Beatificazione di Padre Puglisi: una riflessione di Emanuele Tornatore

Beatificazione di Padre Puglisi: una riflessione di Emanuele Tornatore

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Mi trovavo oggi pomeriggio in una sala maestosamente affrescata e gremita di gente in attesa che il vescovo di Palermo desse il tanto aspettato e sofferto annuncio che è arrivato accompagnato da un chiassoso applauso e da composta commozione che si intravedeva nel volto di tanti, don Pino Puglisi, a 19 anni della sua uccisione per mano mafiosa, è stato riconosciuto Martire cristiano.

Ucciso perché viveva con coerenza il vangelo, ucciso perché credeva che bisognava conciliare il catechismo, la formazione cristiana con la promozione umana in un territorio, quello di Brancaccio ma anche di altre zone della nostra isola, in cui i "parrini", secondo i mafiosi, dovevano solo pregare e amministrare sacramenti, perché poi erano altri "padrini" a doversi occupare del territorio.

L'annuncio di oggi non serve per avere un santo in più da pregare sugli altari, non serve per avere un riconoscimento ufficiale con tanto di bollo - il martirio e la santità si riconoscono dalla testimonianza- ma è importante perché chiama tutti noi cristiani, anzi tutti noi cittadini di questa terra, a vivere con coerenza il vangelo e osservare con altrettanta coerenza la carta costituzionale e rispettare i diritti fondamentali dell'uomo.

Sia chiaro, il martirio di don Puglisi non può farci dormire sonni tranquilli, come se ormai abbiamo portato a casa un risultato e ora possiamo vivere serenamente, il martirio di don Puglisi, la sua uccisione ci spinge "a fare qualcosa", a fare di più, ad impegnarci perché non si può e non si deve morire di mafia.

Emanuele Tornatore