Una cittadina a loro uso e consumo, finalmente all'altezza dei loro bisogni. S'era capito subito che ormai non c'era più bisogno di temere, che era possibile circolare liberamente, che la tanto agognata libertà era vicina.
E così qualcuno aveva cominciato ad uscire serenamente allo scoperto, a rallentare il passo, a guardarsi attorno con più tranquillità.
Perché mai, infatti, così tanta ricchezza a portata di muso? Laute montagne di prelibatezze sulle strade per giorni, come mai s'era visto, il profumo che entrava nelle loro case costringendoli all'aperto. Fuori: il paese dei sogni.
La pax era stata raggiunta. Era arrivata l'ora della coesistenza pacifica. Lo aveva detto chiaramente il capo: il più grosso di tutti, il più coraggioso, lo Spartacus baharioto:"Compagni, la cittadina di Bagheria è capitolata. Niente più raccolta rifiuti, derattizzazioni, igiene stradale, pulizia dei cassonetti. La città è nostra!".
Compare Alfio e Nitto u chiattuni, sul corso Butera, avevano tastato il campo. Tornando alla base avevano riferito che sì, era vero: si poteva circolare liberamente, al massimo qualche fimmina, che si avvedeva di loro, saltava sui tacchi di lato ma non più di questo.
Infatti i due compari, quatti quatti, avevano passeggiato tranquillamente sul marciapiede destro, lato negozi, dall'incrocio di via Dante fino a piazza Matrice, dove avevano svoltato a destra.
"Chi paci, chi tranquillità, chi ciavuru, cumpà!- diceva beato Nitto ad Alfio- non mi pari veru, chi bella fitinzia!".
Anche Carru u panza liscia, il loro amico grosso quanto un gatto e che di solito, per questo, preferiva le ore notturne, aveva deciso di fare una passeggiata pomeridiana per il corso Umberto, assolato e solitario, senza quei micidiali, enormi carrozzoni a quattro ruote.
E anche lui, alla vista delle commesse che si affrettavano a chiudere le porte dei negozi e dei bambini che additandolo dicevano alla mamma: "Guarda c'è Ratatouille!", si beava camminando con passo cadenzato, guardandosi attorno tutto contento e dicendo tra se: "Chistu è u Pararisu!".
Una sera Spartacus li chiamò a raccolta dalle parti di via Mattarella: aveva avuto un'idea e voleva parteciparla alla popolazione bahariota. "Compagni- disse- dobbiamo riunirci, la notizia ormai s'è diffusa e stanno arrivando gli amici dai paesi più sfortunati dove ancora permangono quelle barbare misure che non ci consentono di vivere in agiatezza. Finalmente Bagheria da cittadina delle ville potrà trasformarsi in cittadina dei topi: la Toponville sicula più amata, popolata e rinomata".
I compagni applaudirono soddisfatti. "Ma c'è un'altra cosa- aggiunse Spartacus con aria solenne- Diamo a Gigio quel che è di Gigio: noi non abbiamo fatto che il nostro dovere, il merito di tutto questo è di quei politici siciliani e amministratori che, grazie a misure speciali, Coinres, appalti e cose loro, hanno consentito questa meraviglia che abbiamo sotto gli occhi e di cui ringraziano anche i nostri amici scarafaggi e insetti di varia specie. E' dunque cosa buona e giusta che noi facciamo loro un regalo speciale innalzando una bella statua di munnizza dalle parti di via papa Giovanni a misura d'uomo e anche più!".
Applausi a discarica aperta.
Nel frattempo alcuni compagni madoniti si erano uniti alla folla narrando della malavita fatta fino a quel momento e portando notizie di coloro che sarebbero sopraggiunti da quei paesi puliti, retrogradi e incivili.
I più abili nella scultura si fecero avanti e lavorarono incessantemente tutta la notte. L'indomani mattina- un cielo estivo, terso e ancora striato di rosso- Carru u panza liscia, passando da quelle parti, non poté trattenere una lacrima di commozione che si perse tra il folto dei suoi baffi: nei pressi dei Gesuiti una grossa statua votiva si ergeva per una altezza di circa due metri raffigurante un politico pingue, giacca e cravatta, con un grosso topo scuro, baffo lungo, coda nutrita: insomma il classico topo baharioto, sulla spalla.
Tutt'attorno un girotondo topesco, un rondò baharioto, un carnevale. A sancire la Santa Alleanza e ad imperitura memoria.