La bellezza del paesaggio, la dolcezza eccezionale del clima spiegano in gran parte l’enorme successo che Bagheria ebbe per tutto il Settecento come zona di villeggiatura.
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Il Mazzarino nel 1649 si era fatto coinvolgere in una congiura che aveva come scopo quello di elevare al trono di Sicilia un barone dell’isola.
Il prescelto, almeno formalmente, era, anzi, lo stesso Mazzarino.
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I primi ad accorrere a Bagheria sono il principe di Palagonia, che inizia la costruzione della sua celebre villa addirittura nel 1715, il principe di Larderia e il principe di Comitini e, infine i Villafranca.
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ll territorio di Bagheria, dunque, alla metà del 1600 era suddiviso fra una miriade di proprietari, nobili e borghesi. Il latifondo, ancora presente nel ‘400 e nel ‘500 quando i nobili Campo e il pretore di Palermo, Pietro Speciale, coltivano la canna da zucchero nei loro estesissimi possedimenti di Ficarazzi e Bagheria, era ormai scomparso.
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Per collegare il suo palazzo con la nuova strada costruita dai principi di Cattolica, il Branciforti incontra un grosso ostacolo. I suoi terreni, infatti, non arrivano fin là.
Al di là dei tre portoni c’è il loco del principe di Cattolica.
Il prolungamento dello “stradone”, da questa località alla Puntaguglia
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Alcuni “notamenti” di nascite, morti, battesimi e matrimoni, da me rintracciati nell’archivio Butera, ancora alla metà del ‘700 registrano come sparsa totalmente nelle campagne la popolazione che di lì a poco avrebbe dato vita al nuovo agglomerato di Bagheria.
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Il primo acquisto che don Giuseppe Branciforti fa a Bagheria è del 1653.
A questo ne seguirono altri cinque. Si trattava di piccoli appezzamenti ( lochi li chiama il conte nel suo testamento e “loco” ancora oggi a Bagheria, significa appezzamento di terreno rustico) appartenenti a nobili e borghesi.
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