Scrivo questa riflessione con una punta di benevolo umorismo per sminuire l’aureola professorale che potrebbe emergere; non intendo, infatti, insegnare nulla ma semplicemente esternare alcune idee.
Quando nel 2018 nella mia autobiografia dialogavo con me stesso, pensavo di fare una cosa originale, poi mi accorsi che nel 179 d.C. questo metodo l’aveva già usato l’imperatore Marco Aurelio in “Colloqui con se stesso”: fu per me una delusione, ma non mi persi d’animo, convinto che non conta come si dice, ma quello che si dice. (Non me ne voglia il mio amico linguista Franco Lo Piparo).
Appassionato della storia di Bagheria, mi capita spesso di leggere, anche da penne illustri, che la mia città è piena di contraddizioni, ed è vero e anch’io l’ho detto e scritto più volte.
Infatti, chiunque s’è prestato a questo tipo di narrazione, osservando in filigrana questa Città, finisce per definirla in bianco e nero, nel senso che a Bagheria si passa dalla magnificenza all’orrore.
Questa mattina mi affiorano due piccole inedite “contraddizioni” e le voglio raccontare.
La prima è questa: le celebrità culturali di Bagheria, che rappresentano la cultura in Italia e nel mondo, sono intellettuali che non possiedono un titolo accademico; il riferimento è a Renato Guttuso, Giuseppe Tornatore, Ferdinando Scianna, Ignazio Buttitta, Salvatore Provino e si potrebbe allungare l’elenco. Certamente Bagheria ha tanti uomini di cultura con la laurea, anzi, abbonda di docenti universitari e professori emeriti. Voglio solo dire che quelli più famosi non hanno la laurea.
La seconda contraddizione la fece emergere Gillo Dorfles¹ nel 2002, quando, parlando di Bagheria, a distanza di poche ore, è passato dal sublimarla al denigrarla: quel giorno, con Dorfles insieme a Franco Ciminato abbiamo fatto un’escursione naturalistica e poi la visita alle principali ville barocche, il professore, estasiato da tanta bellezza ci regalò commenti meravigliosi. Peccato che nella mattinata, riferendosi all’architettura e all’urbanistica di Bagheria, l’aveva definita una città sfregiata.
Questa è Bagheria! E questo è il paradosso che la rende unica e piena di contraddizioni.
Celebrata dal grande scrittore tedesco Wolfgang Goethe e sfregiata in ogni senso da molti che ci vivono, l’augurio che posso fare alla nostra Città, che ha bisogno di rinascere dopo il corona-virus, è quello che la classe dirigente si renda conto che Bagheria ha una sola identità ed è quella della cultura, ed ha una sola chance, ed è quella del turismo culturale.
Affinché le nostre attività culinarie, artigianali e del terziario possano realmente decollare a beneficio dell’intera comunità che merita di più del semplice tirare a campare, è necessario progettare una nuova realtà che trasformi Villa Cattolica da cimitero in cuore propulsivo, e creare una nuova immagine che possa attrarre, per la frazione marinara di Aspra.
Ogni altro percorso è fallito in partenza e Bagheria rimarrà sempre la città dove le amministrazioni che si succedono cambiano tutto per non cambiare nulla di Lampedusiana memoria.
1) Gillo Dorfles è stato uno dei più importanti esteti del XX secolo ed è cittadino onorario di Bagheria.
Foto: Mimmo Germanà, "Acquatico", 1989, olio su tela, cm 130 x 160. Collezione MUSEUM di Ezio Pagano