Ingrid Betancourt è stata liberata. Una notizia felice ci annuncia che grazie ad una azione di intelligence è stata rimessa in libertà, dopo più di sei anni di prigionia.
Buona nuova perché è stata donata la libertà a una persona che ne era stata privata con la forza.
La persona in questione, accoglie peraltro un afflato collettivo bipartisan, con sollievo e gioia di capi di stato, politici, passando pure per il Papa.
Personaggio di spicco in Colombia, rapita nel Febbraio 2002, fu fatta prigioniera dalle FARC.
Noi non sappiamo cosa sia potuto accadere durante questi anni di prigionia, né che tipo di avvenimenti e situazioni abbia dovuto vivere e sopportare.
Tuttavia pensiamo sia chiaro che abbia dovuto fare i conti con una situazione altamente stressante, classificata come tale ai massimi livelli, in costante pericolo di vita.
A questo punto ci chiediamo: in situazioni simili cosa può accadere alla nostra mente? Quali conseguenze a livello psicologico? Nella condizione di rapiti, di segregati quali meccanismi possono istallarsi nell’organismo da un punto di vista cognitivo, comportamentale e fisiologico?
I cambiamenti non avvengono solo a livello psichico ed essendoci sempre un collegamento sul piano meramente fisiologico si determinano importanti cambiamenti per quel che concerne variabili quantitative quali le sostanze rilasciate dall’organismo.
In situazioni di stress infatti avvengono varie modificazioni: per esempio a livello del sistema simpatico midollare del surrene vi è un aumento di adrenalina e noradrenalina, nell’asse ipotalamo ipofisi aumentano le beta endorfine, mentre a livello dell’ipofisi posteriore vi è una diminuzione della vasopressina.
Questo ci fa capire quanto importante sia il concetto ribadito più volte: ogni evento della vita, così come pure ogni cambiamento a livello psicologico influenza cambiamenti a livello fisico e così ansie, stress, depressione hanno un impatto fortissimo sull’organismo, tale da modificarne diversi valori base facilmente misurabili.
In una situazione del genere potremmo immaginare di trovarci costantemente sotto l’effetto di una tensione altissima, senza il sostegno sociale a noi familiare, lontani dai nostri cari e dalle persone che amiamo e a cui siamo affettivamente legati.
E per quanto tempo quei ricordi, lampi furtivi verranno a farci visita nelle nostre giornate, incuneati fra brandelli quotidiani, mosaici di vita normale? Quanta paura ancora nella mente irretita dal dramma, immersi negli effluvi di quegli odori, il ricordo del cibo che ci davano, il senso opprimente delle catene che ci avvinghiavano i polsi, il lezzo dei carnefici, i sudori delle notti estive, quanta paura per sé e per i propri cari lontani.
Potrebbe essere allora molto impegnativo il ritorno alla normalità. Quasi tutti gli eventi pregnanti della nostra vita lasciano un segno, un solco più o meno profondo e certe situazioni ci lasciano più di un segno. Probabilmente, la nostra riabilitazione dovremo conquistarcela e dovremo faticare per sanare ferite e cicatrici. Impegnandoci riusciremo a tirarci fuori dagli impicci ma questo comporterà sacrifici e la certezza che sia impossibile cancellare in un sol colpo esperienze di questo tipo.
Pensando a queste situazioni verrebbe veramente voglia di cominciare ad apprezzare le nostre piccole cose, la semplicità, gli affetti ma anche i problemi con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno. La libertà! Respirare a pieni polmoni in una giornata di sole, che bello!
Carissimi lettori vi ringrazio ancora per l’interesse sempre crescente che avete dimostrato nella lettura di questo minuscolo spazio settimanale, testimonianza della riuscita del format che si è voluto impostare. Vi ringrazio di cuore.
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