Oggi in questa città vuota e quasi silenziosa sembra difficile immaginare la folla, i tamburi scroscianti, le invocazioni dei confrati, la banda a festa che accompagna con marcia trionfale l'uscita del Santo.
Gli applausi, i cellulari in alto per immortalare "a nisciuta", gli abbracci tra chi non si vede da tempo, i saluti di chi vuole certificarne la presenza, il vessillo del comune, il sindaco, l'arciprete, bambini e nonni, famiglie, curiosi, il popolo, dei credenti e la gente di Bagheria tutta: perchè è la festa del Santo, di San Giuseppe, che è si il padre "putativo" di Gesù ma è il patrono della città.
San Giuseppe rappresenta la città, la tradizione, la storia, l'identità di questa nostra comunità. San Giuseppe è custode dei nostri ricordi, dei ricordi dei nostri nonni, a San Giuseppe ricolleghiamo la nostra infanzia, gli odori, i sapori, gli sguardi di un tempo che fu. Ogni volta che San Giuseppe varca la soglia della "Matrice", ogni volta è come tornare bambini, ogni volta è come se fosse la prima volta, ogni volta ci riconosciamo parte di una stessa comunità, di quel villaggio di delizie che però oggi vive un momento di preoccupazione e di sconforto.
Oggi niente folla, niente pane, nessun spintone per accaparrarsene anche un pezzetto da portare a casa, niente alborate, niente musiche e tamburi, niente baci e abbracci, niente. Piazza vuota e silenzio. Forse è il momento giusto -perchè meno distratti - di alzare la testa e guardare con attenzione quel simulacro. Un anziano padre barbuto, artigiano, che tiene in braccio un bimbo, il figlio, suo figlio. Eppure tra loro c'è una relazione particolare, speciale.
È un gioco di sguardi il loro, una forte intimità scaturita da una semplice e filiale carezza, il bimbo sembra quasi toccare la sua barba. Una storia complessa, per certi aspetti surreale, mitica, incomprensibile che ci dice una cosa semplicissima. Non é una questione di sangue, di legami naturali e legali, ma solo di amore. Amore di un padre che si prende cura di un figlio, indifeso, innocente.
Ecco San Giuseppe, tu che sei padre, prenditi cura di questa città, indifesa, preoccupata, impaurita, guarda questi tuoi figli impreparati, confusi, allarmati e disarmati. La paura non prenda il sopravvento, la preoccupazione non spenga la speranza, l'incertezza non ci spinga alla rassegnazione, l'allarmismo non ci induca all'egoismo. Anzi proprio in questo momento di sconforto, è la solidarietà che ci rende più forti, anche se privi di abbracci, rendici più comunità, rendici più umani.
Caro Patrono, di solito siamo noi ad accompagnare te per le vie di questa città, da sempre, oggi accompagnaci tu, esci tu, varca da solo quella porta, accompagnaci alla responsabilità, rendici cittadini attenti e premurosi, consapevoli e sensibili, razionali e solidali.
Cammina per le strade di questa città, noi ti seguiamo da lontano, dai balconi, dietro le tende delle nostre abitazioni, oggi non possiamo esserci, ed è giusto cosi. Ma tu percorri le vie, soffermati davanti ai negozi chiusi, volgi lo sguardo a chi non sta bene, a chi vive in isolamento e nella preoccupazione. Prenditi cura di chi ha perso il lavoro, di chi si trova senza nessuna certezza.
Sostieni e proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i lavoratori che garantiscono i servizi indispensabili, i genitori, i bambini, gli ammalati e gli anziani.
Oggi è andata cosi, ma tanto non è una data, un calendario, una convezione a determinare una festa. Sarà festa, quando tutto questo sarà passato e spezzeremo di nuovo il pane, insieme, accompagnati da tamburi e musicanti, con incensi e con tanto di "masculiata". Ma saremo un po tutti cambiati.
E' ancora presto, ma già sembra notte. Rientra nella tua chiesa San Giuseppe e da lì aspettaci, perchè ritorneremo a farti festa, ritorneremo a sorridere, e ci troverai- spero- migliorati, più responsabili, più solidali.
E nonostante tutto, non rinunciamo ad invocarti: Viva Sanciuseppi, Viva.
Emanuele Tornatore
Archeologo e assessore del Comune di Bagheria