“C'è qualcosa che non va in questo cielo… c’è chi dice no, c’è chi dice no…” recita una celebre canzone di Vasco Rossi. E in effetti, secondo alcuni astronomi, qualcosa che in cielo non va c’è, e riguarda la classificazione di Plutone. ‘A dire no’ è l’Unione astronomica internazionale che nel 2006 ha ‘declassato’ Plutone da pianeta a pianeta nano. ‘A dire sì’ è invece il risultato di uno studio condotto da un team di ricercatori dell’università della Florida e pubblicato di recente sulla rivista Icarus, secondo il quale Plutone dovrebbe essere riclassificato come pianeta.
Plutone ¬è stato scoperto nel 1930 dall’americano Clyde Tombaugh e classificato come il nono pianeta del nostro sistema solare. Addirittura, dopo la notizia della sua scoperta, la Walt Disney Company ha chiamato in suo onore il cane di Topolino, Pluto. Molto più piccolo della nostra Luna e con una massa pari a due millesimi di quella terrestre, Plutone ha una gravità così debole che se Pluto, il cane di Topolino, esistesse veramente e sulla Terra pesasse 70 Kg, su Plutone ne peserebbe solo 4 e mezzo. Non sappiamo molto su questo corpo celeste, e quello che conosciamo lo dobbiamo al Telescopio Spaziale Hubble, che ha prodotto per primo alcune immagini risolte spazialmente, e più recentemente alla missione New Horizons, la prima sonda spaziale che ha effettuato un sorvolo ravvicinato su Plutone (12.500 chilometri dalla sua superficie) e che ci ha inviato foto molto dettagliate del corpo celeste.
Fino al 2006 Plutone ha fatto parte del prestigioso club dei pianeti insieme a Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Dal 1930, e per ben 75 anni, dunque, Plutone è stato classificato come pianeta, sino a quando, nel 2006, alla 26° assemblea generale dell’Unione astronomica internazionale tenutasi a Praga, più di 2500 astronomi di tutto il mondo si trovarono a votare due risoluzioni, la risoluzione 5A per la "Definizione di 'pianeta'” e la risoluzione 6A per la "Definizione di oggetti di classe Plutone ".
Che la sua tessera di pianeta fosse minacciata si intuì quando nel 2005 alcuni astronomi scoprirono un corpo celeste distante, ora conosciuto come Eris. Sebbene all’epoca si credesse che fosse più grande di Plutone, gli scienziati erano riluttanti a etichettarlo come un "pianeta", preoccupati che così facendo si aprissero le porte per centinaia di altri oggetti la cui orbita si trova oltre a quella di Nettuno, nella cosiddetta fascia di Kuiper. Insomma, per la comunità scientifica la scoperta di Eris fu il pretesto per riconsiderare la classificazione di Plutone.
Così, l'International Astronomical Union (IAU) nel 2006 votò una nuova definizione di pianeta secondo la quale un pianeta per essere tale, oltre ad orbitare intorno al Sole e avere una massa sufficiente affinché la sua gravità gli faccia assumere una forma sferica, deve ‘aver ripulito la propria orbita da altri corpi’. Per dirla con parole semplici, un pianeta non deve condividere la sua orbita con altri corpi celesti di dimensioni comparabili alle sue, a meno che questi non siano o suoi satelliti o altri oggetti a esso gravitazionalmente legati.
Proprio quest’ultimo punto è costato a Plutone il titolo di pianeta. Plutone, infatti, non è riuscito a liberare la sua orbita, che condivide con un intero gruppo di oggetti della cintura di Kuiper, uno spicchio di cielo pieno di asteroidi, comete e altri corpi celesti come per esempio Eris. Come risultato, Plutone è stato relegato in una nuova classe di oggetti chiamati "pianeti nani", cioè pianeti che appunto non hanno ‘ripulito la propria orbita da altri corpi’.
Non che a Plutone la cosa interessi, figuriamoci, ma contrariamente a quello che si pensa, a molte persone, appassionati, astrofili e soprattutto bambini, la retrocessione di Plutone da pianeta a pianeta nano è stata un duro colpo. Prove ne sono le lettere di rabbia da parte di bambini americani che non erano d'accordo con la decisione o le proteste popolari di chi pensa ancora che Plutone debba mantenere lo status di "pianeta" o ancora i gruppi facebook creati. Addirittura, nello Stato dell'Illinois, dove nacque lo scopritore di plutone, nel 2009 è stata scritta una norma ad hoc che considera Plutone come pianeta per legge.
Ora, un aiuto ai fan di Plutone potrebbe venire da un nuovo studio che suggerisce che Plutone dovrebbe essere riammesso nel club, poiché il criterio che classifica un corpo celeste come pianeta non è supportato dalla letteratura scientifica.
I due studiosi, Philip Metzger e Alan Stern, figure chiavi della missione New Horizons, sostengono, infatti, che la definizione non si adatta. "È una definizione approssimativa", dice Metzger, autore dello studio, intervistato da un giornalista della rivista New Atlas. E continua: "Non hanno detto cosa intendessero per ripulire la propria orbita. Se si prende alla lettera questa definizione, non ci dovrebbero essere pianeti perché nessun pianeta ripulisce la sua orbita". I ricercatori inoltre sostengono che la definizione IAU si basa su un concetto che nessuno usa. Hanno infatti condotto un’analisi della letteratura dedicata degli ultimi 200 anni e hanno trovato una sola pubblicazione, del 1802, che classifica i pianeti sulla base di questo principio, uno standard usato principalmente per distinguere i pianeti dagli asteroidi, che oggi è in disuso poiché asteroidi e pianeti sono distinti per le loro caratteristiche geofisiche.
Secondo gli autori, per concludere, un pianeta dovrebbe quindi essere definito tale semplicemente se l'oggetto è abbastanza grande che la sua gravità gli fa assumere la forma di una sfera.
Bene, vi starete ora chiedendo: e adesso cosa accadrà? Ce la farà Plutone a riottenere il suo posto nel prestigioso club dei pianeti insieme agli altri magnifici otto? O continuerà a essere relegato, con buona pace di tutti i fan, nella cerchia dei pianeti nani? Per saperlo non ci resta che aspettare!
Un’ultima notizia fresca fresca, questa volta a lieto fine, riguardante l’Unione astronomica internazionale (IAU). I membri dell’Unione, venerdì scorso, con una consultazione elettronica, hanno rinominato la legge di Hubble, quella che descrive la velocità di espansione dell’universo, in “legge di Hubble-Lemaître”, in onore del fisico e astronomo belga che per primo la formulò – Georges Lemaître, appunto.
Giuseppe Fiasconaro
Giuseppe Fiasconaro è un borsista dell’Inaf. Ha conseguito la Laurea in Biologia Molecolare e Cellulare presso l’Università degli studi di Palermo. Dopo aver condotto diverse esperienze di ricerca presso enti pubblici e privati si sta specializzando in divulgazione e comunicazione della scienza presso l’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Palermo (Iasf-PA, Inaf).