Cultura

Ho avuto la fortuna di nascere in via Carà, a due passi dalla Madrice, come diciamo noi baarioti, cioè la Chiesa principale con relativa piazza e dico questo perchè negli sessanta ( quand'ero ragazzino) tutte le attività politiche e culturali più o meno si svolgevano in piazza Madrice.

Sopratutto i comizi e le proiezioni, i concerti, i recital di poesie e canzoni di Ignazio Buttitta, di Rosa Balistreri , di Ciccio Busacca, infine ovviamente la festa di san Giuseppe aveva il suo culmine sul sagrato della Chiesa Madre cioè a chiazza! Il Partito Comunista Italiano spesso organizzava proiezioni di film in 16 mm in piazza e lì vidi per la prima volta Salvatore Giuliano di Francesco Rosi. Sarà stato durante una Festa de l'Unità,  nel 68 o nel 69 non ricordo bene ma non dimentico il silenzio che accompagnò la proiezione e il discorso che venne tenuto da un politico che parlò di Giuliano e della strage di Portella delle Ginestre.

Allora non capì molto del film e del discorso ma rimasi colpito dalle immagini potenti e dalle scene emozionanti della madre di Salvatore Giuliano che abbraccia il figlio gridando come gridavano una volta tutte le madri in lutto e la sequenza della strage di Portella...Da allora quel nome, Francesco Rosi, mi ha accompagnato in vari momenti della mia formazione cinematografica e politica: vidi quasi tutti i suoi film in bianco e nero in televisione che era pure in b/n ( I magliari, Le mani sulla città). 

C'era una volta-quello con Sofia Loren e Omar Sharif _... era a colori ma allora tutti i film in tv ce li ricordiamo in bianco e nero . Nel 1975 quando aprimmo il Circolo di cultura 'L'incontro' avrò visto Uomini contro almeno tre volte di seguito e poi nei cinematografi e nei cineclub di Bagheria tutti gli altri.

L'ultimo film, La tregua, con John Turturro che interpreta Primo Levi, l'ho inserito nel cineforum scolastico del Liceo Classico Francesco Scaduto, dove ho studiato, dove ho svolto con Peppuccio Tornatore le prime attività di cineforum, e infine dove sono tornato come insegnante.

Ora insegno anche Storia del cinema oltre alle mie discipline e la lezione del cinema civile e rigoroso di Francesco Rosi non è mai dimenticata. Il giovanissimo Peppuccio che ci insegnò l'arte della proiezione cinematografica nella cabina del circolo L'incontro e che ci spiegava con entusiasmo le ragioni culturali e stilistiche dei film di Rosi che vedevamo allora ora ha avuto sia il piacere di conversare con lui (e quindi ricostruire in un libro straordinario la ricca carriera e la vita del Maestro ) e inoltre l'onore di consegnare il Leone d'oro alla carriera nelle mani di Francesco Rosi.

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Il cinema per me, e per milioni di altre persone nel mondo è stato come un padre, come un professore, come un amico,come una finestra sul mondo e Francesco Rosi uno dei protagonisti dell'educazione politica e culturale laica e critica: ci ha insegnato che la verità e la bellezza possono andare d'accordo nell'arte cinematografica...speriamo che la sua lezione possa ancora avere spettatori attenti e partecipi come eravamo noi , giovani baarioti degli anni settanta! 

Le lezioni di cineforum tra i ricordi più belli del liceo. Quelle cose che ti fanno nascere una passione che anche dopo anni resta sempre.

Riflessione pubblicata sul profilo facebook di Mimmo Aiello

 

 

                   

Segnatevi questa data: 10/01/2015. Il motivo è molto semplice, a Bagheria, alla Galleria d’arte Contemporanea Adalberto Catanzaro, nei locali di Villa Casaurro, si inaugura la Mostra personale dell’artista Michele Cossyro, titolo della mostra: Fluttuazioni.

Il nome non so quanto dica a voi, ma ad esperti e intenditori dice moltissimo perché stiamo parlando di uno dei massimi interpreti nella scena internazionale dell'arte contemporanea. Poche note biografiche per darvi l’idea della portata e del prestigio del nome e quindi della rilevanza dell’evento. Michele Cossyro nasce a Pantelleria nel ’44; è scultore, pittore, ceramista, mosaicista. Oltre a molte e prestigiose mostre personali, l’artista può vantare esposizioni nelle principali mostre collettive mondiali a cominciare dalla Biennale di Venezia e poi: Biennale di Milano, Art Basel, Quadriennale di Roma; tanto per rimanere a quelle più importanti. Con questo curriculum alle spalle vi renderete conto che l’esposizione va visitata, se non altro, per poter dire: io c’ero. Non è roba di tutti i giorni vedere un artista di questa portata passare da Bagheria.

Sarà l’occasione per immergersi in una sorta di altra dimensione, guardando, per esempio, attraverso i buchi neri per poter osservare con stupore e senso del rapimento l’interspazio. Perché gli elementi fondanti, di questa mostra, come fossero poli d’attrazione, sono sicuramente due, il primo è la materia scomposta nella dimensione più elementare, vista nel suo microcosmo, quasi nel suo intimo, molecole, atomi, particelle, quark, sino ad arrivare alle stringhe, per scoprire quale meraviglia alberga nell’infinitamente piccolo; il secondo ci proietta a distanze siderali, tra stelle, galassie, sino all’interspazio, oltre l’infinito, in un viaggio che ci porta dritto dritto nell’infinitamente grande. E non a caso uso il termine “oltre”, perché è la rappresentazione dei buchi neri a caratterizzare la mostra, un vortice che ti risucchia e ti proietta in dimensioni dove con il solo supporto della razionalità e della scienza non puoi arrivare. E questo è l’aspetto più importante dell’esposizione, spiega e ci rappresenta, mostrandoceli, concetti che noi comuni mortali con il linguaggio della scienza non potremmo comprendere fino in fondo o comunque potremmo averne solo una rappresentazione vaga.

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Con le opere del Maestro Michele Cossyro ne afferriamo l’essenza. In verità, c’è un trait d’union che fa da filo conduttore, una sorta di liquido amniotico universale: il “Mediterraneo”. Lo troviamo nell’esplosione dei colori, nelle forme, nei materiali, nella pietra lavica, si avverte subito dove affondano le radici dell’artista di Pantelleria. È come se gli elementi, la materia, gli spazi interstellari, le galassie, fluttuassero dentro questo mare/universo che dentro non ha solo l’azzurro delle sue acque, ma ogni colore delle terre mediterranee. Io ho avuto la possibilità di visitare la mostra in anteprima, anche se non era ancora allestita nella sua completezza, e nel mio non essere critico d’arte, ma persona comune che entra in contatto con l’arte, posso farvi un’anticipazione e dirvi che l’opera “Deriva” mi ha rapito, ci ho trovato il mistero, il viaggio, il futuro. Ora, permettetemi di spendere due parole su chi ha portato Michele Cossyro a Bagheria; Adalberto Catanzaro, e la buona notizia non è solo che è bagherese, ma che ha ventidue anni. Non spenderò troppe parole su di lui perché so che non gli farebbe piacere, ma una cosa la voglio dire, non è facile incontrare un ragazzo della sua età che mette la stessa passione, meticolosità, attenzione, creatività nel suo lavoro. Non so quanti galleristi di ventidue anni ci siano al mondo. Conosci Adalberto e ti viene spontaneo avere fiducia nel futuro.

Tornando alla mostra, c’è più di un motivo per visitarla, a cominciare dalla Villa Casaurro che l’accoglie e che sin dall’ingresso è una sorta di sintesi della dualità della nostra terra, quello che siamo e quello che potremmo essere. La cura e l’incuria.

La mostra resterà aperta sino al 15 febbraio ed è visitabile dalle ore 16,30 alle 20. Ci vediamo sabato, allora; perderla sarebbe un delitto, presenziare, invece, una maniera per dimostrare che Bagheria non è insensibile alla bellezza e anche un modo per testimoniare che la battaglia sul Museo Guttuso non è stato un feticcio o un pretesto per dividersi, ma era animata da una reale passione per la bellezza e per l’arte. Non mi resta, quindi, che augurare buona mostra a tutti.

Giusi Buttitta


 

Con questo articolo il dottore Giancarlo Giammarresi  inizia la collaborazione con il nostro giornale.

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Le feste sono finite, alcuni hanno lavorato, altri hanno approfittato per trascorrere del tempo con la famiglia, per altri le feste significano riposo dal lavoro e relax assoluto, ma indubbiamente tutti abbiamo mangiato e anche tanto.

Per noi siciliani (e non solo) le festività natalizie sono un periodo critico per ciò che riguarda il cibo. Le mamme cucinano ogni ben di Dio, spesso utilizzando tanti grassi, molte fritture, e soprattutto si mangiano tantissimi dolci. Qui entra in gioco la nostra sicilianità, cassate cannoli soprattutto e poi il panettone, per molti il pandoro, ma esistono numerose varianti, al pistacchio, al cioccolato, alle mandorle, con gelato o farciti con altri ingredienti improponibili.

Alla fine di tutte le abbuffate però si paga il conto, ci si sente appesantiti, e ci si arma di buoni propositi per cominciare, con il nuovo anno, l’ennesima dieta. Si pensa allora a diete disintossicanti, senza pasta nè pane, solo di frutta o di verdura, si cerca quindi di rimettere in ordine un organismo che di ordine non ne ha (e fin qui niente da ridire!) ma si ha la pretesa di farlo con una settimana di digiuno.

Tutti i giorni mi batto con i pazienti in studio per far capire loro che queste pseudodiete fatte di digiuno sono inutili, che così come si è stressato l’organismo con tutto quel cibo, ugualmente si continua a stressarlo con una dieta priva di cibo e soprattutto priva della giusta quantità di macro e micro nutrienti.

Cosa mangiare allora? Come fare a disintossicare l’organismo da tutti quei grassi e tutti quegli zuccheri?

Non tutti sanno che il nostro tessuto adiposo ha anche una funzione molto importante, che è quella di proteggere l’organismo dalle tossine in eccesso. Alcol, conservanti e coloranti alimentari, pesticidi nella frutta e nella verdura e vari composti artificiali, sono i principali responsabili dell’intossicamento generale del nostro organismo.

Ma più tossine incameriamo e più il nostro corpo, per difendersi, accumula grasso; ecco spiegato perché, se si mangia male, si ingrassa anche se magari si mangia poco!

Per questo motivo è utile, nella prima settimana, consumare principalmente alimenti ricchi di antiossidanti come frutta e verdura (spinaci, mirtilli, succo di arancia, kiwi), limitando al massimo l'apporto di grassi saturi e riducendo l'apporto proteico. Inoltre in questo giorno è utile evitare l'attività fisica intensa e concedersi un rilassante bagno turco o una piacevole sauna.

Stimolando la sudorazione, infatti sauna e bagno turco favoriscono lo smaltimento delle tossine corporee. L'unico accorgimento da adottare a tal proposito è quello di reintegrare immediatamente i liquidi persi bevendo acqua in abbondanza.

Per chi volesse cimentarsi in una attività fisica, il consiglio è quello di dedicarsi ad attività aerobiche, corsa, bicicletta o nuoto, e di farlo in modo soft, per circa 30-40 minuti, 2-3 volte alla settimana.

Per individuare l'intensità ottimale occorre semplicemente provare a parlare durante l'esercizio. Se si fatica a parlare e compaiono sintomi di affanno significa che il ritmo è troppo sostenuto ed occorre diminuirlo. Se si riesce a parlare tranquillamente e non avvertiamo il minimo segno di fatica, è opportuno aumentare leggermente l'intensità fino alla comparsa dei primi sintomi di fatica moderata.

E' utile associare a queste attività qualche esercizio di stretching generale da eseguire al termine dell’allenamento.

Dott. Giancarlo Giammarresi, nutrizionista



 

 Un incidente in Corte D’Assise

Il processo ha inizio il 29 aprile 1886, terminerà il 14 maggio successivo quando saranno pronunciati il verdetto e le condanne. Abbiamo notizie delle singole udienze, sia attraverso la cronaca che ne fece il Giornale di Sicilia dell’epoca, sia per i resoconti, quasi quotidiani, che la questura inviava al prefetto. Questi ultimi non sono particolarmente ricchi di informazioni, essendo soprattutto interessati ad attestare il normale svolgersi del processo e l’eventuale verificarsi di incidenti. Uno di questi resoconti , per esempio, è descritto nel giorno della prima udienza: “La S.V.Illma è già informata che oggi, innanzi questa Corte di Assise Straordinaria, è cominciato il dibattimento del grosso processo di Bagheria che mette capo al mancato assassinio del Sindaco Cav. Scordato. Questi…all’una ½ pom. circa di oggi era fermo nella 1° sala…quando è stato fatto segno a gratuite provocazioni ed ingiurie. …si sono trovati a passare là vicino i fratelli Fricano, Michele, Rosario e Giuseppe di Bagheria, quest’ultimo sottotenente medico di complemento ora in servizio presso il 10° Reggto fanteria qui stanziato. … e di fatto il Michele si diè ad ingiuriare lo Scordato qualificandolo assassino, ladro e birro della questura, mentre il militare Giuseppe, portando la mano all’impugnatura della sciabola in contegno minaccioso verso Nicolò Scordato, figlio del sindaco, si dava ad affermare pubblicamente che questi avesse a bella posta simulato l’aggressione contro di sé nello intento di provocare il processo che ora si dibatte”. ( 1 )

Ritornano nel comportamento e nelle parole dei Fricano, ch’erano del partito contrario al sindaco, le accuse diffuse subito dopo l’eccidio. Ma, dopo di questo, non ci saranno più altri incidenti se non, come vedremo, alla fine del processo.

In gabbia tredici imputati

 Il primo articolo che il Giornale di Sicilia dedica al processo è del 30 aprile, cioè del giorno successivo al suo inizio. Vi si legge: “ L’udienza comincia alle 10.30, sono tutti a posto i tredici imputati, nella loro gabbia. Eccone i nomi: Nicolò Todaro d’anni 40; Ciro Belvedere d’anni 28; Giovanni Mineo d’anni 42; Pietro Greco d’anni 34; Mariano Gattuso d’anni 27; Giuseppe Enea d’anni 39; Giuseppe Giangrasso d’anni 43; Paolo Ragusa d’anni 30; Giuseppe Scaduto d’anni 54; Giuseppe D’Amaro d’anni 40; Alberto Ajello d’anni 39; Antonio Ticali d’anni 26; Salvatore Ticali d’anni 43. …Si dà lettura dell’atto d’accusa…Termina accusando Todaro e Belvedere come esecutori materiali, Mineo, Greco, Gattuso, Enea, Giangrasso, Ragusa come mandanti, Scaduto, D’Amaro, Aiello e i due Ticali come complici”.

Il complice zappava al manicomio

Nell’elenco compare per la prima volta il nome di Giuseppe D’amaro accusato d’essere complice. Perché? Il Sostituto Procuratore Generale Cav. Marsilio, durante la sua requisitoria, dirà: “…L’assassinio fu premeditato contro il sindaco cav. Scordato-e che il dire che esso venne tentato contro il Galeoto-è un pretesto. Questo si combinò tra i compagni dopo l’eccidio, per isviare le ricerche della giustizia”. ( 2 )
Ebbene, secondo l’accusa, la riunione durante la quale fu deciso di ingarbugliare la matassa, facendo sospettare che l’attentato fosse rivolto contro l’assessore si tenne a casa del D’Amaro. Che una riunione ci fosse stata, era venuto fuori da una confidenza tra galeotti: sarebbe stato infatti Antonio Ticali, uno dei complici dell’eccidio della fiaccolata, a parlarne a tale Calcedonio Cirafici in galera per assassinio. Quest’ultimo avrebbe poi passato la notizia all’autorità. Il Cirafici disse che il giorno della riunione era stato il 14 maggio cioè l’ultimo giorno della festa di San Giuseppe. Vediamo se i conti tornano.

Nicolò Todaro, il killer arrestato per primo, venne interrogato il 22 maggio. Già in quella occasione dunque avrebbe potuto raccontare la sua versione dei fatti. Allora però preferì negare ogni cosa. Durante l’interrogatorio successivo, non creduta la sua innocenza , raccontò la verità confezionata il 14 maggio. Ma davvero ci fu quella riunione in casa D’Amaro? A quest’ultimo forniranno un àlibi ben tre testimoni. “Guarino Giuseppe, di anni 40, impiegato al manicomio della Vignicella e Davì Baldassare giardiniere nel detto manicomio lo videro lavorare nel giardino l'ultimo giorno della festa di San Giuseppe, nel mese di maggio. …Toia Tommaso, carrettiere di Bagheria, vide Giuseppe D’Amaro lavorare sempre alla Vignicella nel mese di maggio per la festa di San Giuseppe e gli propose di andare insieme a Bagheria a godersi la festa, ma il D’Amaro rifiutossi”. ( 3 )

E, all’udienza dell’11 maggio, la nona, non troviamo l’avvocato Marinuzzi che difende Alberto Ajello, accusato anche lui di complicità, perché la riunione cui il D’Amaro ora si dice abbia semplicemente partecipato, si è svolta invece nella sua abitazione? Dimostrerà che “questa pretesa riunione è come quella delle streghe alla Noce di Benevento” ( 4 ), ovvero solo una leggenda. Il D’Amaro, comunque, non c’entrava nulla. A domanda del presidente della Corte risponde che, per andare a Bagheria, avrebbe dovuto chiedere ( ma non lo ha fatto ) il permesso della Direzione del Manicomio e l’avvocato Zummo, ch’era il suo difensore, dirà che il D’Amaro non aveva più casa a Bagheria da quando s’era trasferito, per lavoro, e già dal mese di aprile, al manicomio di Palermo; là vi starà almeno fino al mese di giugno. Giuseppe D’Amaro, alla fine del dibattimento, figurerà tra gli assolti.

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Le sevizie della questura

Anche Antonino Ticali, imputato come complice, avrà l’assoluzione. Particolarmente interessante appare il resoconto dell’interrogatorio affrontato in aula. “Dice che non può parlare forte, perché allora si risente dei tormenti subiti in questura. –Si-egli dice-alla questura dovrebbe darsi questo nome: macello di carne umana ( ilarità ). Non sapeva e non sa che esistesse alcuna associazione di malfattori a Bagheria.

Questo egli disse in questura. Ma invece là volevano costringerlo ad accusare gli altri e ad affermare cose non vere o che almeno egli non sapeva. Afferma che disse alla fine quanto volevano loro in seguito ai martirii di cui fu vittima. Ma non vi ha nulla di vero. …Il Ticali narra del fatto della fiaccolata a cui assistette da semplice spettatore come tutta la cittadinanza di Bagheria. E’ innocente di tutto e non comprende come il Gattuso lo abbia con infamia calunniato, lui un povero padre di otto figli. Dopo un battibecco tra Gattuso e Ticali, nel quale quest’ultimo dice al Gattuso che le di lui sorelle hanno cento mariti, il Ticali siede”. ( 5 )

Bocca cucita

E anche Alberto Ajello, capomafia e complice, curatolo del principe Lanza Tedeschi, sarà assolto. Dal dialogo col presidente della Corte riportiamo:
“Pres. Fate parte dell’associazione segreta dei Fratuzzi?
Imp. Si, ma non posso parlare.
Pres. Ma perché? Vi lega forse qualche giuramento segreto?
Imp. Non posso dire nulla”. ( 6 )

Narduzza e il capo mafia

Anche Giuseppe Scaduto verrà assolto e l’unico ad essere condannato, tra quelli giudicati come complici, sarà Salvatore Ticali “dichiarato complice non necessario senza l’aggravamento dello agguato e della premeditazione e col beneficio delle attenuanti”. ( 7 ) Con tutto questo, tuttavia, avrà 10 anni di reclusione.

Non fu difficile per la difesa di Giovanni Mineo, indicato come capo mafia e organizzatore dell’attentato per fare un piacere a don Pietro Greco, ottenerne l’assoluzione. Egli poteva vantare un buon rapporto con il sindaco e aveva un alibi confermato da diversi testimoni. Verrà interrogato già durante la seconda udienza, il 30 aprile 1883. Dirà di essere molto riconoscente nei confronti del sindaco che, abitando a lui di fronte, “corse ad aiutarlo una sera che si incendiò la sua casa e salvò lui e la sua famiglia”. Parlerà “ anche del favore fattogli dal Sindaco nel fargli avere i mandati di restituzione dei denari delle tre rate pagate da lui indebitamente per la figlia ricoverata nel collegio Giusino”. ( 8 )

Ma come, il sindaco da buon vicino lo soccorre e gli mantiene a spese del Comune una figlia in collegio, e il Mineo organizza contro di lui un attentato? Il sindaco, peraltro, interrogato dopo qualche giorno, durante l’ udienza successiva del cinque maggio ( la quinta ), confermerà le due circostanze dichiarando, inoltre, “di non avere mai avuto nemici personali” ( 9 ) E l’alibi del Mineo? “Un tale Cerniglia afferma che il Mineo una, o 2 ore prima della fiaccolata recossi da lui per pagargli lire 40”. ( 10 ) Il resto della giornata poi lo aveva passato, e ne aveva i testimoni, “in giro per affari riguardanti il matrimonio di Michele Mineo con certa Narduzza”. ( 11 )

Come erano andate le cose e chi era questa ragazza? Giovanni Mineo “due giorni prima del fatto della fiaccolata, lavorava nella proprietà del marchese di S. Isidoro-quando venne Michele Mineo e lo pregò di raccomandarlo pel suo matrimonio con Narduzza. La mattina del fatto, dopo aver parlato col padre della ragazza…ma sul tardi si rifece in paese per riparlare del matrimonio che gli avevano amichevolmente raccomandato. Narra del va e vieni da lui fatto tutta la sera per l’affare del matrimonio…e soggiunge che soltanto l’indomani seppe delle fucilate . …L’imputato ripete che non sa altro, che è innocente come la bedda Madre Addolorata”. ( 12 )

Quanto detto dall’imputato verrà confermato dal padre della ragazza, Onofrio Sciortino, di anni 59, castaldo di Bagheria e da Caterina Sciortino, di anni 28, di lei sorella. Sappiamo ora chi è Narduzza, e il pretendente, quel Michele Mineo, è forse un parente di Giovanni? Sta di fatto che quest’ultimo, andando in giro a sistemare matrimoni, pare un personaggio da commedia martogliana; Doveva comunque essere uomo di qualche spessore o ambizione se teneva la figlia, anche se a spese del Comune, e probabilmente per la sua vicinanza ( attraverso il marchese di S. Isidoro ) alla nobiltà, in un collegio prestigioso . ( 13 ) Di lui sappiamo inoltre quello che dichiarò il capoguardiano delle Carceri di Palermo e cioè che “Mineo diede segni di pazzia nelle grandi prigioni, gli fu messa la camicia di forza e si calmò”. ( 14 )

Note.

1. ASP, Gabinetto prefettura, Busta 100, Fascicolo 116, 1887, lettera del Questore al Prefetto del 29 aprile 1886.
2.Giornale di Sicilia, 12 maggio 1886.
3.Giornale di Sicilia, 9 maggio 1886.
4.Giornale di Sicilia, 13 maggio 1886.
5.Giornale di Sicilia, 2 maggio 1886.
6.Ivi.

7.Giornale di Sicilia, 15 maggio 1886.
8.Giornale di Sicilia, 1 maggio 1886.
9.Giornale di Sicilia, 7 maggio 1886.
10.ASP,Gabinetto prefettura, cit., lettera del Questore al Prefetto del 6 maggio 1886.
11.Ivi, lettera del Questore al Prefetto del 30 aprile 1886.
12.Giornale di Sicilia, 1 maggio 1886.
13.Una delle scuole più esclusive era diventato quel convitto femminile “Maria Giusino” ch’era stato fondato dalla signora Giuseppa Tetamo Giusino nel 1808 e che, dopo successive trasfomazioni divenne verso la fine del secolo XIX, la scuola di tante nobili e ricche donzelle del capoluogo dell’isola. Cfr.S.A. Costa, La scuola e la grande scala, Sellerio editore Palermo, 1990, p. 723.
14.ASP,Gabinetto prefettura, cit., lettera del Questore al Prefetto del 6 maggio 1886.

Continua…

Gennaio 2015 Biagio Napoli

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