A trent’anni dalla scomparsa del grande intellettuale siciliano, Leonardo Sciascia, il mondo della cultura lo ricorda.
Non affondo il ricordo sul piano politico né culturale come scrittore, perche in questi giorni i media l’hanno ampiamente fatto e perché temo di non esserne all’altezza. Lo ricordo, invece, come “maestro di vita”, attraverso un vecchio scritto, estrapolato dalla mia autobiografia.
Prima però, un inciso: ho conosciuto Sciascia a Lercara Friddi, nel bar all’ingresso del paese, dove è possibile trovare i migliori pasticcini di pasta di mandorla. Sciascia stava comprando proprio questi pasticcini quando mi avvicinai per salutarlo e dirgli che lo conoscevo da “Arte al Borgo”, nota galleria palermitana, dove all’epoca c’èra il più bel salotto culturale della città, lui prese dal suo vassoio un pasticcino e me lo diede, io, per dimostrare il mio apprezzamento culinario ne presi, a mia volta, un vassoio per casa.
Ed eccoci al ricordo: Ero andato a Palermo a prendere Leonardo Sciascia nella sua casa di Torre Sperlinga, per trascorrere la serata dal poeta Ignazio Buttitta ad Aspra, come eravamo soliti fare di tanto in tanto. Quel giorno Sciascia non era pronto e mi invitò a salire nel suo appartamento, mi fece accomodare in salotto e prima di riallontanarsi all’interno, mi diede da guardare una cartella di incisioni, perché sapeva che ero un appassionato d’arte, come lui, che lo era particolarmente di grafica. Quella era la sua collezione. Sì, perché Sciascia più che alle pareti preferiva tenere quei fogli a vista, e il perché lo capii dopo. Iniziai a sfogliarli appena Sciascia stava per allontanarsi, ma accorgendosi con quanta preoccupazione li maneggiavo, tornò in dietro e mi disse: “ Hai le mani pulite?” Io diventai rosso come un papavero, ma dato che le avevo pulite, assentì. Allora, sedendosi accanto a me, prese uno di quei fogli, che ricordo era di Tono Zancanaro della serie de “Il Gibbo”, e gli passò i polpastrelli delle dita sulla parte incisa, poi si voltò verso di me e mi disse: «Esiste anche l’eros del tatto, prova a farlo anche tu». Fu così che imparai a godere della grafica.
Continuò dicendomi che, eccetto qualcuna, la grafica non la incorniciava per questo motivo. Poi mi fece notare alcune imperfezioni di stampa e io prontamente cercai di sottovalutarle dicendogli che nemmeno si notavano, ma lui fece la voce dura e ribatté che si dovevano notare! Perché facevano parte dei pregi e non dei difetti di una stampa d’arte e me ne spiegò il motivo. Poi si allontanò e io, in attesa che tornasse, sfogliai quei fogli, questa volta rilassato, con vero godimento.
C’erano incisioni di Chagall, Bellmer, Guttuso, Clerici, Caruso, Zancanaro, di Piraino, Vespignani, Matta, Guccione, Attardi, e di tanti altri che non ricordo.
L’accumularsi di queste esperienze e di quelle che assorbivo quando osservavo Fefè Piraino e Maurilio Catalano all’opera, nella loro stamperia di via Mazzini a Palermo, ovviamente prima che si diffondesse l’insensatezza di motorizzare i torchi, fece da stimolo al mio ingresso nel mondo della grafica, al punto che poco dopo, organizzai un’esposizione d’incisioni del grande Maestro spagnolo Pablo Picasso, presentando una selezione delle più interessanti opere del ciclo erotico realizzate nel 1968.
Quella mostra mi creò qualche problema, perché l’assicurazione mi obbligò a tenere la notte la guardiania armata all’interno della galleria.
Il pubblico apprezzò molto le opere, ma non era sufficientemente preparato a pagare qualche milione di lire per una piccola incisione e quindi non vendetti un solo foglio. Nonostante questo, la mia Galleria ne ebbe un notevole ritorno d’immagine, tant’è che comprai un torchio a stella rigorosamente manuale, dove non adattai mai un motore elettrico, e feci così nascere la “Stamperia Pagano” nei magazzini del vino di Villa Cattolica a Bagheria.
Nella foto di Angelo Pitrone: Leonardo Sciascia e Ferdinando Scianna, Racalmuto, Festa Madonna del Monte 1987