Cultura

In merito alla delibera di giunta che propone di trasformare l'assetto giuridico del Museo Guttuso facendolo diventare una Fondazione ritengo che non bisogna essere pregiudizialmente contrari.

Bisogna piuttosto capire bene di cosa si tratta. Al di là dell'atto di indirizzo politico dobbiamo analizzare bene la proposta di delibera, lo statuto, ogni carta.

Occorre capire,tra le tante cose,quale sarà il ruolo del Comune di Bagheria e quello degli altri partner della Fondazione. Bisogna capire che contributo daranno i vari soggetti, se questi saranno solamente enti pubblici o anche soggetti privati.

E' fuor di dubbio che il Comune non ha più la capacità finanziaria per gestire un Museo di livello internazionale come dovrebbe essere il Museo Guttuso.

Inoltre il contributo che annualmente la regione destina al Museo è precario e mutevole,soggetto a cambiamenti spesso non prevedibili. Ritengo che bisogna vedere se l'idea fondazione servirà solamente a sgravarsi di alcuni costi - ed allora è un operazione a perdere - o anche per rilanciare il Museo e le sue attività in campo internazionale - e allora se ne può discutere -.

E' sotto gli occhi di tutti che occorre rilanciare l'attività culturale della nostra città e cercare di agganciare possibilità di programmazione sovracomunale.

Lo strumento della Fondazione potrebbe essere utile a tal fine e se si aprisse a soggetti di un certo livello (Provincia,Regione Sicilia,Ministero delle attività culturali,autorevoli partner privati) potrebbe garantire al Museo un introito certo.

Inoltre mi pare opportuno che il dibattito e la proposta siano portati in Consiglio Comunale,è il Consiglio,infatti, la sede adeguata per un argomento così delicato.

Foto di copertina di Ambra Angileri

1855. Fu una meraviglia. Che splendor di bandiera!” ( 10 )

Ma i borbonici ( ecco ancora la minimizzazione dell’episodio ) non conquistarono l’intera bandiera.

Leggiamo in un giornale dell’epoca: “Fu presa dai napoletani; fu il solo loro trofeo e non lo guadagnarono senza fatica, né intiero, chè uno dei nostri…giunse a lacerare la stoffa della bandiera non lasciando fra le mani dei napoletani che una insignificante asta”. ( 11) E in un altro giornale: “Si impegnò un combattimento micidialissimo corpo a corpo fra noi e i regi e la bandiera lacera rimase un pezzo a noi, un pezzo ai regi”.
(12)
Sappiamo chi fu, tra i garibaldini, che cercò di riprendersi quel drappo che i borbonici avevano loro strappato? Forse.  

La bandiera di Valparaiso…fu vista agitata alcuni istanti, di qua di là, in una mischia stretta e terribile e poi sparire. Ma Giovan Maria Damiani delle guide potè afferrarne uno dei nastri e strapparlo; gruppo michelangiolesco lui e il suo cavallo impennato, su quel viluppo di nemici e di nastri. Mi rimarrà dinanzi agli occhi finchè avrò vita”. ( 13 )

Ma un certo Antonio Pellegrino, secondo la testimonianza di Ugo De Maria, affermava di “essere riuscito a strappare dalle mani di un soldato borbonico la bandiera e di essersela nascosta fra il seno e la camicia”.

Quel Pellegrino nominato in perpetuo portabandiera della società palermitana dei superstiti dei Mille, farà sventolare per anni e anni quel drappo vero o presunto ( la cosa non è sufficientemente chiarita ) nelle dimostrazioni di Palermo”. ( 14 )

Ma se crediamo che i borbonici quella bandiera la strapparono davvero ai garibaldini, sappiamo di essi chi fu a farlo? Forse.

Uccise il portabandiera dei garibaldini, levandogli il ricco drappo “un sergente, alto della persona e rosso”, appoggiandogli sul petto il fucile con la punta della baionetta e sparando.

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E’ Giuseppe Bandi a dircelo perché quel sergente, di lì a poco, tentò d’ammazzare anche lui; lo incontrò due mesi dopo, in marcia alla volta di Milazzo, precisamente passando per Barcellona, quando quel sergente, disertando era passato con Garibaldi, e ne seppe il nome. Quel Certosini, così si chiamava, presto sarebbe morto com- battendo a Capua. ( 15 )

Lo storico di parte borbonica Giacinto De Sivo, prima del Bandi, aveva tuttavia fatto altri nomi scrivendo che “un soldato calabrese di nome Francesco Serratore” aveva ucciso il portabandiera; “ e però ratto l’altro soldato Angelo De Vito afferrò la bandiera”. ( 16 )

Non furono però, né Certosini né De Vito, almeno secondo Francesco Guardione che riporta una lettera, datata 22 ottobre 1903 e a lui pervenuta e scritta dal figlio del soldato borbonico che veramente prese la bandiera .

Leggiamo: “Fu precisamente mio padre Luigi Lateano, soldato dei regi nell’8 Battaglione Cacciatori che alla battaglia di Calatafimi conquistò la bandiera dei Mille. Mio padre fu premiato con la promozione a sergente, inoltre ebbe la medaglia d’oro al valor militare, un premio di 100 scudi e la nomina a cavaliere del Real Ordine Militare di San Giorgio della Riunione”. ( 17 )

Quel soldato fu dunque premiatissimo e Luigi Natoli conclude che premi così importanti non sarebbero stati dati a chi non li avesse davvero meritati. ( 18 )

Quella bandiera, prima di essere presa dal soldato borbonico, era passata di mano in mano. Chi portava dapprima  quella bandiera? La portava Giuseppe Campo…sottotenente della 6° compagnia comandata dal Carini..

Il giorno 15 maggio in un breve alt, fu dato ordine che quella bandiera passasse al centro della compagnia Cairoli, la 7° pavesi. Non so il perché. Ma la bandiera fu portata infatti dal Campo in mezzo a quella compagnia che era la più numerosa e forse la più intellettuale. E la bandiera sventolò superba . … Questa tornò al centro della 6° compagnia.

E anche di ciò non so il perché, so invece che vi fu un momento in cui il Campo mandò uno da Garibaldi a domandargli dove si doveva mettere con la bandiera. …

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Garibaldi disse: “Ditegli che la porti nel mamelou più alto e che la faccia sventolare”. ( 19 )

E’ quella che abbiamo riportato una testimonianza tarda ( del 1903 ) di Giuseppe Cesare Abba; nelle Noterelle, il 15 maggio, alle 11 ant., sui colli del Pianto Romano, aveva tuttavia scritto: “La bandiera sventola sul poggio più alto, in mezzo a noi. Il sottotenente che la porta, mandò me dal Generale, e il Generale mi mandò a lui comandando: “ Ditegli che si porti sul poggio più alto, colla bandiera, e che la faccia sventolare! Dio, con quale voce me lo disse!” ( 20 )

Ma Giuseppe Campo fu il vessillifero dei Mille fino al momento in cui Nino Bixio non sentì il bisogno di portare la bandiera in capo al suo battaglione. Pare che dal Bixio la bandiera passasse a Menotti Garibaldi che, ferito alla mano, la cedette a Simone Schiaffino, che apparteneva al piccolo corpo delle Guide, e somigliava a Garibaldi.

Fu l’ultimo a portare quella bandiera, a lui venne tolta dal soldato borbonico che l’uccise, somigliava al Generale, si sparse voce che quest’ultimo fosse morto, in realtà era stato soltanto colpito da un sasso, alla fine i borbonici, esaurite le munizioni, fecero la guerra a sassate, lo si andò a dire al Landi che Garibaldi era morto, gli si portò la bandiera, ma gli si chiese aiuto, quello invece ordinò di ritirarsi e, pur se poco convinto, scrisse quella sciocchezza al Castelcicala.

Continua....

Bibliografia

10)Giuseppe Cesare Abba, lettera inviata al giornale il Capitan Fracassa (anno III, n. 239 ) nell’agosto
del 1903, in Francesco Guardione, op. cit., p. 249,
11)Diritto del 3 giugno 1860 in La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli: nei proclami, nelle 
corrispondenze, nei diari e nelle illustrazioni del tempo, a cura di Mario Menghini, Società Tipografico-
Editrice Nazionale, Torino 1907, p. 31,
archive.org/…/laspedizionegari00menguoft/laspedizionegari00mengu…
12)Movimento del 10 giugno 1860 in La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli, op. cit., p.37,
13)Giuseppe Cesare Abba, op. cit., p. 21,
14)Ugo De Maria, I siciliani nella spedizione dei Mille, Rassegna Storica del Risorgimento, 1931, p.109,
www.risorgimento.it/rassegna/index.php?id=17139
 15)Giuseppe Bandi, op. cit., parte 2°, cap. 8°,
16)Giacinto De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. 2°, Trieste 1868, p. 58,
books.google.com/…/Storia_delle_Due_Sicilie_dal_1847_al_186.ht…
17)Francesco Guardione, op. cit., p. 350,
18)Luigi Natoli, Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille,
Rassegna Storica del Risorgimento, XXV, 1938, pp. 249-263,
www.risorgimento.it/rassegna/index.php?id=27206
19)Giuseppe Cesare Abba, lettera al Capitan Fracassa, cit., in Francesco Guardione, op. cit., pp. 349-350,
20)Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, op. cit., p. 19,

 

La storia, soprattutto quella recente e che ci riguarda più da vicino, deve essere patrimonio comune di conoscenze e di comprensione per potere  interpretare anche le vicende del presente. Biagio Napoli cultore di cinema e di storia, con la accuratezza e la passione che lo contraddistingue ha ricostruito per noi attraverso una mole impressionante di testi, di documenti e  di tstimonianze una delle pagine più note ma anche più controverse della storia della Sicilia e d'Italia, e cioè la Spedizione dei Mille. La pubblicheremo in quattro puntate su bagherianews la domenica mattino. Quella di oggi è la prima. redazione bagherianews.com

 

IN  ROTTA  VERSO  LA  SICILIA

Giunsero nell’isola su due navi al cui fianco una caldaia a vapore muoveva delle pale cioè su due navi a ruota. Sul Piemonte, governato dal siciliano Salvatore Castiglia, navigavano Garibaldi e il suo stato maggiore. Il Lombardo era invece guidato da Nino Bixio che aveva esperienza di marinaio. Alla risposta di un caporale che a lui non piacque, “Bixio giù! Gli scaraventò un piatto in faccia”.

Convocò tutti a poppa, “ritto lassù che pareva lì per annientarci. E parlò: “…Qui comando io! Qui io sono tutto, lo Czar,  il Sultano, il Papa, sono Nino Bixio! Dovete obbedirmi tutti; guai a chi osasse un’alzata di spalle, guai chi pensasse di ammutinarsi! Uscirei con il mio uniforme, con la mia sciabola, con le mie decorazioni e vi ucciderei tutti!” ( 1 ).

SBARCO  A   MARSALA

“I due vapori filarono dritto sul porto; il Piemonte gettò l’ancora al sicuro dentro il molo nel bel mezzo dei bastimenti mercantili inglesi, ma il Lombardo del Bixio che pescava più acqua, si arenò nei bassifondi alla bocca del porto a poco meno di cento metri dal faro”. ( 2 )

Avvenuto lo sbarco “Garibaldi… si occupò del suo esercito che vedeva tutto schierato per la prima volta sotto i suoi occhi: che esercito! Non arrivavano a centocinquanta quelli che indossavano la camicia rossa: altri erano in borghese. Giuseppe Sirtori, capo dello stato maggiore, era vestito in nero, col cappello a cilindro: curiosa figura tra il medico e il prete; Nullo portava un mantello bianco, come capo delle guide; Turr vestiva all’ungherese; Bixio indossava l’uniforme di tenente colonnello piemontese: grado che egli aveva nel 34° di linea; Crispi anche lui in abito nero; la signora Montmasson vestiva da uomo, e Garibaldi indossava il famoso puncho, e sotto il puncho la camicia rossa, e in testa un berretto tondo. Giuseppe Campo portava la bandiera”. ( 3 )


UNA  BANDIERA   A   CALATAFIMI

Il primo scontro tra garibaldini, bande siciliane e napoletani avvenne a Calatafimi, il 15 di maggio.
Quel giorno il generale comandante Francesco Landi invia una lettera a S.E. Paolo Ruffo, principe di Castelcicala scrivendo tra l’altro: “I nostri hanno ucciso il gran comandante degli italiani e presa la loro bandiera che noi conserviamo”.

Quello scritto non giunse mai al luogotenente del re. Venne infatti intercettato e su di esso Stefano Turr, primo aiutante di campo di Garibaldi, appose un commento. E scrisse che la morte del generale delle camicie rosse era, naturalmente, una sciocchezza; quanto alla bandiera, essa “non era di battaglione, ma semplicemente una delle tante che esistono a volontà”.( 4 )
Comincia proprio con il Turr quella mistificazione che dà pochissima importanza all’episodio della bandiera e che gli scrittori di parte antiborbonica minimizzeranno fino, addirittura, a negarlo.
Ecco cosa scrive Federico Engels:I napoletani dichiarano di avere conquistato una delle bandiere di Garibaldi in questo scontro, ma, avendo trovato essi una bandiera dimenticata a bordo di uno dei battelli abbandonati a Marsala, è possibile che abbiano esibito quella stessa bandiera a Napoli come prova della loro pretesa vittoria”. ( 5 )

Se Engels esagera, altri memorialisti seguono dunque il Turr e affermano che si trattava di una bandiera qualsiasi. Valga per ogni altra la seguente affermazione: “Quasi tutti i volontari portavano una piccola bandiera nazionale che facevano sventolare nei momenti di gioia, o quando incontrati dalle popolazioni siciliane dovevano rispondere con festa degna di soldati”. ( 6 )

Ma era davvero una bandiera qualsiasi?

No, perchè essa era, invece, “ tutta una storia: a Garibaldi l’avevano donata i fieri abitanti di Valparaiso” ( 7 ) quando, la primavera del 1855, il generale toccò quel porto.

Era dunque “la bandiera di Garibaldi…la ricca bandiera”, ( 8 ) “il vessillo dei Mille”, ( 9 ) una bandiera “bellissima e ricchissima, anzi sontuosa… di seta fortissima.

Su di un lato vi si vedeva l’Italia in forma di donna augusta, trionfante su catene spezzate ed armi d’ogni sorta, tutto trapunto in argento e oro. Sull’altro lato in grandi caratteri d’oro si leggeva:  A Giuseppe Garibaldi   Gli italiani residenti in Valparaiso.

1 Puntata  Continua.....

Riferimenti bibliografici

1)Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, Noterelle di uno dei Mille, p. 12, 
www.liberliber.it/.../a/abba/da_quarto_al_volturno/pdf/da_qua_p.pdf
2)George Macaulay Trevelyan, Garibaldi e i Mille, Zanichelli, Bologna 1909, p. 304,
archive.org/details/garibaldiei mille00trev
3)Raffaele De Cesare, La fine di un regno, parte II, S. Lapi Tipografo-Editore, Città di Castello, 1900, p. 209,
archive.org>Ebook and Texts archive> American Libraries
Giuseppe Campo, portabandiera dei Mille, aveva capeggiato la rivolta antiborbonica dell’ottobre 1859
a Bagheria. Era poi riuscito a raggiungere casa propria, a Palermo, dove si era nascosto, travestito da
prete. Il 6 novembre si imbarcò per Genova travestito, stavolta, da marinaio, per tornare in Sicilia con
Garibaldi.
4)Francesco Guardione, Il dominio dei borboni in Sicilia dal 1830 al 1861, vol. 2°, Società Tipografico-
Editrice Nazionale, Torino 1907, pp. 325-326,
archive.org/…/il dominiodei bor02guargoog/ildominiodeibor02guarg…
5)Federico Engels, Garibaldi in Sicilia, in Marx-Engels, Opere Complete 1859-1860, vol. XVII, Editori
Riuniti, Roma 1986, pp. 392-396. L’articolo apparve sul “New York Daily Tribune”, n.5979, 22 giugno
1860, Editoriale e fu scritto intorno al 7 giugno 1860.
www.bibliotecamarxista.org/autor/Friedrich_Engels.htm
 6)Giovanni La Cecilia, Storia dell’insurrezione siciliana e dei successivi avvenimenti per l’indipendenza
ed unione d’Italia e delle gloriose gesta di Giuseppe Garibaldi, vol. 1°, Libreria di Francesco Sanvito,
Milano 1860, p. 108,
books.google.com/books/…/Storia_dell’_insurrezione_siciliana.html?i…
7)Giacomo Oddo, I Mille di Marsala, scene rivoluzionarie, Giuseppe Scorza Di Nicola Editore, Milano
1863, p. 241,
books.google.com/books/about/I_mille_di_Marsala.html?id…
8)Giuseppe Bandi, I Mille da Genova a Capua, parte 2°, cap. 6°, 
www.liberliber.it/mediateca/libri/b/bandi/i_mille/.../bandi_i_mille,pdf
9)Francesco Guardione, op. cit., p. 324,

 

Che esisteva un paese di nome Agadir il mondo lo scoprì all'alba del  29 febbraio del 1960, quando la radio diffuse la notizia di una scossa di terremoto devastante della durata di 15"  che avevavletteralmente raso al suolo questo paesone marocchino di circa 50.000 abitanti che sorgeva su una collina, e viveva di pastorizia, agricoltura e pesca.

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