Il diritto di sperare, di avere un futuro, di realizzare i propri sogni, in una parola: di vivere, oggi viene negato a buona parte degli abitanti della terra. Se nasci nell’opulento occidente, nel nord del mondo, allora avrai buone possibilità di realizzarti, di curarti, sarai tutelato da tutte quelle Dichiarazioni universali che in tre quarti del pianeta restano lettera morta. Altrimenti sarà una lotta per la sopravvivenza. Quante volte ci capita di ascoltare di uomini e donne, con bambini al seguito, che trovano la loro tomba nel mare nostrum?
Dietro ognuno, c’è un volto, un nome, una storia. Ce lo ricorda nel suo bel libro Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, Feltrinelli, 240 pp, euro 15,00, raccontandoci la storia vera di Samia, una ragazzina somala che ama correre e che finirà per cercare un futuro dentro un barcone per Lampedusa. Con uno stile semplice ed efficace, l’autore veste i panni della ragazzina, occhi aperti e pieni di speranza in un piccolo mondo fatto da una famiglia affettuosa, ma anche di pericolosi integralismi che lentamente prenderanno il sopravvento. Non c’è possibilità per Samia di potersi allenare, deve andare di notte allo stadio e indossare il burka.
Dopo anni di allenamenti clandestini, riuscirà a partecipare, diciassettenne, alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 arrivando ultima, ma diventando un simbolo per tutte le donne africane. Il coraggio e la tenacia di Samia vengono fuori ancora di più dopo la delusione per avere perso il suo migliore amico e primo allenatore, Alì, arruolatosi tra gli integralisti. Non le rimane altro che tentare il Viaggio, quello che ha già portato in salvo la sorella nel nord Europa.
Il suo sogno sono le Olimpiadi del 2012 a Londra. Apprendiamo così cosa significhi lo spaventoso viaggio che porta Samia, e tutti i migranti del corno d’Africa, da Addis Abeba, dove la ragazza si reca scappando da Mogadiscio, al deserto della Libia fino al mare, passando per le mani di brutali trafficanti di uomini che chiedono denaro ad ogni tappa. Apprendiamo, stando dall’altra parte, cosa significhi, per mesi, la fatica, la fame, l’annullamento di ogni umanità. Ma allo stesso tempo, anche il coraggio della speranza, la forza del sogno e infine, in questo caso, la delusione a pochi metri dall’arrivo, in una cupa notte sul quel mare che può darti speranza o togliertela.
Un libro che ne ricorda un altro: Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, e che ha, come quello, il merito di accendere i riflettori sulle dinamiche terribili della migrazione che è fatta di uomini e donne che cercano un futuro migliore e hanno tutto il diritto di farlo.
Un libro, finalista al premio Strega, da leggere e da far leggere per la grande forza narrativa di una piccola storia che diventa, per riflesso, la storia tragica di un esodo. Ci resta il sapore amaro del rammarico per questo sogno infranto, per questa giovane vita perduta, per questa grande e profonda ingiustizia.
Maria Luisa Florio