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E' mestiere duro il nostro quando ti trovi costretto dalle circostanze a dovere raccontare il dolore: non quello letterario, ma quello vero, crudo che le vittime di queste tragedie vivono sulla loro pelle: che è come precipitare in un gorgo della coscienza profondissimo, nero e oscuro,;e si pensa di stare vivendo un sogno bruttissimo dal quale ti vuoi liberare con il risveglio.

Ma il risveglio è peggio del sogno, perchè le bare nella loro freddezza sono là, mentre la mamma, la nonna, con il loro sorriso, la loro comprensione, il loro affetto, la  quotidianeità  dei loro comportamenti, delle loro parole, dei loro gesti, non ci sono più.

E la percezione e la consapevolezza piena del dolore arriverà lentamente, quando il grande, affettuoso abbraccio di parenti e amici che in questi giorni in qualche modo ti ha sommerso, ti ha impedito quasi di riflettere e di pensare, via via  si sbrina e si resta sostanzialmente soli  a dovere risolvere piccoli e grandi problemi, a partire dalle assenze quotidiane delle persone che ti erano più care.

E loro, i ragazzi Fricano, dovranno trovare la forza di farcela, hanno il dovere di farcela.

Ma il dolore come l'amore, la dolcezza al core del poeta sommo, 'ntender no lo può chi non lo prova'.

Per questo le nostre parole, ma non solo, sono come gusci vuoti o effimere bolle di sapone.

Ma viene da pensare alle coincidenze: 51 anni fa nonna Maria dava alla vita una nuova creatura, Caterina;  assieme oggi, come lo furono 51 anni fa in un rapporto simbiotico, se ne vanno, senza vita e in due bare diverse a poca distanza l'una dall'altra.

Allora in un percorso di vita, oggi invece in un percorso di morte.

Non sembra giusto, non è naturale; ma il destino, le coincidenze, il disegno divino, come ritiene chi crede, hanno dato stavolta questa risposta all'enigma del mistero della vita e della morte

La famiglia Fricano, i figli e nipoti delle defunte, Rosario, Isidoro, Emanuele, Francesca, è profondamente religiosa, molti erano e sono membri della Confraternità dell'Addolorata e di S.Giuseppe e dalle parole di conforto espresse da don Filippo Custode avranno tratto lenimento al loro dolore.

La vita mutata ma non tolta, l'imperscrutabile disegno divino, il caso, ( o il demonio che ci mette la coda, come siamo abituati a pensare), ma anche la mano miracolosa che ha impedito che la tragedia avesse dimensioni ancora più catastrofiche; tutto fa pensare alla presenza del sacro e del divino.

Sono oltre dieci i concelebranti tra sacerdoti e diaconi laici che affiancano don Filippo Custode e il decano della parrocchia del Santo Sepolcro padre Mario Di Lorenzo, ed almeno duemila persone stanno in una chiesa stracolma, in una piazza piena di cui  ne resta libero solo uno spicchio dove picchia l'ultimo caldo sole di settembre; e quando le due bare alle cinque in punto escono sul sagrato scatta l'applauso liberatorio, che è il riconoscimento con cui intendiamo onorare esistenze dure, di sacrifici, ma anche di fede, di dedizione e di amore verso gli altri.

Un riconoscimento spontaneo e semplice, se vogliamo, ma che contiene tanti messaggi e che consacra  una vita  esemplare che Mamma Maria e la figlia Caterina hanno condotto nel loro passaggio su questa terra.

Il parroco in chiusura di cerimonia ha chiesto di evitare per oggi l'estenuante rito degli abbracci e delle condoglianze: ci sarà modo, ci sarà tempo.

Questi ragazzi hanno adesso bisogno di stare soli, tra di loro e con se stessi, per prendere consapevolezza di quanto accaduto, per rielaborare il lutto, per accettare che da oggi saranno più soli, ma forse più forti, perchè da queste terribili esperienze si esce provati, ma si capisce, più di come possa accadere a chi non è toccato da queste tragedie, quello che conta veramente nella vita.

 

Il voto del  consiglio comunale di oggi che ha conferito la cittadinanza onoraria di Bagheria al dr. Luca Salvemini dirigente del Commissariato di P.S.  e al maggiore Francesco Tocci ( oggi tenente colonnello) comandante della Compagnia dei CC , riscatta la vergogna e l'ignominia di un altro voto espresso esattamente cinquanta anni fa, nel 1963, quando, all'indomani della strage di Ciaculli,  su due 'Giuliette' al tritolo saltarono in aria sette carabinieri, un gruppetto di una decina di consiglieri sui 40 che allora componevano il consiglio comunale, la gran parte della Democrazia cristiana, votò contro un ordine del giorno di condanna alla mafia.

Certo i tempi erano altri: allora  i principi della Chiesa del tempo disconoscevano l'esistenza della mafia, i giudici deboli o collusi mandavano assolti mafiosi e manutengoli che dopo pochi mesi uscivano dalle patrie galere con i gradi di boss, i politici  facevano affari con la mafia mentre giornali e giornalisti nascondevano il sole con le reti.

Erano ancora da venire i tempi del cardinale Salvatore Pappalardo e di Don Pino Puglisi, di Falcone e Borsellino, Costa, Terranova e tantissimi altri, di Fava, di De Mauro e Alfano.

Bene hanno fatto dunque il presidente del consiglio Caterina Vigilia e l'amminsitrazione a voler dare particolare solennità alla seduta di oggi: era un risarcimento doveroso alle forze dell'ordine che in questi anni si sono prodigate per garantire la nostra sicurezza, per combattere la criminalità mafiosa, per dare risposte, non di solo ordine pubblico, ai drammi sociali.

Sono presenti oltre due terzi dei consiglieri, ci sono il questore Nicola Zito e il colonnello Scandone, che prenderanno la parola per apprezzare il clima nuovo , c'è il comandante della Compagnia della Guardia di Finanza, Davide Lazari e quello del Distaccamento delle Guardie forestali.

Esordisce il sindaco Vincenzo Lo Meo, che rilegge le motivazioni che stanno alla base delle delibere che motivano il conferimento della cittadinanza onoraria ai responsabili della sicurezza dei cittadini a bagheria negli ultimi anni: i risultati conseguiti nel contrasto a acosa nostra, la gestione umana e e intelligente dei conflitti sociali, la repressioni di fenomeni di criminalità che creano forte allarme sociale. 

I tempi sono veramente cambiati e lo sottolinea giustamente il sindaco Lo Meo: 'C'era  un tempo in cui dei successi dello Stato contro la mafia si gioiva in silenzio, adesso la gente non ha alcuna remora a manifestare il proprio apprezzamento per il lavoro che su questo terreno  è stato fatto dalle forze dell'ordine.'

Dopo gli interventi del presidente della I Commissione Maurizio Lo Galbo e della IV commissione Maria Grazia Lo Cascio, che sottolinenano il forte spirito unitario con cui è stata condivisa la proposta dell'amministrazione, è la volta dei protagonisti della giornata.

altSalvemini e Tocci che mettono in risalto innanzitutto che il riconoscimento loro conferito è in realtà come peraltro più volte sottolineato, un riconoscimento a tutti i loro collaboratori, senza i quali non sarebbe stato possibile ottenere i risultati raggiunti.

E mentre Salvemini si compiace che abbiamo fatto intendere che 'pur nella comprensione delle drammatiche vicende che tanti settori della società si trovano ad attraversare, purtuttavia noi rappresentavamo lo Stato e cioè la garanzia di legalità per tutti i cittadini,' Tocci, mette invece l'accento sul 'rapporto instaurato con i cittadini, che è stato fondamentale per raggiungere alcuni risultati'

.Intervengono anche il colonnello Scandone dei CC di Palermo ed il maggiore Lazari della GdF, e tocca chiudere all'ex sindaco Biagio Sciortino che sottolinea 'la fiducia e la sicurezza che anche nei momenti più difficili i rappresentanti delle forze dell'ordine hanno saputo trasmettere agli esponenti della politica'.

 

Quattro auto, tre famiglie che non si conoscono neanche, un tratto di strada insidioso: i fili del destino che si intrecciano all'improvviso per culminare in una tragedia, che non è solo di una famiglia, ma della nostra intera comunità.

Anche l'amministrazione infatti ha partecipato al lutto e al dolore delle famiglia Fricano. "Ai figli e alla famiglia delle donne - ha detto Vincenzo Lo Meo - va l’abbraccio dell’amministrazione e gli auguri di pronta guarigione per tre dei quattro figli della signora Fricano, anche essi presenti nell’auto al momento dell’incidente".

La morte di Caterina Maria Antonia Fricano e della mamma Maria  Trupia Mineo, ha sconvolto la vita solitamente tranquilla di un quartiere in cui la via Nino Bixio è un pò il centro geografico e simbolico: la signora Caterina Maria Antonia e la mamma Maria le conoscevano tutti, ma proprio tutti.

E' una processione continua di amici, familiari e conoscenti che si stanno letteralmente stringendo attorno a questi ragazzi colpiti dal duplice lutto: e loro con le lacrime agli occhi stanno a raccontare per la centesima volta come si sono svolti i fatti, nella speranza incoscia  che il racconto possa servire a trovare un perchè e una  motivazione a due morti assurde, a spiegare il perchè di quella bara sistemata al centro di una  casa di persone perbene e normali con ai muri le immagini sacre e le foto delle ricorrenze, le cerimonie nuziali di Maria con il marito Agostino, morto all'improvviso tre anni fa mentre in campagna raccoglieva i limoni assieme ai figli, la foto delle nozze di Isidoro e quelle della nipotina.

Ieri notte l'altra tragedia che i due figli grandi di Maria Antonia, Isidoro e Rosario, rivivono istante per istante, perchè quello di ieri notte è stato un incidente la cui dinamica è stata vissuta in maniera lucida e consapevole dai due fratelli che erano alla guida della Opel Corsa e della Lancia Musa, mentre i due gemelli  diciassettenni vengono quasi sommersi dall'affetto dei loro amici e dei loro compagni di scuola, che si sforzano di far sentire meno aspro il dolore che li colpisce.

Una domenica come altre, una giornata trascorsa a Sciacca, presso amici di lunga data, quindi i saluti e le solite raccomandazioni degli ospitanti: 'Andate piano mi raccomando' e l'inevitabile risposta 'State tranquilli, non abbiamo nessuna premura'.

E la mente corre all'incidente di Pasquetta di quest'anno sulla S.S. 113  che costò la vita ad Antonio D'Amato, pescatore di Porticello, e che coinvolse l'intera famiglia.

Una giornata serena che si conclude tragicamente, dovrebbe indurci a riflettere e pensare, ma lo facciamo solo per qualche secondo, giusto il tempo di dire due banalità sulla labilità delle vicende umane,  e poi subito si torna a saltare sulla giostra della vita.

Da Sciacca le due auto si mettono in marcia intorno alle 22.30 : in testa la Lancia Musa, alla cui c'è guida Isidoro Fricano con la moglie accanto, mentre i suoceri e la piccola di tre anni, che si addormenta durante il tragitto, viaggiano nel sedile posteriore; dietro il fratello Rosario sulla Opel corsa  con accanto la nonna Maria, e nel sedile posterioree la mamma e i due gemelli diciassettenni, Emanuele e Francesca.

All'altezza del bivio per Giacalone comincia  a prendere corpo la tragedia, proprio dove c'è un lungo rettilineo in forte pendenza.

Isidoro vede già da lontano l'auto che salta di corsia e comincia a venirgli incontro, e pensa che sia questione di un momento e che il conducente riprenderà la giusta direzione, ma l'auto, una Nissan Note, continua ad avvicinarsi sempre più pericolosamente; quando arriva al rischio, immediato e concreto, di collisione, Isidoro sterza violentemente verso il centro della strada buttandosi tutto a sinistra e scansando per un pelo l'auto, che, si saprà poi, è condotta da una donna, V.C.F. di 34 anni, anche lei in questo momento in coma in Ospedale.

Subito dopo Isidoro fa d'istinto la manovra di rientro, perchè arriva un'altra auto, che si saprà poi, è quella del marito della donna.

Ha  giusto il tempo di guardare nello specchietto retrovisore e di sentire lo schianto della Nissan contro l'auto condotta dal fratello.

Rosario che viaggia ridosso di Isidoro sia accorge con un attimo di ritardo di quanto sta avvenendo, quando la macchina investitrice gli è praticamente addosso: tenta di stringersi sul muretto, ma oltre non può andare.

La Nissan lo prende addirittura all'altezza della parte anteriore destra della sua vettura. 

Attimi di terrore e di concitazione: i soccorsi sono tempestivi, perchè già dopo quindici, venti minuti ci sono già i Carabinieri e le ambulanze del 118. Straordinaria viene descritta la dedizione e la disponibilità dei carabinieri che cercano sin da subito di assistere non solo i feriti ma l'intera famiglia.

La nonna è, con tutta evidenza, in condizioni gravissime, e viene portata subito in Ospedale, mentre per la figlia Maria si vede subito che non c'è nulla da fare, giace accartocciata e senza vita dietro il sedile anteriore del passeggero.

Isidoro riporta per fortuna solo qualche frattura alla mano e qualche ammaccatura al volto: pressocchè illesi i suoi fratelli gemelli.

Nella confusione il marito della conducente dell'auto investitrice carica sulla propria auto la moglie e la conduce all' Ospedale Civico, dove ora si trova in coma farmacologico e in prognosi riservata; tant'è che i carabinieri che effettuavano i rilievi non avendo trovato nesuno alla guida della Nissan Note, avevano addirittura ipotizzato che chi guidava fosse finito nella scarpata.

Solo nella mattinata è stata chiarita la circostanza.

Domani alle 15.30 alla Chiesa del Sepolcro i funerali di Caterina Maria Antonia, per la madre Maria, 77 anni, che è morta in Ospedale occorrerà attendere per l'arrivo della salma i tempi di legge previsti in questi casi.

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 Maria Trupia Mineo                           Caterina Maria Antonia Fricano

la fotocomposizione di copertina è tratta da livesicilia.com

Oggi durante la messa delle 11.30, ad appena una settimana dai pomposi festeggiamenti, e senza ancora essere stata neppure rimessa nella sua cripta sopra l’altare, sembrava ancora più triste, quasi a chiedersi dove sono finiti i così tanti presunti fedeli dei giorni scorsi.

Certo ognuno è chiamato a verificare la propria fede e i propri percorsi, senza giudicare o riferirsi ad altri, però non può non risaltare il “vuoto di partecipazione” della messa di oggi, sostenuta almeno da un provvidenziale festeggiamento di un cinquantesimo di matrimonio.

Non si può certo dire quindi che l’occasione della festa sia stata per molti un modo per rinvigorire la propria fede, e come tale non ci si può non interrogare su ciò che rappresentano i periodici festeggiamenti in onore dei propri patroni nelle parrocchie meridionali. O forse sono più coerenti le sagre di paese al nord che almeno evitino di strumentalizzare le immagini sacre?

E in effetti molte attività sportive, ricreative, culturali (che hanno un loro valore a prescindere della festa) potrebbero benissimo essere effettuate in altri momenti od occasioni, benché si confidi sempre sulla sincerità della partecipazione di ciascuno quale occasione per donare un ulteriore pensiero/preghiera in più al “patrono” di riferimento.

E si potrebbe anche pensare ai così tanti emigrati che si commuovono per il “ripetersi” dei “botti”, anche se viceversa per molti locali, che sanno benissimo delle altre più gravi urgenze (anche solo della parrocchia prima ancora per i poveri della comunità), non possano non ritenerlo anche uno spreco popolare di soldi, per quanto anche in questo caso possa considerarsi nobile dedicarne qualcuno al patrono.

Poi certo la “processione” religiosa che conserva il momento di partecipazione convinta e simbolica dei fedeli che testimoniano la loro fede per le “proprie” strade (e per il mare!) . E capita comunque che qualche politico approfitti per esprimere una propria retorica nella liturgia principale, per quanto faccia comunque piacere che ci sia un saluto complessivo dei legittimi rappresentanti (chiunque essi siano!) da parte di tutta la città. Non so.

Ma mi ritornano in mente però le parole di Padre Raffaele Mangano (già parroco di Aspra) che proprio nella liturgia solenne della scorsa settimana ha sottolineato quanto possa rappresentare una “contraddizione” fare festa per un “dolore” come quello rappresentato dalla nostra “patrona”, se davvero non lo si viva con una profonda partecipazione di fede! Chissà.. forse era un richiamo anche ad una maggiore coerenza!

Pietro Galioto, fedele della parrocchia M.SS.Addolorata di Aspra

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