Il senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, ha presentato al Ministero dell'Interno una interrogazione, affinchè si faccia piena luce sulla presenza mafiosa a Bagheria,
sul rapporto tra Cosa nostra bagherese e i servizi segreti italiani e per chiedere al governo di sostenere il movimento antiracket e antimafia che a Bagheria si sta battendo per l'affermazione e la promozione della legalità.
Per sapere, premesso che:
la mafia di Bagheria ha avuto storicamente un ruolo di primo piano nella vita di cosa nostra a livello mandamentale, provinciale e regionale. Naturalmente a Bagheria si hanno anche delle forti radici antimafia, sia sul versante sociale e culturale sia su quello politico ed Istituzionale che nei decenni hanno garantito una forte testimonianza antimafia e più di recente iniziative e percorsi anche di rottura nell'assegnazione dei beni confiscati, nella costituzione di parte civile, nella presa di posizione pubblica con manifesti che hanno inneggiato alla rivolta contro il boss Provenzano che ha tenuto per anni sotto scacco la città;
per tanti anni cosa nostra locale ha agito sotto l'influenza dei corleonesi legati a Bernardo Provenzano, al punto il boss ne aveva stabilito il luogo principale per un periodo lungo della sua lunghissima latitanza. Il capomafia di Corleone trascorreva quasi tutto il suo tempo in questa cittadina che è stata anche la sua base operativa a partire dalla guerra di mafia degli anni '80, quando nella fabbrica di ferro di Leonardo Greco stazionava il gruppo di fuoco dedito agli omicidi e si "scioglievano nell'acido" i propri avversari;
ai vertici della famiglia mafiosa di Bagheria accanto a Provenzano spiccavano Eucaliptus Nicolò, Gargano Antonio e Greco Leonardo;
Provenzano considerava così sicura Bagheria non solo per sé tanto che diede il via libera alla tenuta in latitanza di Giuseppe Madonia detto Piddu, capomafia della provincia di Caltanissetta e mantenuto latitante a Bagheria (dal 1985 al 1991) nella casa di Pietro Flamia e accudito dal figlio di quest'ultimo Rosario che grazie a questo rapporto viene a conoscenza di diversi segreti interni di cosa nostra e ne scala i vertici locali, insieme ad un altro outsider di cosa nostra locale, Stefano Lo Verso, che nella vicina Ficarazzi assume un ruolo di primo piano grazie alla cura della latitanza di Provenzano;
anche quando i boss del calibro di Gargano Antonino e Leonardo Greco entrano in conflitto, Provenzano riesce immediatamente a contenerlo visto il ruolo strategico che aveva assegnato alla città. Da questo conflitto latente ne esce rafforzato Leonardo Greco che diventa capo mandamento al punto di gestire la mafia di Bagheria negli anni attraverso i vari reggenti via via in libertà. Tra questi: Di Salvo Giacinto, Lauricella Salvatore, Messicati Vitale Fabio, Mineo Gioacchino detto Gino, Morreale Onofrio, Scaduto Giuseppe e Zarcone Antonino;
di recente l'operazione "REset II" ha fatto emergere una realtà di estorsioni a tappeto che grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della DDA di Palermo ha portato con il supporto dell'associazionismo antiracket alla denuncia di molti commercianti e si sono create le condizioni per una rottura con la mafia senza precedenti. Tra i mafiosi coinvolti emergono i nomi di Bartolone Carmelo, Carbone Andrea Fortunato, Centineo Francesco, Di Bella Gioacchino Antonino, Di Salvo Giacinto detto Gino, Di Salvo Luigi detti U Sorrentino, Eucaliptus Nicolò detto Nicola, Flamia Pietro Giuseppe detto il Porco, Gagliano Vincenzo, Girgenti Silvestro detto Silvio, Graniti Vincenzo, Guagliardo Umberto, La Mantia Rosario, Lauricella Salvatore, Liga Paolo, Liga Pietro, Lombardo Francesco, Messicati Vitale Fabio, Mezzatesta Giovanni, Mineo Francesco, Mineo Gioacchino detto Gino, Morreale Onofrio, Rubino Michele, Scaduto Giuseppe, Trapani Giovanni, Tutino Giacinto, Zarcone Antonino;
una caratteristica peculiare della mafia di Bagheria sono i rapporti con i servizi segreti italiani. In diverse inchieste il figlio di Eucaliptus Nicolò, dei boss legati a Leonardo Greco e più di recente Flamia Rosario hanno contatti con i servizi segreti italiani che ancora devono essere verificati bene nella loro portata, non solo informativa, ma anche collusiva. Sono stati accertati ripetutamente contatti con la politica tanto che a locale, il comune di Bagheria è stato sciolto per mafia per ben due volte. Inoltre sono stati constatati rapporti diretti con il mondo delle imprese e gli apparati burocratici locali;
un'altra caratteristica di cosa nostra di Bagheria è il legame con Matteo Messina Denaro che attraverso il rapporto familiare con i Guttadauro ha trascorso parte della sua latitanza in tale cittadini e ha utilizzato il suo reticolo collusivo per sfuggire alla cattura e a crescere il suo ruolo oltre i confini della sua provincia.
Si chiede pertanto di sapere:
se si intenda fare chiarezza sul rapporto tra cosa nostra di Bagheria e i servizi segreti italiani;
se non ritenga necessario avviare un'azione di sostegno e promozione per l'associazionismo antiracket locale;
se intenda chiarire le modalità di continuo controllo delle infiltrazioni mafiose e garantire che la gestione dei beni confiscati sia trasparente e qualificata;
quale azione di sostegno viene posta in essere per promuovere percorsi concreti di legalità e sviluppo che maturano nel territorio e possano contribuire a rompere il muro di omertà e di collusioni che hanno caratterizzato la realtà territoriale.
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