Attualità

Sono sempre state con i loro rituali religiosi ma anche laici e un pò pagani, le due festività che preannunciano l'arrivo dell'autunno, e che a Bagheria sono particolarmente sentite. Sono due delle festività che, dopo il festino di Santa Rosalia, sono tra quelle che godono più seguito tra i fedeli e non, per motivi in parte riconoscibili nella storia delle nostre comunità.

Il quadro della Madonna della Milicia sarebbe stato ritrovato sulla spiaggia  e portata da un carro trainato da buoi colà dove sorgerà il paese, a conclusione di una tra le più terribili, e purtroppo ricorrenti, epidemie di peste che aveva colpito Palermo o forse come ipotizzano altri storici, la devozione è legata alla sconfitta di una flotta di infedeli e di pirati barbareschi che volevano fare  razzie nella città di Palermo, ed al successivo ritrovamento dell'immagine sacra, che ha però storicamente una datazione ed una genesi, frutto di studi assidui ed approfonditi.

Santa Fortunata invece è legata alle vicende dei martìri, seguiti alla diffusione della parola di Cristo, nel 200 dopo Cristo, in una Roma ancora pagana: il corpo ed una garza imbevuta del sangue della giovanissima martire Fortunata sarebbero stati conservati nelle catacombe di Santa Ciriaca a Roma e poco più di 200 anni fa le reliquie, per decisione dell'allora  assistente al soglio pontificio card. Saverio Cristiani, vennero portate in questo paesino della Sicilia.

La festa della Madonna della Milicia rimane legata nei ricordi dei meno giovani alla prima salsiccia della stagione, perchè un tempo non esistendo i frigoriferi in estate non si preparava la salsiccia che era un prodotto facilemnte deperibile con il caldo; ed è per questo che si aspettava la stagione più fresca e la festa della Milicia era la prima buona occasione.

Ma la connotazione più pregnante della devozione è il tradizionale "viaggiu a Maronna Aritu" che numerosi fedeli compivano a piedi, spesso nudi, i giorni precedenti e successivi ai festeggiamenti.

alt

Di Santa Fortunata ricordiamo  i racconti. anche questi mitici e fantasiosi, che da piccoli ci impressionavano e che raccontavano di una bara che, anche se trasportata da uomini forzuti, nel momento in cui passava davanti la casa di qualcuno che non voleva mantenere "a purmisioni", la promessa cioè fatta alla Santa, non ne voleva più sapere di muoversi malgrado gli sforzi dei confrati. Fede, credenze popolari, tradizioni, storia e memoria che in questi giorni ritrovano alimento e si rinnovano nell'insopprimibile e faticosa ricerca del "sacro" da parte dell'uomo.

A margine, a Baucina venerdì alle ore 18.30, anche una significativa vicenda politica: tre comuni del territorio, Baucina appunto, Ciminna e Ventimiglia di Sicilia, ("Calamigna" nell'espressione dialettale), si sono gemellati con tre comuni della Bretagna,  rispettivamente con Guilers, Plougastel e Bohars, in un tentativo, piccolo se vogliamo, ma significativo, di costruire dopo l'unione economica che si sta rivelando traballante, una unità politica dal basso tra i popoli per conoscere e riconoscere le radici, le culture e la storia comune dell'Europa.

Ed oggi  subito dopo l'"intronizzazione" di Santa Fortunata nelle teca, con un cerimoniale di particolare solennità verrà firmato alla presenza del sindaco di Baucina Ciro Coniglio, degli altri sindaci dei comuni facenti parte del gemellaggio un "protocollo di cooperazione e di pace"

Citiamo un punto per tutti: nelle scuole di questi tre comuni sarà il francese la seconda lingua che si studierà a scuola, come l'italiano lo sarà nei tre piccoli comuni della Bretagna.

 

Angelo Gargano

 

Nessuna irregolarità nel comportamento e nelle decisioni assunte dai giudici del Tribunale di sorveglianza dell'Aquila allorchè, poco più di sei mesi fa, accolsero l'istanza degli avvocati dell'ex tycoon della sanità siciliana, che per una grave intolleranza a fave e piselli che gli venivano generosamente somministrati nel carcere dell'Aquila dove stava scontando una condanna a 15 anni e sei mesi, aveva chiesto di scontare la pena ai domiciliari.

I giudici avevano accolto la tesi degli avvocati, differendo la pena di Aiello di un anno, consentendogli cioè di potere scontare un anno di carcere presso il proprio domicilio.

La vicenda suscitò polemiche senza fine sui giornali, e prese di posizioni polemiche vennero anche da parte di autorevoli magistrati che manifestarono perplessità sul fatto che l a direzione del carcere dell'Aquila non fosse in grado e non avesse pensato di garantire al detenuto una dieta diversa da quella che aveva come base questi ortaggi.

Addirittura in una popolare trasmissione televisiva delle domenica pomeriggio su Rai uno il presentatore  Massimo Giletti, fece scoppiare il caso chiedendo dallo schermo tv al Ministro della giustizia di chiarire i dubbi espressi su una decisione contestata non solo dalla gente comune ma anche da parte di uomini di legge, e tra questi Vittorio Alcamo, presidente del Tribunale che aveva condannato Aiello in primo grado e del P.M. Nino Di Matteo, impegnato in delicate indagini di mafia e rappresentante dell'A.N.M. a Palermo.

Adesso la relazione degli ispettori asserisce che nella decisione del collegio dei giudici di sorveglianza non c'è nessuna irregolarità: di fronte al fatto che all'Aquila tra gli alimenti somministrati ai detenuti con maggiore frequenza ci fossero fave e piselli, metteva in serio pericolo la vita di Aiello, che aveva sempre manifestato una patologica intolleranza a questi alimenti.

E non è compito dei giudici - sottolinea la relazione delgi ispettori - interloquire sulla dieta alternativa che si sarebbe potuto "apprestare" per Aiello.

La decisione del Tribunale è stata pertanto assolutamente legittima e regolare.

Nell'immediatezza delle polemiche che seguirono all'invio ai domiciliari di Aiello, a pagare subito fu il direttore del carcere dell'Aquila che venne immediatamente trasferito.

Aiello potrà quindi continuare a trascorrere ai domicilairi questi altri sei mesi; sarà poi il prossimo 28 febbraio ad un anno dalla precedente sentenza che lo stesso Tribunale di sorveglianza dovrà pronunciarsi qualora, come è estremamente probabile, gli avvocati torneranno a chiedere la detenzione del loro assistito presso il proprio domicilio.

alt

Diversi cittadini si chiedono se sia autorizzata l'esposizione della frutta sulla strada, ed in particolare vogliono capire quale sia la necessità per i fruttivendoli di esporre laloro mercanzia occupando suolo pubblico.

Sembrerebbe che ci sia qui a Bagheria , una specie di intesa tra i fruttivendoli ed il Comune affi nchè tutti chiudano un occhio su qualche cassetta di frutta e verdura esposta su un marciapiede, magari poggiata alla parete del locale commerciale.

Ci sono colonne di cassette sul marciapiede e sulla strada antistante, poggiate vicino alla parete dell'esercizio commerciale e per tutta la lun ghezza del locale, e altre cassette esposte sulla strada comunale con ombrelloni e gazebo.

A volte capita di trovarsi tutto il marciapiede occupato, in particolare, quando viene scaricata la merce. Con le auto si formano talvolta file interminabili.

Quasi sempre non si riesce a passare, i pedoni sono costretti a camminare sulla carreggiata, se non vogliono essere imbrigliati nella folla dei compratori.

E mi chiedo se una mela che sia rimasta per ore esposta allo smog delle macchine di passaggio sia ancora biologica e se si possa consumare con tutta la buccia.

Ci chiediamo se ci sono degli studi che dichiarano che la frutta e la verdura non debbano essere esposte sulla strada sopratutto quelle a d alto traffico.

 Siamo seriamente preoccupati per quello che acquistiamo e troviamo antiigenica la vendita di questi prodotti dopo l'esposizione alle sostanze inquinanti di autovetture ed autocarri

Ma il pesce puzza dalla testa.

A quanto pare queste sono illegalità "regolarizzate" nel tempo dagli stessi uffici comunali che hanno rilasciato copiose autorizzazioni in contrasto con leggi nazionali".

Autorizzazioni che comunque potrebbero ben inteso essere revocate per ordine pubblico.

"Piscis a capite putet": lo dicevano i Latini, per significare che "il marcio parte ed è diffuso dall'alto".

Intanto, i marciapiedi continuano ad essere usurpati dal permanente posteggio di fruttivendoli in moltissime parti della città, e quindi ci si chiede perchè' vengano rilasciate
autorizzazioni alla concessione del suolo comunale ad incroci e strade di grande traffico comunale rendendole anche pericolose; perche' soltanto ad alcuni e' concesso il suolo comunale in certe zone che avvantaggia lo stesso commerciante e a volte lo arricchisce, perche' si rendono pericolose le strade, e perche' dobbiamo comprare frutta inquinata.

Ed infine, per potere piangere almeno con un occhio, ci piacerebbe sapere se almeno le casse del comune traggano beneficio in maniera sostanziale da queste "concessioni" o vengano applicate normali tariffe che non tengano conto di questi evidenti stati di disagio degni di paesi i ncivili e da terzo mondo.

Lettera Firmata

 

Caro lettore,

quello che sollevi è uno dei problemi più antichi e più irrisolvibili di Bagheria: ci fu un tempo sino a una trentina di anni fa, in cui  anche i macellai esponevano all'esterno della "chianca" i "quarti" di carne alle mosche, allo smog e al godimento di parassiti vari.

A forza di insistere si riuscì a convincerli che le carni non andavano esposte in pubblica piazza per motivi di decoro, e soprattutto di igiene e garanzia di sicurezza per il consumatore.

Con i "fruttaroli" è stato e sarà sempre più difficile. Almeno sin quando i politici confonderanno la ricerca del consenso come tolleranza delle inciviltà, degli abusi e delle prevaricazioni

Locali picccolissimi all'interno, grazie a questo marchingegno di utilizzare gli spazi pubblici, diventano supermarket.

Quando i siciliani vogliamo consolarci diciamo che è un retaggio lasciatoci dagli arabi che anch'essi  espongono le loro merci e i generi alimentari nei suk o nelle kasbah: ma  trascuriamo il dettaglio che nei suk e nelle kasbah non circolano le auto.

Angelo Gargano
 

Pochi conoscono la storia della nascita della comunità parrocchiale di san Domenico, io c’ero, ragazzino, ma c’ero e ne voglio parlare oggi, giorno in cui si è posta la prima pietra della nuova chiesa. 

Ci troviamo nel territorio a monte dell’autostrada, un cavalcavia divide il territorio, diverse contrade, piccoli centri abitati strade non asfaltate, nessun servizio, zone popolate grazie – ed è triste ma reale- all’abusivismo degli anni ’80. Siamo nei primi anni ’90, l’unica realtà presente è l’Istituto San Domenico, il cosiddetto “Convitto san Domenico” o meglio ancora “nni patri Buttitta”, una struttura imponente, un labirinto di stanze che accoglie la scuola materna, gestita dall’Opera Pia, con la mensa, la palestra, il teatro e la scuola elementare come sede distaccata del circolo Didattico “L. Pirandello”.

 All’interno una piccola cappella, una chiesetta umilissima dove tutti i bambini che frequentavano la scuola si riunivano prima delle lezioni. Quella chiesetta, piccolissima diverrà l’aula di preghiera della parrocchia San Domenico, prima comunità parrocchiale della zona. 

Primo parroco fu nominato Don Antonio Cellini, originario di Campofelice di Fitalia, un intellettuale, un uomo colto, figlio del concilio vaticano II, studioso, cultore della filosofia e della letteratura.

Si presentò con un pantalone blu, una polo rosa, senza nessun cerimoniale, e noi ragazzini aspettavamo invece questo primo parroco con talare nera, con i segni distintivi convenzionali.

Rimanemmo sbalorditi, incuriositi dal suo linguaggio semplice ma nello stesso tempo elegante, dai suoi studi, dalla sua conoscenza ma soprattutto dalla sua presenza in una zona “dimenticata” e in una struttura senza locali, senza servizi.

La parrocchia era formata dalla chiesetta, da un salone grande e da una stanzetta, un bagno quasi sempre inutilizzabile, umidità, sistema elettrico quasi sempre fuori uso. Don Antonio Cellini non si perse d’animo, anzi, accetto la sfida con grande coraggio, e in pochi mesi la chiesetta non poté più contenere il numero dei giovani, dei bambini e delle famiglie presenti alla messa domenicale.

Da subito istituì insieme ai giovani della parrocchia la “Scuola di Barbiana” sulla scia di Don Lorenzo Milani, era il 1996, doposcuola pomeridiano gratuito frequentato da tutti i bambini del territorio e poi ancora le feste con le famiglie, con i giovani, la formazione cristiana, l’animazione domenicale con i bambini, gli incontri di riflessione sulla mafia, il cineforum estivo, gli spettacoli.

Potrei raccontare tante altre cose, ma volevo semplicemente condividere la gioia di sapere che in quel territorio, dopo tanti anni, dopo molti sacrifici dei membri della comunità parrocchiale, sorgerà una struttura che sarà certo una chiesa, quindi un luogo di culto ma anche e soprattutto uno spazio per la promozione umana, per la crescita sociale, e religiosa di nuove generazioni.

Sono consapevole del momento di gioia che sta vivendo in questo momento Don Antonio, tanti sono stati i nostri limiti, le nostre assenze, ma tanto è anche il nostro grazie per quello che ha fatto.

La zona a monte dell’autostrada avrà una nuova chiesa, una tenda sul territorio, un luogo e una comunità che accoglie che si fa vicina, che promuove la corresponsabilità, tenendo sempre insieme il vangelo e la costituzione italiana.

Emanuele Tornatore

alt

Nella foto l'area sulla quale sorgerà la nuova Chiesa di San Domenico

 

Vogliamo aggiungere qualche stralcio di ricordi personali sul Convitto San Domenico, che nasce per analogia con gli esclusivi convitti religiosi palermitani; anche noi convittori a Bagheria, ed io lo fui tutti e cinque gli anni della scuola elementare, come quelli del "Don Bosco" avevamo una divisa feriale ed una festiva, che dovevamo rigorosamente indossare durante le lezioni; c'eravamo gli "interni" che rientravamo a casa la sera e gli "esterni", palermitani soprattutto, ma anche ragazzini della provincia che tornavano solo a casa a fine settimana e dormivano presso il Convitto.

Avevamo insegnanti giovani e fortemente motivati e le lezioni erano "a tempo pieno", dalle 8.30 del mattino sino alla e17.00 del pomeriggio con un breve intervallo per il pranzo che veniva consumato nella sala mensa del Convitto..

Nei primi anni '50  l'Istituto San Domenico fu espressione di due tendenze di costume e politiche molto presenti nel territorio e nella società di allora: in primis la grande fiducia nel futuro che caratterizzò una comunità in forte crescita economica e sociale, come quella bagherese, che dalla ricchezza dei "verdelli" traeva linfa e risorse che davano spazio alla cultura e all'mprenditorialità.

E in secondo luogo fu appunto una delle manifestazioni della "imprenditorialità religiosa", che a ben vedere diede vita ad una sorta di paesana "Compagnia delle opere" ante litteram: negli anni che vanno dal 1950 al 1960 monsignor Domenico Buttitta oltre al Convitto San Domenico, edifica alla Traversa il  villaggio "La Madonnina", una serie di villette residenziali per le vacanze estive della buona borghesia bagherese, realizza  due grandi immobili, uno dei quali l'ecomostro recentemente demolito, sul monte Consuono, che dovevano essere destinati a  ricovero per anziani, cosa che mai avvenne; oltre ancora all'immobile che ancora oggi fa pessima mostra di sè allo svincolo autostradale e che per un certo periodo fu appunto utilizzato come ricovero per gli anziani.

Non solo: Monsignor Buttitta inventa una linea di trasporto fatta di "torpedoni", autobus di un tempo, cosiddetti perchè costruiti dalla Torpedo, un'azienda specializzata del settore,  che partivano al mattino col buio da piazza Sepolcro e, pieni di contadini con i loro attrezzi, raggiungevano le contrade collinari di Bagheria, Bellacera, Accia, Pitrusa, Torretta, Traversa ecc...e tornavano nel tardissimo pomeriggio; mentre un altro "torpedone" portava i ragazzini interni ogni mattino da piazza Sepolcro al Convitto e li riportava dopo le lezioni.

A ciò si aggiunga anche la gestione di un negozio sempre in piazza Sepolcro che vendeva libri e articoli religiosi.

Allo stesso periodo risalgono gli investimenti di Don Armando Trigona della Floresta, un altro sacerdote imprenditore che ristruttura l'edificio della  "Trasfigurazione", e scende quasi in concorrenza con monsignor Buttitta.

Angelo Gargano


 

Altri articoli...