Appunti per una storia di Bagheria, di G.ppe Speciale - V parte

Appunti per una storia di Bagheria, di G.ppe Speciale - V parte

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I primi ad accorrere a Bagheria sono il principe di Palagonia, che inizia la costruzione della sua celebre villa addirittura nel 1715, il principe di Larderia e il principe di Comitini e, infine i Villafranca.

Tutti ottengono a censo dal Butera appezzamenti non eccessivamente estesi ritagliati da quelle 45 salme che il conte di Raccuja, alla metà del ‘600, aveva messo insieme acquistandoli da cinque diversi proprietari.
Una volta dato il là, naturalmente, altri potenti vengono attratti a Bagheria.
Fra questi (siamo attorno agli anni Venti del 1700) c’è il principe di Cattolica che, oltre ad essere un grande barone, è anche pretore cioè capo dell’amministrazione civica di Palermo.

Egli acquista il terreno che gli serve per la costruzione del suo massiccio palazzo al di fuori della proprietà Branciforti e, come se ciò non bastasse, sconvolge il millenario assetto della viabilità del territorio, deviando, a spese naturalmente del municipio di Palermo, la via Consolare subito dopo il ponte sull’Eleuterio e spostando il nuovo percorso verso la costa in modo da collegare la sua villa direttamente alla nuova arteria.

Se da una parte questa prepotenza del principe di Cattolica taglia fuori il palazzo Butera dalla principale via di comunicazione lungo la costa settentrionale dell’Isola dall’altra pone le condizioni per la nascita di Bagheria.

Molti altri nobili chiedevano di acquistare terreni nella zona di Bagheria per costruirvi le loro ville ma quasi nessuno si rivolgeva più ai Branciforti.
Il duca di Villarosa acquista ad esempio da quattro o cinque diversi piccoli proprietari la collinetta sulla quale sorgerà poi la villa che ancora oggi ammiriamo.
La stessa cosa fanno il principe di San Cataldo, i Galletti, i Torremuzza, i Rammacca, i De Spuches, i marchesi d’Arezzo e così via di seguito.
A questo punto il successore di Don Placido, il principe Salvatore Branciforti che detiene il titolo alla metà del ‘700, ha anch’egli una felice intuizione: progetta la costruzione di una vera e propria nuova città senza nemmeno chiedere al re la concessione dello “jus populandi” indispensabile sotto la monarchia feudale, per fondare un nuovo centro abitato.
Egli non ha altra strada per sfruttare a fini edilizi la sua vasta proprietà di Bagheria.


I baroni più ricchi non si rivolgono più ai Branciforti, come abbiamo visto, per acquistare i terreni per le loro ville, ma a Palermo esiste anche una pletora di piccoli nobili che vogliono imitare i più potenti anche se non hanno i mezzi per farlo.
Già lungo il viale degli Oleandri, in fondo al quale c’è l’ingresso principale del palazzo dei Branciforti, si sono andate allineando, sin dagli inizi del Settecento alcune modeste dimore.
Una di queste appartiene ad un ramo cadetto dei Lanza.

Il piano regolatore che il principe Salvatore Branciforti idea, prevede un viale diritto proteso verso il mare di Aspra e uno più corto che va nella direzione della baia di Solanto.
Naturalmente anche il suo palazzo deve cambiare fronte. Nasce così la facciata settecentesca che fa da sfondo a quello che per il momento si chiama lo “stratone” e che, molto più tardi, topo nomasti ossequiosi chiameranno corso Butera.
Il fronte che guarda verso Palermo con la torre e l’arco a tutto sesto con la famosa scritta “O Corte a Dio 1658” diventa così un lato secondario ed il portone che vi si apre verrà più tardi addirittura murato e sommerso da una miriade di misere casupole sorte sui primi terreni lottizzati dai Branciforti.

In questo stesso periodo viene eretta la Madrice che fa da sfondo allo “stratonello” (dopo l’unità d’Italia corso Umberto I).
Su questi due cardini avviene lo sviluppo urbanistico di Bagheria, dapprima lentamente, poi via via sempre più rapidamente.
E anche oggi i due assi tracciati oltre due secoli addietro dal principe Salvatore Branciforti condizionano gran parte della nuova espansione edilizia di Bagheria.

- tratto da "Peppino Speciale, Giornalista, politico, storico"

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