Per collegare il suo palazzo con la nuova strada costruita dai principi di Cattolica, il Branciforti incontra un grosso ostacolo. I suoi terreni, infatti, non arrivano fin là.
Al di là dei tre portoni c’è il loco del principe di Cattolica.
Il prolungamento dello “stradone”, da questa località alla Puntaguglia
Secondo questa leggenda l’attuale corso Butera sarebbe stato tracciato dal principe di Butera con atto mafioso ante litteram nel corso di una sola notte.
Come tutte le leggende anch’essa ha il suo fondo di verità.
In realtà, la parte del corso tracciata con atto violento è quella che va dai “tre portoni” alla Puntaguglia.
La lite che ne derivò tra i due aristocratici fu successivamente composta da un compromesso patrocinato da un paterno vicerè.
Ma questa non è la sola leggenda.
Favorita dall’ambigua scritta che si legge ancora oggi sul fronte occidentale del palazzo Butera (“O Corte a Dio”) e da una non meno ambigua lapide che si trova nel cortile ovest, in cui il fondatore del palazzo don Giuseppe Branciforti, conte di Raccuja, accenna a ai servigi resi ai re di Spagna e all’ingratitudine degli stessi verso di lui, nacque la leggenda di un esilio volontario a cui il nobiluomo si sarebbe votato per elevare una solenne protesta politica contro la corruzione della corte spagnola e di quella vicereale.
Effettivamente il conte di Raccuja aveva dei seri motivi per lamentarsi del trattamento che la corte di Madrid gli aveva riservato in una circostanza decisiva della sua vita, quando cioè, alla morte della cugina Margherita Branciforti, avvenuta a Roma agli inizi del 1659, si aprì la questione della successione al titolo di principe di Butera. (in foto, la famosa iscrizione "O Corte a Dio", presente sulla torre di Palazzo Butera)
Pretendevano l’importante titolo, e le più importanti ricchezze ad esso incorportate,( lo “stato” di Butera, che era il centro del dominio dei Branciforti in Sicilia, dava una rendita netta di 24.000 onze all’anno, cifra per l’epoca favolosa) due cugini, entrambi di nome Giuseppe e di cognome Branciforti, il primo conte di Raccuja, il secondo conte di Mazzarino.
Il conte di Raccuja era stato sempre un fedelissimo servitore della corona di Spagna. Tra l’altro dal 1653 al 1657 aveva ricoperto la carica di pretore di Palermo la quale veniva attribuita dal vicerè agli aristocratici che si erano distinti per la loro fedeltà alla Spagna.
Il Mazzarino, invece, era stato sempre guardato dagli spagnoli con sospetto. (In foto, le case di contrada Monaco, ritenute fra i primissimi insediamenti abitativi sul territorio bagherese)