A quel tempo, Bagheria registrava una popolarità senza precedenti. Se avevi voglia di vergognarti, bastava dire: sono bagherese!
Correva l’anno 1981, era la vigilia di Natale. Ad un tratto Bagheria si presentò come la Chicago degli anni Trenta e dal balcone di casa assistetti a questa scena: un commando mafioso, impegnato in un efferato agguato contro una cosca avversaria, inseguiva per via Città di Palermo gli avversari: durante la violenta sparatoria rimase ucciso un occasionale passante, un pensionato innocente. La scena era da film di mafia, sembrava fossimo sul set del film Il Padrino. In effetti, a parte le scene che erano vere e il sangue che non era tomato, le dinamiche erano identiche: auto che in pieno giorno s’inseguono ad altissima velocità, con braccia tese fuori dai finestrini, impugnando pistole che sparano come mitragliatrici, incrociando le scie di fuoco che lasciano quelle della cosca avversaria, senza curarsi dei passanti innocenti. Furono uccisi anche due mafiosi, mentre un terzo venne caricato sull’auto dei suoi sicari ancora vivo e ammazzato successivamente in campagna, perché le munizioni ai killer erano finite. Nei mesi successivi alla strage di Bagheria si conteranno circa dieci uccisioni in appena cinque giorni nella sola zona tra Bagheria, Casteldaccia ed Altavilla Milicia, territori che in quell’occasione vennero soprannominati dai media triangolo della morte. La notizia rimbalzò sui giornali nazionali e internazionali e ne parlarono tutte le televisioni del mondo. A quel tempo, Bagheria registrava una popolarità senza precedenti. Se avevi voglia di vergognarti, bastava dire: sono bagherese! Una pagina buia per Bagheria, che vide vanificati tutti gli sforzi di chi lavorava per dare prestigio alla cittadina. L’anno successivo, nell’estate del 1982, i killer delle cosche mafiose uccisero 21 uomini in soli 14 giorni, sempre nei comuni di Casteldaccia, Bagheria e Altavilla Milicia, e il 26 febbraio 1983 si svolse la prima marcia antimafia da Bagheria a Casteldaccia lungo la strada dei valloni. Alla marcia aderirono: Sandro Pertini, Rita Dalla Chiesa, Nilde Jotti, Francesco Michele Stabile, Cosimo Scordato e tanti altri. In quel periodo essere cittadino di Bagheria comportava problemi nella libera circolazione e, soprattutto negli aeroporti, che, quando leggevano sul passaporto “Bagheria”, ti facevano accomodare di lato e ti lasciavano passare solo dopo che avevano passato al setaccio il tuo bagaglio e la tua storia. La cattiva fama di Bagheria su tutto il territorio nazionale era tale da indurre il critico d’arte Francesco Vincitorio, in occasione di una mostra di Hsiao Chin nella mia Galleria, a scrivere sul più importante settimanale italiano, «L’Espresso»: In terra di Mafia, a Bagheria Hsiao Chin.
A questo punto era necessario riscattare il prestigio di Bagheria e, per farlo, occorrevano fatti concreti, capaci di catalizzare l’attenzione della stampa e portare all’esterno l’altra faccia del paese attraverso l’unica arma dei baharioti, la cultura. Ma gli amministratori, come più volte detto, non erano capaci di produrre atti concreti e per questo alcuni volenterosi, animati di buona volontà, lo facemmo spontaneamente. Io cercai di far rimbalzare il nome di Bagheria sui media per fatti artistici, e questi sono alcuni titoli a quattro e cinque colonne che si potevano leggere sui giornali: (...) E Bagheria diventa capitale dell’arte, Dalla Sicilia: davvero nuove rotte per l’arte di oggi, Adami, immagini per un meccano, Il Guttuso più antico, Tutti i colori dopo l’avanguardia, Nel mare dell’arte degli anni ’80: a Bagheria un critico propone opere di pittori siciliani che vivono fuori dall’Isola, Viaggio in Sicilia da Ezio Pagano, Frammenti d’Oriente, Carla Accardi: Questa Signora è un “Classico”, Pagano: artisti miei diletti, Continuità di un maestro, I miraggi di Tano Festa, Da oggi a Bagheria Circumnavigazione - Pittori in Sicilia come e perché.
Sono questi gli anni in cui la mia Galleria, pur avendo cambiato più volte denominazione: L’Alcova, Centro Uno delle Arti, Il Nibbio, Il Poliedro, e infine Ezio Pagano artecontemporanea, sempre con lo stesso timoniere, ha un trend positivo tale da essere presa in considerazione a livello nazionale. Sulla scia di questo successo, convinto che l’autorevolezza acquisita dalla Galleria avrebbe potuto accreditare gli artisti della mia scuderia, iniziai ad alternare alle mostre dei grandi Maestri, prima quelle di giovani Maestri come Hsiao Chin, Turi Simeti, Ignazio Moncada, Michele Cossyro, Salvatore Provino, Michele Canzoneri, Antonio Freiles, Rosario Bruno e poi quelle dei giovani artisti della mia scuderia: Giovanni Leto, Carlo Lauricella, Lillo Rizzo, Silvio Guardì, Gai Candido, Fofò Leto, Guido Baragli, Toti Garraffa, Alberto Parres, Leonardo Santoli ed altri. Oggi la mia più grande soddisfazione è nel constatare che gli artisti di cui mi sono interessato sono ancora tutti attivi, apprezzati dal pubblico e dalla critica ed in alcuni casi anche dal mercato.
Ezio Pagano
Foto - Ezio Pagano, don Cosimo Scordato, Anna Martorana e Hsiao Chin.