Di ritorno da Shanghai. Viaggiavo da Roma a Palermo con un vettore Alitalia, quando l’assistente di volo richiamò l’attenzione dei passeggeri annunciando l’arrivo all’aeroporto “Falcone e Borsellino”; ascoltando questi nomi, il signore seduto al mio fianco, un simpatico turista tedesco, simulando la pistola con la mano fece “npu npum”, poi guardandomi negli occhi, disse: Mafia?!
Sto dicendo di un signore che mi parlava guardandomi negli occhi. Io l’ho capito! Perché anch’io parlo guardando negli occhi il mio interlocutore. In questo modo si dice quasi sempre la verità! Ed è a causa di questa verità che, la mia popolarità, di persona antipatica, sta crescendo in maniera esponenziale.
Ma eccoci al fattaccio: … Nei manifesti si vedono vacche che camminano per le strade della città, coppole e lupare; nelle magliette la scritta “mafia”, il carretto siciliano in bella vista e pale di fichi d’India. La zavorra del linguaggio scurrile siciliano come slogan di osterie, taverne e bettole varie; e ancora, Mafia tour, “non vedo, non sento, non parlo”; tutto questo per “promuovere” la Sicilia. Boh? Lo so! Niente di tutto questo è proibito dalla legge né tantomeno causa di un reato, quindi niente prigione per gli autori di queste balorde trovate pubblicitarie.
Ma la fantasia non è mancata nemmeno a chi ha deciso di intestare l’aeroporto di Punta Raisi con i nomi di due martiri della mafia, i siciliani, “Falcone e Borsellino”. Attenzione! Non è che non vadano ricordati, anzi, io gli intesterei il Palazzo di Giustizia, la Prefettura, la Questura, il Comando dei Carabinieri, la Corte dei Conti, il campo sportivo, il parco della Favorita, una scuola, una piazza, un viale, una o tutte queste cose insieme, ma non l’aeroporto!
Il turista arrivando in Sicilia non va accolto ricordandogli forzatamente la mafia. Per prima cosa, deve sapere che siamo il popolo della calorosa accoglienza, gioioso, di millenaria cultura, dove c’è tanto da ammirare e dove si mangia bene e si può prendere il sole tutto l’anno. Poi, se ne ha voglia, potrà approfondire la storia della mafia, e certamente non gli mancherà il materiale.
Io avrei dato il benvenuto ai turisti accogliendoli col nome di Antonello da Messina o Luigi Pirandello o, ancora, di Leonardo Sciascia o Renato Guttuso. Come hanno fatto per Roma con “Leonardo da Vinci”, per Rimini con “Federico Fellini”, o per Treviso con “Antonio Canova”, e potrei ancora continuare con altri esempi pertinenti. Lo so, sono punti di vista. Intanto, io rimango in agguato per l’ennesima boutade folkloristica da parte di qualche “rinomata” agenzia turistica, perché, “Minchia, in Sicilia fui …”, anche s’è “bella”, non è detto che sia l’ultima. Pensate che roba e in che mani siamo finiti.
Certo, la faccenda di per sé è sconcertante e, perfino, spaventosa. Per questo mi chiedo se ci può essere un rimedio. Io penso di si, la parola di “Francesco”, si! La parola di Papa Francesco: scongiurare il “dio denaro” e mettere al primo posto il “Dio uomo”. Intanto farei inserire nell’ordinamento giuridico la pena della “messa alla gogna”, prima che il senso del pudore e la dignità smarriscono del tutto dall’essere umano. Solo così, falliti e ciarlatani, non aspirerebbero più a diventare governanti del nostro “Bel Paese”.
Ezio Pagano
Nella foto: Gadget demenziali per promuovere la Sicilia