L'amministrazione comunale sabato 9 marzo, alle ore 12:00, riposizionerà la targa dedicata a Giorgio Agatino Giammona, 25 anni, e Antonio Galatola, detto Toni, i due giovani uccisi a Giarre il 31 ottobre del 1980 "colpevoli" unicamente di amarsi.
L'amministrazione comunale a seguito del danneggiamento della targa commemorativa, posta in piazza Verdone, a Bagheria, dedicata ai due giovani di Giarre, si è immediatamente adoperata, grazie anche all'interessamento della consigliera Antonella Insinga, al fine di ripristinare la targa e fare in modo che ritrovi la sua collocazione, anche se questa volta si è deciso di fissarla al muro della piazza.
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Sul riposizionamento della targa commemorativa pubblichiamo una lettera di Piero Montana
Apprendo dal sito istituzionale del Comune di Bagheria che sabato 9 marzo alle ore 12 in piazzetta Verdone l’Amministrazione comunale riposizionerà la targa dedicata ai due ragazzi, Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, detto Toni, trovati cadaveri il 31 ottobre del 1980 nella campagna di Giarre, essendo stati ammazzati per essere solo << colpevoli unicamente di amarsi.>>
A tal riguardo tengo a precisare che “la loro vera colpa, il loro vero reato” era un altro e cioè quello di avere reso visibile, manifestato il loro amore in una città, in quel tempo, in cui l’omosessualità era ancora un tabù.
Un tabù che nonostante l’evoluzione dei costumi persiste ancora oggi persino nella nostra città dove il 14 febbraio, proprio nel giorno della festa degli innamorati, la targa commemorativa delle due vittime della violenza antigay, veniva furiosamente divelta, lasciandone per terra i rottami, uniche impronte di una omofobia devastatrice.
Di una omofobia che si manifesta contro ogni forma di visibilità omosessuale, di quella visibilità di cui la sopraddetta targa era una testimonianza di certo significativa.
Di una omofobia distruttrice di cui, non dico all’indomani ma pure nel trascorrere dei diversi giorni dal reato commesso, nessuno, neppure l’Amministrazione comunale, si sia premurato, ad eccezione del sottoscritto, di denunciare questo vile e oltraggioso reato in Questura.
Riposizionare la targa commemorativa del martirio dei due ragazzi gay di Giarre in fondo e in un angolo appartato, quasi nascosto di piazzetta Verdone, non è un voler piantare una bandiera di civiltà di contro all’odio e all’intolleranza nei riguardi degli omosessuali, giacché, ogni bandiera che si rispetti, ha bisogno di sventolare liberamente non in un luogo angusto ed “emarginato”, bensì in uno spazio ampio, aperto e visibile a tutti.
Ciononostante sarò presente a tale riposizionamento “ammucciatu”, considerandolo un atto della nostra Amministrazione, di cui pur bisogna prendere conto, in considerazione del fatto che dopo Giarre, Bagheria è la seconda città d’Italia, che affigge una lapide in memoria di due vittime principalmente- ripeto- non dell’amore ma della visibilità gay.
Questa lapide anche se fosse una bandiera non è certo quello che i gay fondamentalmente chiedono alle amministrazioni cittadine e al Governo del nostro Paese, giacché quello che essi vogliono è una legge che punisca ogni reato di omofobia, che punisca ogni reato che lede fisicamente e moralmente la persona omosessuale. Per questo era importante che la nostra Amministrazione prima di innalzare lapidi si fosse premurata, con l’intento di far perseguire i colpevoli, di denunciare alla Questura l’attentato alla memoria di Giorgio e Tony, che ha distrutto materialmente la loro targa commemorativa.
Le nostre bandiere quotidianamente si sventolano in battaglia, ieri e ancora oggi la visibilità gay vive in trincea. Per questo il Fuori, di cui sono stato un esponente, è stato un movimento rivoluzionario, un movimento che non si accontentava di una sessualità che non osava dire il suo nome, di una sessualità tollerata dalla società solo in quanto praticata nel segreto dell’anonimato.
Il Fuori non è stato mai una sigla ma l’attributo di ogni individuo che senza alcun senso di colpa, di peccato, di vergogna, senza alcun complesso vive la propria sessualità uscendo fuori dal nascosto, dal segreto, dall’incognito di chi pure la camuffa travestendosi da eterosessuale, ingannando sé e gli altri con il rinnegarsi, con il rinnegare una sessualità che non è una patologia bensì una caratteristica qualitativa della sua persona.
Il senso di una lapide commemorativa delle vittime della violenza antigay non può essere solo il riconoscimento della loro non colpevolezza, dell’innocenza del loro amore, ma anche e soprattutto il riconoscimento importante, civile e storico, che viene attuato solo ai nostri giorni, della loro legittima visibilità, della loro Epifania, proprio nel senso originario del termine, ossia della manifestazione intima di una natura che alla luce del sole si rivela nella sua sacralità osando sfidare tabù, divieti e pregiudizi.
Per questo mi auguro che al riposizionamento della sopraddetta lapide si dia un’adeguata e ampia pubblicità, non limitata da laconici comunicati stampa di appena poche righe, non limitata dalla presenza in tale evento solo di qualche singolo consigliere comunale, bensì ufficializzata istituzionalmente dalla presenza del Sindaco e dal suo e nostro assessore alla Cultura.
Piero Montana
Fondatore nel 1976 del Fuori di Palermo
Consulente del Sindaco per la realtà omosessuale della città di Bagheria dal 1999 al 2015