.

E noi continuiamo a chiedere: ma cosa si aspetta ad intervenire? E' veramente così difficile prevenire e far applicare le ordinanze sindacali?

Noi non lo crediamo.

Cosa ci vuole a sanzionare quei titolari di aree che vengono abbandonate in condizioni pericolose? Cosa si aspetta a dare esecuzione vera e concreta alle ordinanze sanzionando gli inadempienti? I loro nomi e cognomi non sono difficili da individuare, basta semplicemente volerlo.

E' mai possibile che nessuna unità operativa del Comune sia in grado di fare un "catastino" di questi terreni, che poi sono sempre gli stessi, e che dopo avere intimato ai proprietari il rispetto dell'ordinanza sindacale, proceda sanzionando gli inadempienti?

Veramente dobbiamo continuare a vivere in questa sorta di Far West dell'arbitrio e dell'illegalità?

Mi trovavo oggi pomeriggio in una sala maestosamente affrescata e gremita di gente in attesa che il vescovo di Palermo desse il tanto aspettato e sofferto annuncio che è arrivato accompagnato da un chiassoso applauso e da composta commozione che si intravedeva nel volto di tanti, don Pino Puglisi, a 19 anni della sua uccisione per mano mafiosa, è stato riconosciuto Martire cristiano.

Ucciso perché viveva con coerenza il vangelo, ucciso perché credeva che bisognava conciliare il catechismo, la formazione cristiana con la promozione umana in un territorio, quello di Brancaccio ma anche di altre zone della nostra isola, in cui i "parrini", secondo i mafiosi, dovevano solo pregare e amministrare sacramenti, perché poi erano altri "padrini" a doversi occupare del territorio.

L'annuncio di oggi non serve per avere un santo in più da pregare sugli altari, non serve per avere un riconoscimento ufficiale con tanto di bollo - il martirio e la santità si riconoscono dalla testimonianza- ma è importante perché chiama tutti noi cristiani, anzi tutti noi cittadini di questa terra, a vivere con coerenza il vangelo e osservare con altrettanta coerenza la carta costituzionale e rispettare i diritti fondamentali dell'uomo.

Sia chiaro, il martirio di don Puglisi non può farci dormire sonni tranquilli, come se ormai abbiamo portato a casa un risultato e ora possiamo vivere serenamente, il martirio di don Puglisi, la sua uccisione ci spinge "a fare qualcosa", a fare di più, ad impegnarci perché non si può e non si deve morire di mafia.

Emanuele Tornatore

 

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