A proposito della riapertura del Museo Guttuso - di Franco Lo Piparo

A proposito della riapertura del Museo Guttuso - di Franco Lo Piparo

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È stato riaperto il Museo Guttuso di Villa Cattolica. Di aperture o riaperture di Villa Cattolica sotto varie denominazioni ce ne sono state tante. Io ne ho vissute direttamente tre ma sono state di più. La prima a cui ho partecipato fu nel 1981 o 1982 (non ricordo la data esatta) alla presenza dello stesso Renato Guttuso. Quella dell’altro ieri è stata particolarmente spettacolare.

Sicuramente la più ricca. Giochi d’artificio ancora più sfarzosi di quelli dedicati alla festa del Patrono, spettacolo di son et lumière (a mio parere discutibile), costoso servizio d’ordine mai visto prima in queste occasioni: Giuseppe Tornatore fu preso in consegna e seguito da guardie del corpo collegati con una centrale operativa come fosse stato il Presidente della Repubblica. Andreotti, quando negli anni ottanta è venuto a fare visita a Villa Cattolica, non ha avuto questo trattamento.

A parte la spettacolarità di quest’ultima, per il resto tutte le riaperture hanno avuto le medesime caratteristiche. Sempre grandi festeggiamenti e molti articoli sui giornali nazionali. Guttuso è personaggio che ancora attrae e al quale tutti gli amministratori del momento tentano di associare la propria immagine politica. Lo hanno fatto i democristiani, poi i berlusconiani, adesso è il turno dei grillini.

I festeggiamenti e l’attenzione iniziale della stampa nazionale finora sono sempre stati seguiti, dopo alcuni anni, da crisi di gestione, da chiusure cosiddette temporanee, da ricerche di finanziamenti per restaurare qualcosa d’altro e organizzare l’apertura successiva.

È una storia che si ripete da più di cinquant’anni. Speriamo che questa sia la volta buona. Lo dico per mettere in guardia gli attuali amministratori. L’evento della inaugurazione è relativamente facile organizzarlo. Basta avere il giusto finanziamento. E questa volta il finanziamento, proveniente dalla Comunità Europea, è stato particolarmente generoso. Leggo sui giornali di qualcosa come 4 milioni di euro. A scanso di malevoli equivoci i soldi sono serviti anche per i restauri e gli ammodernamenti tecnologici.

Il difficile viene dopo, quando bisogna fare funzionare la quotidianità, quando i giornali nazionali si faranno vivi solo per amplificare le manchevolezze, quando bisogna trovare il modo di attrarre abbastanza pubblico pagante (che non può essere solo locale) per fare marciare la macchina e coprire i costi inevitabilmente elevati di gestione.

Sono difficoltà oggettive che richiedono fantasia e grandi capacità da parte degli amministratori del momento. Finora abbiamo fallito più o meno tutti. Dico “abbiamo” e non “hanno” per scrupolo e correttezza formale perché sono stato per più di un anno assessore alla cultura nella giunta Valentino e credo di conoscere bene per svariati motivi la storia dei rapporti, non semplici e non idilliaci, di Guttuso e Villa Cattolica con le amministrazioni politiche di Bagheria.

So che i giovani amministratori del momento non amano essere consigliati dagli anziani, soprattutto se «appartenenti alla cosiddetta Bagheria bene o colta». Le parole virgolettate sono del sindaco Cinque, luglio 2016. Nell’esclusivo

interesse della città in cui sono nato e vivo mi permetto di svolgere qui alcune considerazioni, se non altro, per dirla con Sciascia, a futura memoria.

(1) Guttuso e le Ville di Bagheria non sono realtà siciliane o, peggio, bagheresi. Come non sono personaggi siciliani Verga, Pirandello, Vittorini, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, eccetera. Così come non sono realtà siciliane o bagheresi Giuseppe Bagnera, Francesco Scaduto, Ignazio Buttitta, Giuseppe Tornatore, Ferdinando Scianna. Sono siciliani in quanto sono nati in Sicilia e/o si sono occupati di Sicilia. La loro cultura, che è quello che conta, è solo e soltanto europea. E solo in quanto europei nati in Sicilia hanno avuto successo. Le Ville settecentesche di Bagheria sono bagheresi solo e soltanto perché sono collocate in questo territorio, in realtà sono state iniezioni di cultura architettonica e figurativa europea nel territorio. Le cose che sto dicendo sono delle ovvietà per gli studiosi, le ripeto perché il sindaco nel suo breve discorso inaugurale ha insistito a mio parere eccessivamente sulla sicilianità di Guttuso e di Villa Cattolica. E bisogna conoscere bene la realtà che si amministra se non si vuole rischiare di partire col piede sbagliato e preparare l’ennesimo fallimento.

(2) Il progetto Museo Guttuso e Bagheria Città delle Ville (brand adottato per la prima volta venti anni fa dalla Giunta Valentino) non fallirà se e solo se la classe dirigente pro tempore saprà tradurre in termini operativi e nella quotidianità la natura europea e non localistica e/o insulare della migliore Bagheria.

(3) Nessuna amministrazione potrà farlo stando chiusa in se stessa e contemplando la propria verginità, presunta o reale poco importa. Bisogna cercare e coltivare i collegamenti con l’Università, i centri di ricerca non locali sull’arte contemporanea, sapere sfruttare le numerose risorse intellettuali (non solo artistiche) formatesi a Bagheria e in giro per il mondo. Bisogna sapere ascoltare e praticare la giusta umiltà.

Mi auguro che nei prossimi anni non si debba registrare l’ennesimo fallimento. Buon lavoro, Signor Sindaco.

Franco Lo Piparo