Il piccolo aneddoto che vi racconto è, per il momento, l’ultima incursione nei ricordi del passato. Presto uscirà il mio libro: “Dai mitici anni Sessanta all’alba del terzo millennio” dove ce ne saranno tanti altri.
L’undici aprile del 1990 Antonella Amendola scriverà sul settimanale «Oggi»: “Ore ventidue. A spasso per Bagheria. Per l’intellighenzia locale la meta obbligata è la galleria d’arte di Ezio Pagano che fu pupillo di Renato Guttuso …”.
Infatti, un giorno capitò in galleria un mercante d’arte di origine flavese con sede a Roma, certo Tommaso Amato. Tommaso mi propose l’acquisto di una cartella con dieci litografie di Pablo Picasso, grafiche interessanti sul piano artistico e soprattutto certificate. L’acquisto andava fatto senza pensarci troppo; non ricordo quale fosse la cifra ma ricordo che era vantaggiosa per me e che io disponevo di quella somma, dato che l’avevo messa da parte, dai regali ricevuti per le mie imminenti nozze con Anna, per il viaggio di nozze. Fu proprio Anna che si impuntò nel preferire il viaggio di nozze a Parigi piuttosto che l’acquisto dei Picasso, nonostante io le avessi detto che quelle opere ci avrebbero consentito di girare il mondo. Tommaso capì che su questa decisione non c’era accordo con la mia fidanzata, quindi non volle complicare le cose, e mi disse che mi avrebbe lasciato lo stesso la cartella e se nei giorni che ci separavano dalle nozze avessimo cambiato idea gli avrei mandato i soldi, in caso contrario, al passaggio da Roma per il mio viaggio, gli avrei riportato le opere. Purtroppo andò così! Gli riportai la cartella con i Picasso.
Il motivo per il quale racconto questo episodio è che, durante il viaggio di ritorno, ancora eccitato per le meraviglie vedute al museo del Louvre, intanto che stavamo cenando in un ristorante di Firenze, guardando il telegiornale apprendemmo della morte di Picasso. Fu questa l’unica notizia triste del nostro viaggio, la perdita del grande artista spagnolo e, per non essere ipocrita, il mancato guadagno che ne sarebbe derivato dalla vendita delle opere, che ci avrebbero realmente consentito di fare il giro del mondo.