'Quer pasticciaccio brutto' del raddoppio della Tassa sui rifiuti

'Quer pasticciaccio brutto' del raddoppio della Tassa sui rifiuti

Politica
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Se è comprensibile la rabbia di quei cittadini che hanno con sacrifici pagato il raddoppio della Tarsu del 2011 e la Tarsu raddoppiata del 2012, meno comprensibile è lo stupore e la meraviglia di quei consiglieri comunali che oggi si ergono a difensori dei cittadini tartassati magari chiedendo la convocazione dell‘ennesimo, inutile consiglio comunale, dove diranno per la centesima volta le stesse, inutili cose.

E spieghiamo il perché.

Per chiunque avesse un minimo di esperienza amministrativa è stato subito chiaro che il pasticciato atto amministrativo con cui il sindaco Lo Meo ha raddoppiato la Tarsu nell’agosto del 2011 era pieno di vizi di forma e di sostanza che lo avrebbero reso nullo di fronte ad un Tribunale, fosse esso civile o tributario.

Se qualcuno avesse dimenticato cosa accadde, da un punto di vista procedurale, alla fine di agosto del 2011,  durante l’iter amministrativo che portò in conclusione al raddoppio della Tarsu, ci siamo qua noi a ricordarlo.

Il sindaco portò al tempo alla discussione del consiglio comunale una delibera di giunta che conteneva la proposta di un aumento aumento della Tarsu del 60% : una volta aperta la discussione il funzionario responsabile dell’Ufficio Finanze, la dr.ssa Vincenza Guttuso, obiettò che per quanto riguardava le sue competenze, per arrivare a coprire, così come la legge prevedeva l’80% del costo del servizio, sarebbe stato necessario raddoppiare la tassa, e che quindi per la sua parte esprimeva parere contrario alla proposta del sindaco e della giunta di aumentarla solo del 60%, e proponeva quindi di raddoppiarla.

Il ‘trucco’, ci si faccia passare il termine, stava proprio qua: il consiglio non votò esplicitamente sulla proposta di delibera del sindaco e della giunta di incremento del 60% ma su una proposta del dirigente, dr.ssa Vincenza Guttuso, di incremento del 100% della tassa.

Ricordiamo ancora le asprezze di quel dibattito quando fu chiaro che l’assemblea veniva chiamata ad esprimersi non sulla delibera di giunta in quanto tale, ma sulla proposta della dirigente.

Successe un pandemonio.

Il consiglio a maggioranza respinse la proposta della dirigente di incremento del 100% e non, almeno formalmente, la delibera di giunta che proponeva l’incremento del 60%.

Questo controverso passaggio fu considerato dal sindaco Vincenzo Lo Meo il giorno dopo, motivo sufficiente per revocare la delibera N°8, e riadottarne un’altra la N°9, in cui la tassa su raccolta e smaltimento rifiuti veniva raddoppiata.

Ma non basta: per chi non avesse pratica di amministrazione bastava leggere i giornali di quel periodo che documentavano ampiamente i pronunciamenti del Tar che sentenziarono che in Sicilia è il consiglio comunale l’organo titolato a modificare le tariffe del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti.

Quindi era chiaro, a chi volesse intendere, che per bloccare veramente il raddoppio della Tarsu a Bagheria occorreva fare un ricorso al Tar, entro i rituali sessanta giorni dalla pubblicazione della delibera di raddoppio.

IL  RICORSO   AL   TAR:  PERCHE'  NESSUNO  LO  FECE ?

Ora, se è comprensibile che un ricorso al Tar fosse improponibile per un privato cittadino, considerati i costi legali proibitivi, (ci vogliono almeno 5.000 euro per un ricorso davanti al Tribunale amministrativo), la giustificazione vale molto meno per un partito, un sindacato, una associazione di categoria che avrebbero potuto ripartire l’onere tra gli iscritti o gli associati, avendo tra l’altro la ragionevole certezza di vincere il ricorso e di bloccare il raddoppio della Tarsu

Nessuno lo fece, e la risposta almeno per quanto riguarda i partiti è chiara: sapevano che l’aumento della Tarsu era una misura non più rinviabile, ed avere lasciato la patata bollente in mano a Lo Meo ed essersi scaricati di responsabilità come consiglieri nei confronti dei loro concittadini li metteva con le 'carte a posto'.

Per questo hanno fatto, come si suol dire’il pesce in barile’, lasciando la rabbia e la protesta della parte più povera della popolazione in balìa del demagogo di turno, e facendo trascorrere inutilmente i 60 giorni entro i quali sarebbe stato possibile impugnare la determina N° 9 del sindaco di fronte al TAR.

Qualche centinaio di bagheresi più convinti dei loro diritti adirono privatamente le vie legali, impugnando invece entro i rituali sessanta giorni la cartella di pagamento che discende da quella delibera, di fronte alle Commissione tribunale provinciale che, come abbiamo dato notizia, ne ha decretato l'annullamento.

Cosa succede adesso ?

La sentenza della Commissione tributaria non ha lo stessa forza di una sentenza del TAR, che ricordiamolo si sarebbe pronunciato su una determina del sindaco di carattere generale e non come è accaduto su una cartella singola di pagamento, e quindi vale, come abbiamo ripetuto sin alla noia, solo nei confronti del cittadino ricorrente .

Non sappiamo neanche che consiglio ‘legale’ dare alla gente, perché questa è materia per avvocati.

Una riflessione viene da fare: quando una comunità per vedere riconosciuti i propri diritti deve ricorrere agli avvocati e ai Tribunali vuol dire che la politica tutta quanta ha fallito.

E’ di questo fallimento i nostri eletti stentano a volerne prendere atto.