La parola alla vittima- di Gabriella Filippone

La parola alla vittima- di Gabriella Filippone

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Ebbene sì, pare proprio che sia venuto il tempo di prendere la parola, quantomeno per dare una voce ed un volto a quella povera disgraziata di Dirigente Scolastico che, dopo 14 anni di onorato servizio

in quello Strassendorf, meglio conosciuto come Ficarazzi, ridente paesino della costa settentrionale sicula, si ritrova ancora una volta a sentire “l’amaro sapore della polvere in bocca” , nel senso non metaforico del termine...
Nel mio lavoro, come nella vita, ho sempre privilegiato il fare al dire, le azioni concrete alle parole declamate.

Pur consapevole del potere della parola detta e scritta, ho preferito sempre concentrarmi sulla ricerca fattiva di soluzioni ai mille problemi del “nostro fare scuola quotidiano”. Cercando semplicemente di fare il mio dovere, pensando che bastasse.
Invece no.

In questa Italia sconquassata non basta più fare semplicemente il proprio dovere, ma BISOGNA DIFENDERE QUOTIDIANAMENTE IL PROPRIO DIRITTO/DOVERE DI FARE IL PROPRIO DOVERE.

Ma andiamo con ordine... visto che il mis-fatto è accaduto, mi provo adesso a guardarlo con il distacco dovuto, per trarre spunto da questa ennesima esperienza di prevaricazione, vissuta attraverso le storie altrui e magari anche sulla pelle (ancora nel senso non metaforico del termine...), per intrecciare le fila di una serie di riflessioni maturate in questi tempi difficili, sul filo rosso della crescente fatica nel portare avanti il nostro lavoro in trincea.
Proverò a riflettere partendo dal Microcontesto-Scuola, attraversando il Macrocontesto-Istituzioni per esplorare e tentare di capire gli aspetti più inquietanti della deriva sociale di sui siamo attori inconsapevoli (?) a livello Globale.
E poichè il mis-fatto è solo l’occasione che il destino mi ha offerto per prendere la parola, non potrò certamente fare a meno di supportare il puzzle aggrovigliato delle mie idee con un dovuto rimando ad autori che riflettono da tempo su come va il mondo e che accompagnano il mio cammino, mentre ,cercando risposte, continuo a formularmi domande...

1) DAL  MICRO... LE  DOMANDE  ALLA  SCUOLA  E  LE  SUE  RISPOSTE  SCOMODE

Malgrado gli evidenti tentativi di depauperizzazione della Scuola Pubblica, perpetrati ope legis in questi tempi recenti, la Scuola Pubblica si trova a dovere trovare risposte e soluzioni ad una richiesta crescente di “prestazioni e servizi” che vanno ben al di là di tutto ciò che è relativo all’azione educativa e formativa e che in realtà si configurano come interventi di natura “specialistica” inerente la riabilitazione psicosociale e relazionale.
A puro titolo esemplificativo (e anche perchè siamo consapevoli dell’opportunità di fare delle scelte coraggiose) mi permetto di citare alcuni tra i “servizi” che negli anni sono stati inseriti nel Piano dell’Offerta Formativa della Scuola che dirigo:

-asse alunni : laboratori di psicomotricità, musicoterapia, arteterapia,logopedia...
-asse genitori:gruppi di discussione, orientamento, counseling, terapia familiare...
-asse territorio:servizio di ludobibliovideoteca,progettazione e attivazione di interventi su e per il territorio,Associazione Cooperativa Scolastica, editing di prodotti culturali...

Si tratta in prima istanza di farsi carico di questa domanda pressante, ma altrettanto inconsapevole, che “leggiamo” nell’evidenza macroscopica dei problemi che dobbiamo necessariamente affrontare chiedendoci innanzitutto PERCHE’...

Perchè quell’alunna improvvisamente è diventata apatica e triste?
Perchè quell’altro è aggressivo?
Perchè quegli alunni non vengono a scuola?
Perchè un’alunno non apprende e non riesce a memorizzare nulla?

Spesso o quasi sempre le risposte si trovano in famiglia...

Forse perchè i genitori si sono separati da poco...
Forse perchè a casa si usa violenza...
Forse perchè tizio è agli arresti domiciliari...
Forse perchè c’è una storia di abuso alle spalle...

A questo punto la Scuola Pubblica che si chiede il perchè e cerca risposta per trovare soluzioni, viene percepita come “impicciona e invadente”:

- perchè lo sguardo della Scuola vede realtà familiari e sociali problematiche,spesso vissute in solitudine da madri silenti e padri assenti o viceversa...
- perchè non sempre in famiglia si ha la volontà di riconoscere che c’è un problema da affrontare con coraggio e senza vergogna...
- perchè molto spesso non si ha la forza nè di chiedere aiuto, nè di accetare l’aiuto che la Scuola ti offre...
- perchè il tipo di aiuto e di supporto che la Scuola rigorosamente offre alle famiglie impone agli adulti di ragionare e agire da adulti applicando a se stessi, in quanto adulti e genitori, quell’etica della responsabiltà che pare ormai non obbligatoria per il mondo adulto, perchè troppo faticosa...

E ancor di più, questa Scuola rigorosa e critica appare sempre più spesso “scomoda” anche per il decisore politico di turno:

-perchè è deputata ancora (?!) a sviluppare negli alunni il rispetto delle regole...che quotidianamente vengono modificate, adattate, mortificate o eluse...da chi le fa;
  - perchè è deputata a sviluppare negli alunni il senso di responsabilità che quotidianamente viene calpestato e ridicolizzato;
  - perchè è deputata a sviluppare negli alunni il pensiero critico nei confronti di una realtà sociale sempre più omologata alla subcultura di massa (...e di governo) del “tutto e subito”;
  - perchè è deputata a sviluppare negli alunni la capacità di riconoscere i problemi e condividere soluzioni dentro ad una realtà in cui o si fa finta che i problemi veri non esistano per non cercare soluzioni adeguate o si creano problemi inesistenti per “inventarsi soluzioni” originali e confezionate all’uopo;
  - perchè è deputata a sviluppare negli alunni il senso di appartenenza alla comunità civile che quotidianamente viene disgregata attraverso il tam tam mediatico e politico di un dilagante individualismo che vede nell’altro solo “il nemico da abbattere”, l’antagonista su cui prevalere...

Homo Homini Lupus? Peggio, molto peggio dei poveri lupi che almeno sono leali nei confronti del proprio branco!

La Scuola Pubblica diventa così drammaticamente e ironicamente scomoda per se stessa, perchè non fa mai contento il cliente-che-ha-sempre-ragione, la famiglia, che secondo la squallida logica di mercato, non solo ha la libertà di scegliere il “prodotto educativo” che più le piace, compreso il tempo-scuola che le torna più comodo,ma ha anche la facoltà di decidere e di capire se il figlio di 5 anni è “pronto” per andare in prima elementare ...
E diventa ancor più scomoda per la sua stessa sopravvivenza come Istituzione perchè non riesce a rispondere pienamente a ciò che ci si aspetta da Lei secondo gli ottusi parametri liberisti-consumistici di Scuola-Azienda che Le impongono di esser capace di coniugare efficacia/efficienza/economicità nell’affrontare i mille problemi derivanti  dal taglio macroscopico delle risorse finanziarie e professionali...

....E viena presa a mazzate.

2) .... AL  MACRO - LA DELEGGITTIMAZIONE  DELLE  ISTITUZIONI  E  LA CRISI DELLA POLITICA  E LA DEMOCRAZIA

Non parliamo soltanto di scuola pubblica fallita e incapace, sanità inadeguata e inadempiente, giustizia lenta e politicizzata...

Parliamo piuttosto di che cosa “significa” ancora la parola ISTITUZIONE PUBBLICA  e ancor di più, come si usava dire un tempo ormai scomparso, “essere un uomo delle Istituzioni”.

Voglio testardamente pensare che essere un dipendente dello Stato, essere un uomo delle Istituzioni, significhi ancora essere assolutamente integerrimo e zelante, ma soprattutto mai disposto a scendere a compromessi di alcun genere.

Pare invece che si voglia sempre di più dipingere le persone che lavorano nelle istituzioni con discreditanti attribuzioni generalizzate quali l’essere fannulloni, incapaci, assenteisti o ancor peggio “politicamente scorretti”...
Ma cerchiamo di volare alto e di non lasciarci ingabbiare dalle spire del politichese.

Da molto tempo ho tra le mani un libretto giallo dal titolo “Educazione e politica” in cui il suo autore, Piero Bertolini, lancia una sfida fortissima al mondo della cultura, per superare la crisi attuale della Politica che è crisi dell’Educazione, che è crisi della Democrazia.

Dice Bertolini che il mondo dell’educazione e della cultura hanno una grande responsabilità riguardo al dilagare di una “dominante superficialità, genericità e mancanza di conoscenza” che costituisce per moltissimi cittadini una scusa per “delegare senza convinzione a chi si propone come un possibile esperto della politica e quindi della gestione della cosa pubblica” e che per altri cittadini invece rappresenta “ un motivo sufficiente per impadronirsi della politica, quasi sempre allo scopo di trasformarla in territorio di conquista personale”.

D’altra parte assistiamo inermi ad un allargamento sconsiderato del potere economico, fino al punto di sostituirsi al potere più propriamente politico generando una sorta di rovesciamento del loro rapporto, sicchè “la politica, invece di costituire una forza di orientamento per le scelte economiche, è diventata una specie di longa manus del potere economico”(Bertolini,pag.12).
“Il capitalismo del consumo ha avuto un forte impatto sulla natura delle nostre democrazie” (aggiunge Paul Ginsborg nel saggio “La democrazia che non c’è”): la celebrazione dei modelli improntati al ‘lavora e spendi’ hanno reso le nostre società ricche in termini di confort ma povere in termini di interesse per la Politica e di disponibilità a spendersi per il bene comune (...) generando forme di ‘politica mediatica’ da vedere più che da vivere”(pag.39).

Questa evidente e dilagante crisi della Politica, produce una ben più nefasta crisi della Democrazia configurata nel progressivo indebolimento delle Istituzioni e dello Stato, di fronte all’evidente rafforzarsi di tutte quelle forme parallele di anti-stato che si nutrono della debolezza delle istituzioni succhiando linfa vitale alle radici sane delle regole della Democrazia.
Il rischio più inquietante è quello di ritrovarci all’improvviso (...o lo siamo già da tempo?) all’interno di un “sistema democratico apparente in cui, se le regole democratiche sono ‘da’ decidere sempre di nuovo, chi, in un determinato momento storico, è in grado di esercitare un vero e proprio potere, se le potrebbe scegliere, nel corso dell’esercizio del suo potere”(così continua Bertolini nel 2003 a pag.41) ...legittimato e autorizzato da un voto elettorale improntato al qualunquismo o al clientelismo e dal “Grande Silenzio”, definito da Asor Rosa come “vuoto del pensiero critico, travolto e neutralizzato dal chiacchiericcio della civiltà massmediatica (Il ”Grande Silenzio Intervista sugli intellettuali, pg.6).
La verità è che, per superare questa crisi ormai endemica, verrebbe richiesto un “ grosso impegno di carattere sia etico sia pedagogico, nella consapevolezza che è proprio in uno scambio reciproco tra queste tre istanze dell’esistere dell’uomo- l’istanza Politica, quella Etica e quella Pedagogica- che può consistere la positività di ogni autentica scelta Politica” (Bertolini, pag.51)

E queste, purtroppo, non sono cose di questo nostro miserrimo mondo!

Tanto che le Istituzioni delegittimate e la Democrazia vulnerabile possono essere prese a mazzate sotto lo sguardo indifferente della folla informe.

3) ...Al  GLOBALE.  PAURA  E  RESPONSABILITA'  NELL' ETA' GLOBALE

E ritorniamo allo sguardo indifferente dello spettatore di fronte al ”Naufragio” di Blumenberg che, non a caso,ritrovo tra le pagine del saggio di Elena Pulcini “La cura del mondo. Paura e responsabilità nell’età globale”.
Pare proprio infatti che questo sguardo indifferente sia alla radice di molti disastri del nostro mondo globalizzato.

Un mondo che viene decriptato non più come un “Clash of Civilizations” ma come un “Clash of Emotions” in un recentissimo nuovo tentativo di mappatura del pianeta, proposto da uno dei più originali studiosi di geopolitica del nostro tempo, Dominique Moisi, nel suo saggio “Geopolitica delle emozioni”.
Dall’intreccio tra le tesi di Moisi e quelle della Pulcini verrebbe fuori un quadro sconfortante in cui le emozioni (e non l’Intelligenza emotiva e sociale di Goleman...e neppure la Razionalità limitata dei teorici della complessità), sono responsabili della deriva sociale globale e degli scontri non più tra civiltà, ma tra “aree omogenee di culture diffuse e interpretative dei comportamenti collettivi”.

Da un lato Moisi divide la storia e la mappa del nostro tempo in tre aree omogenee di emozioni:l’emozione e la cultura dell’umiliazione per i popoli dell’Islam; l’emozione e la cultura della speranza per i popoli dell’Asia e infine per noi americani ed europei, l’emozione e la cultura della paura, ora che abbiamo smarrito l’energia e la forza che ci fecero padroni del pianeta e scivoliamo dentro una crisi di identità che ci fa temere l’invasione dell’Altro.(La Stampa del 21/02/10, “Tu chiamale emozioni. E’ qui lo scontro globale” di Mimmo Candito).

Dall’altro la Pulcini ci dipinge “un Io globale, che privato della possibilità di un porto sicuro nel quale sentirsi al riparo dai pericoli del mondo, si ritrae nell’unico spazio apparentemete in grado di proteggerlo: vale a dire nello spazio tutto interiore di un’indifferenza emotiva, di un’anestesia delle emozioni,generata da ben più sofisticati meccanismi di difesa” (Pulcini,pag.171)
E questo il sintomo di una dilagante nuova forma di alienazione che invade l’intero rapporto dell’individuo con la realtà e che si manifesta in una “generale tendenza all’apatia e all’inerzia, prodotta da una società spettacolare che, svuotando la realtà dei suoi contenuti, priva gli individui del pathos e dell’azione” (ibidem,pag.175)

E come se non bastasse, parallelamente, si sviluppa un’altra ben più pericolosa “metamorfosi della paura” in età globale: un’esasperata strategia di “difesa dall’altro” generata dal desiderio incoffessato di “essere secondo l’altro” che alimenta una inevitabile rivalità tra gli uomini.
Incomprensibilmente i valori e i diritti di democrazia e di uguaglianza , sembrano trasfigurare le forme “positive” della competizione e della concorrenza in forme degenerate e amplificate di una violenta e ineludibile conflittualità “nella quale ogni pur minima differenza diventa risentimento, invidia, odio e quindi scontro, violenza.”(ibidem,pag.176)

Come fare dunque a trasformare le “mazzate” in qualcosa di buono?

Strano a dirsi, ma solo il recupero di un “nesso forte tra paura e responsabilità” può portarci a ritrovare, forse, un pò di speranza.

Farsi carico delle proprie azioni, non soltanto rispondere di qualcosa, come resa dei conti apocalittica, ma come sana e propositiva “determinazione del da-farsi rispetto al quale io mi sento responsabile”(ibidem,pag.224)
“I care”, diceva Don Milani. Mi interessa, ho a cuore...mi prendo cura dell’altro, consapevole della fragilità di entrambi.“Alla certezza del dovere si sostituisce l’incertezza della responsabilità , che si attiva, come un fardello pesante ma ineludibile, in assenza di ogni regola, in assenza di autorità”(ibidem,pag.234).

E così la vittima, che è consapevole della “vulnerabilità” dell’Altro, il cosìdetto aggressore,si preoccupa per lui, anzi per lei e la sua prole.
“L’Altro si impone con la sua miseria e la sua nudità” e chiama la vittima all’”etica della responsabilità” che è “la risposta obbligata” alla “provocazione” dell’Altro, l’aggressore, che si rivela essere quasi inopinatamente,...la vera vittima del sistema ,di cui la vittima “responsabile” è addirittura chiamata a prendersi cura!

 

   Gabriella Filippone  dirigente scolastico dell'Istituto elementare "F.P.Tesauro" di Ficarazzi

 

Abbiamo in via eccezionale pubblicato un documento così lungo per due ordini di motivi: in primis perchè è una riflessione estremamente approfondita sulle istituzioni scolastiche che prosegue il confronto avviato dal contributo di Maurizio Padovano, ed inoltre perchè può rappresentare una base di discussione per chi attraverso Bagheria news, voglia far conoscere la propria opinione, oltre che costituire l'avvio di una iniziativa o di un dibattito pubblico su un tema di tale importanza. 

REDAZIONE BNEWS