Cultura

In Italia sembra tutto scritto. Ognuno ha la sua parte all’interno di un film infinito. Giovani speranzosi di poter cambiare questa nazione, giovani che non hanno nessun interesse, giovani che sopravvivono, con la convinzione che non cambierà niente.

Adulti che hanno la fortuna di poter tirare avanti con uno stipendio statale, adulti che entrano in politica per ottenere più soldi possibili dallo stato, adulti benestanti che si fanno i fatti loro, adulti che provano a cambiare le cose. 

Ma il risultato è sempre quello: quella terribile sensazione di equilibrio. Quell’infame equilibrio che fa sopravvivere chi non è ricco. Quell’equilibrio che fa gestire la società in maniera sgangherata a chi possiede soldi e potere. Quel terribile equilibrio che zittisce chi può ancora mangiare.

Tutto è basato sui soldi. Sui beni e sui servizi. Ovvio… nel momento in cui mancano, e nel momento in cui si vedono persone che vivono nel lusso, si fa il paragone tra le due situazioni, ed il gioco è fatto. Si desidera continuamente il denaro. Forse i soldi non fanno la felicità, ma sicuramente la mancanza di soldi fa l’infelicità. Ed in questa situazione, per esclusione, la felicità corrisponderà a possedere un buon capitale.

Quella terribile sensazione di equilibrio è un gioco perverso che porta a pensare che non cambierà mai niente, che sarà sempre così, che bisogna accontentarsi.

È un equilibrio che porta ad una sempre più ristretta minoranza chi vuole cambiare le cose, e fa aumentare sempre più il gruppo di persone che sono integrate nel sistema. Sia i poveri che i ricchi non vogliono che le cose cambino e si integrano perfettamente in una società che è ormai fondata sui beni materiali. Chi vive al limite della sopravvivenza difficilmente può perseguire degli ideali, base di un possibile cambiamento. Chi ha i soldi non ha bisogno del cambiamento. Chi vorrà cambiare le cose dovrà combattere contro chi non vuole. E quest’ultimi, grazie a questo terribile equilibrio, sono sempre di più, e sempre più potenti. I ricchi hanno il potere di gestire la società, e i poveri hanno il potere di mantenerla stabile, accontentandosi di ciò che i ricchi gli propongono.

Spero che qualcosa spezzerà tutto ciò, ma questa situazione sembra rafforzarsi ogni giorno che passa. Ed all’interno del motto comune “non possiamo lamentarci…” vivo giornalmente quella terribile sensazione di equilibrio.

Giampiero Carollo

foto tratta dal web
 

La bellezza in solitario appaga il cuore solo a metà. Si vorrebbe condividerla subito, si tratti di una sonata di Beethoven o della lettura integrale della Divina Commedia. Poi ci sono quegli approdi che presuppongono uno sforzo maggiore: la scalata di una montagna così come la soluzione di un difficile rebus. Tanti di noi, tra questi, hanno posto anche le scienze esatte, affascinanti, ma difficili da raggiungere come vette inaccessibili. 

Probabilmente anche per vincere qualche diffuso pregiudizio, oltre che per provare a condividere la bellezza di certi approdi, il fisico teorico Carlo Rovelli, responsabile del centro di Fisica Teorica di Marsiglia, regala ai lettori, Sette brevi lezioni di fisica, Piccola Biblioteca Adelphi, 90 pp.10 euro. Comincia con Einstein e la sua teoria della relatività con un approccio letterario degno del più consumato dei romanzieri. 

Sentite un po’: “Da ragazzo Albert Einstein ha trascorso un anno a bighellonare oziosamente. Se non si perde tempo non si arriva da nessuna parte, cosa che i genitori degli adolescenti di oggi purtroppo dimenticano spesso (…) leggeva Kant e seguiva a tempo perso le lezioni all’Università di Pavia: per divertimento senza essere iscritto né fare esami. E’ così che si diventa scienziati sul serio”.

Come si fa a non rimanerne affascinati? I non addetti ai lavori, ideali destinatari di questo piccolo gioiello, tra cui i tanti timorosi amanti delle belle lettere, si trovano travolti da questa bellezza cosmica e si rendono conto di essere rimasti indietro di qualche centinaio d’anni sulla comprensione dell’Universo.

Ebbene, tenetevi forte: Newton e la sua teoria della Gravitazione Universale sono, infatti, belli e superati da un secolo buono e in questo momento storico due diverse, e per ora inconciliabili, teorie si contendono la chiave dell’Universo: la Relatività di Einstein e la teoria dei Quanti. La terra e gli altri pianeti non girano attorno al sole perché attratti da una misteriosa forza di gravità, ma perché lo spazio si incurva. E’ come se il sole fosse sprofondato in una rete molle e tutti i pianeti “costretti” in un’ orbita dallo spazio ricurvo.

E poi ancora: la fisica delle particelle, la probabilità, il tempo, che passa più veloce in montagna che al mare, i buchi neri. Rovelli, ci prende per mano e ci fa vedere una realtà nuova e incredibile, con un linguaggio semplice ed affascinante. Abbiamo la sensazione di avere spostato un po’ più in là l’asticella della nostra ignoranza e di aver preso coscienza che “la nostra immagine intuitiva del mondo è parziale, parrocchiale, inadeguata”.

Uno straordinario viaggio in cui si resta strabiliati dalla bellezza che ci sovrasta e che ci sfugge. E anche in questa grande sorpresa, quasi prefigurando il nostro smarrimento, Rovelli ci accompagna con parole piene di poesia. “La natura è la nostra casa e nella natura siamo a casa. Questo mondo strano, variopinto e stupefacente che esploriamo, dove lo spazio si sgrana, il tempo non esiste, e le cose possono non essere in alcun luogo, non è qualcosa che ci allontana da noi (…) Qui, sul bordo di quello che sappiamo a contatto dell’oceano di quanto non sappiamo brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato”.

Meraviglioso!

alt
 

 

 

 

 

Maria Luisa Florio
 

Giovedì 18 dicembre alle ore 18.00 nella sala Borremans di palazzo Butera, verrà presentato il libro di Giusi Buttitta, "Milleparole circa sull'assenza", editore Ottavio Navarra.

Interverranno con l'autrice, Ottavio Navarra, Maurizio Padovano e Davide Camarrone. Modera Angelo Gargano

Dieci frammenti, dieci derive, dieci precipizi, dieci soggetti isolati, circondati dal vuoto, sgomenti di fronte alle declinazioni della normalità; dieci
personaggi fuori fuoco.
Dieci storie ed un unico protagonista: l’assenza.
Dieci racconti, ciascuno di mille parole circa, che narrano il reale attraverso lo sguardo di dieci soggetti atterriti dalle sfaccettature della consuetudine.

Può un viaggio che dalla Cina catapulta una donna in Italia cambiarle la vita?   Può l'ossessione di un tradimento portare un marito a devastare sua moglie?  Può una vita costruita sul demone degli “elenchi del fare”, o quella che incatena una donna al cerimoniale di un ti amo vuoto, spiegare scelte estreme?

È innegabile che ognuna di queste storie nasconda un malessere. La conclusione è una presa di coscienza che porta i personaggi a scelte prive di ribellione, protese verso una ricomposizione i n t e r i o r e c h e p a s s a a t t r a v e r s o l’annientamento.

-------------------------------------------------

Giusi Buttitta, bagherese, da anni collabora con periodici locali, cartacei e on line, ed è una delle presenze, dal punto di vista giornalistico e narrativo, tra le più interessanti e promettenti del nostro territorio. Per Lei "Milleparolecircasull'assenza" è la prima vera fatica letteraria organica, sviluppata secondo la formula del racconto breve, portata avanti lungo due versanti paralleli, l'introspezione acuta e talora impietosa dentro se stessa e lo sguardo 'fuori' pronta a cogliere alcuni dei fenomeni più complessi della società contemporanea.

------------------------------------------------
-
 

 

Degli ammazzamenti se ne discute in piazza

Troppo presto il Questore chiede promozioni e gratifiche. Infatti “appena dopo la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria…il Gattuso Mariano si lasciò sfuggire…alcune frasi relative al vero scopo dell’attentato…che era quello di colpire il sindaco Scordato”. ( 1 ) L’uomo è perciò sottoposto ad altro interrogatorio durante il quale verrà fuori una nuova, e differente, verità. Il pomeriggio del 15 aprile 1883 il Gattuso lo trascorre in giro per il paese e, del tutto casualmente, così dice, almeno tre volte incontra lo stesso gruppo di persone. Cominciamo dall’ultimo incontro. “Trovandosi a passare…nei pressi in cui avvenne lo attentato, rivide il Todaro, il Belvedere, nonché lo Scianna in atteggiamento di aspettazione di tal che avvenuto l’attentato non costò a ritenere autori Todaro e Belvedere…”. ( 2 )

I killer sono serviti; e i mandanti? Per questi ultimi dobbiamo riferirci al primo incontro di quel giorno di Mariano Gattuso. Sono le 3 e ½ del pomeriggio ed egli attraversa piazza Madrice dove alcune persone sono ferme a parlare. Di cosa? Stanno programmando nientedimeno un assassinio nella persona del sindaco Scordato, hanno già un esecutore materiale, il Todaro Nicolo’, gliene serve un altro, lo chiamano per fare a lui la proposta, rifiuta perché non è fatto per queste cose. I nomi di quelle persone: Todaro Nicolò, Ragusa Paolo inteso Scianna, Ticali Salvatore inteso Battaglia, Ticali Antonino, Mineo Giovanni e Greco Pietro.

Dunque “concertavasi la uccisione del sindaco Scordato per mandato diretto di don Pietro Greco. …Il Mineo, con quel tono di autorità che gli veniva dall’essere riconosciuto come uno dei quattro capi dell’associazione di malfattori, diceva: "picciotti l’avimo a fari stu piacire a don Pietro..", e costui rispondendo alla sua volta aggiungeva: “mi dispiace che io sia conosciuto, perché altrimenti lo farei da me solo, ma questa volta a costo di spendere 1000 onze il cavaliere della Mendola ( alludendo allo Scordato ) deve cadere e non deve godersi la fiaccolata”. ( 3 )

Il gruppo si scioglie ma, ripassando dopo tre ore, cioè alle 6 e ½ , per la stessa piazza, cioè la Madrice , il Gattuso rivide “i medesimi individui i quali avendolo novellamente richiamato gli rifecero la proposta di uccidere il sindaco in compagnia del Todaro”. ( 4 ) Ancora una volta egli rifiuta e allora “il Ragusa-Scianna dice di avere trovato il compare del Todaro nella persona di Belvedere Ciro”. ( 5 ) Accusato dal killer di essere il mandante del mancato delitto Galeoto, il nostro parla di bersaglio e mandanti diversi, non ricorda la presenza, in quella piazza, di Giuseppe Enea che il Todaro, invece, indicava come altro mandante, ( ma l’Enea gli è compare! ), esclude completamente la presenza di Giuseppe Giangrasso ( ma il Giangrasso gli è zio! ). Non c’entrano l’Enea e il Giangrasso e neppure lui c’entra perché “è innocente di tutto, innocente come la Madonna”. ( 6) Ma chi è Mariano Gattuso e perché viene messo a parte dei preparativi di un assassinio?

altRitratto di fratuzzo

Gattuso Mariano, di anni 27. Da dieci anni era impiegato inferiore alle ferrovie. Tre anni stette in tale qualità a Bagheria. Ebbe ucciso il padre. Un giorno gli fu detto se volesse fare parte di una coppia di amici. -Non comprendo che vogliate dire. "Vuol dire -gli risposero- che abbiamo quattro capi, Aiello, Mineo Giovanni, Mineo Alberto e certo Maggiore". Egli si rifiutò, avendo compreso che trattavasi di infami malfattori. -Ebbene farai la fine di tuo padre-gli risposero. Egli, giovinetto, pauroso, accettò per timore di essere scannato. Allora lo condussero seco  e lo ammisero nella società. Il giuramento a cui fu sottoposto consisteva nel bruciare della carta. Gli appresero anche i segni di riconoscimento tra cui la domanda: che ora è? E la risposta: 38 o 39”. ( 7 ) 

Non vengono bruciate immagini sacre, né si pungono polpastrelli per farli sanguinare, né si spara contro crocifissi e neppure ci sono segni di riconoscimento particolarmente complicati come in una affiliazione che si rispetti, tuttavia quella di Mariano Gattuso è pur sempre una affiliazione. Essa è avvenuta quand’egli non aveva che sedici o diciassette anni. Dopo tutto questo tempo, e nonostante qualche anno prima ci sia stato un processo e delle condanne, la setta dei fratuzzi è tutt’ora viva e vegeta ed egli ne fa parte. O dovremmo dire che ne faceva parte visto che ora ne ha denunciato i capi? Al dibattimento del 1886 un avvocato “fa notare che il Gattuso, quantunque povero, è vestito tutto di nuovo…Gattuso Io guadagnavo cinque lire al giorno” ( 8 ) risponderà con orgoglio.

Il Galeoto quella volta lavò i piatti

Mariano Gattuso non ci sta dunque ad assumersi il ruolo di mandante; tanto più che da Marianopoli, dove “era capo squadra nei lavori della galleria” ( 9 ) e dove si era ammalato, a Bagheria c’era ritornato, per rimettersi, “per cambiare aria e spezzare la forte febbre che lo tormentava e da lui presa nel lavoro a Marianopoli” , ( 10 ) il 14 aprile. Come faceva perciò ad organizzare un assassinio essendo sul luogo soltanto il giorno prima? L’uomo fu comunque messo a confronto con ognuno degli altri incarcerati e, nonostante questi ultimi sostenessero la prima versione dei fatti, venne ritenuto credibile. Il possidente Pietro Greco era stato un consigliere comunale d’opposizione; in occasione della nomina ad assessore del Galeoto, che era della fazione del sindaco ma, poiché contadino, non era molto apprezzato, insieme ad altri consiglieri, per protesta, si era dimesso; il segretario comunale, interrogato durante il dibattimento del 1886, dirà che “nella seduta per la commissione delle acque, ci fu un battibecco tra il sindaco e il Greco”; ( 11 ) tra lo Scordato e il Greco c’era infine una vecchia ruggine nata dal rifiuto del sindaco di dare all’altro la figlia in sposa. Cosa si voleva di più? E c’era, infine, che il Galeoto alla fiaccolata non aveva partecipato. Perché? Semplice: era rimasto alla Certosa per riprendersi l’argenteria che era servita per il pranzo offerto agli scolari del Gianfreda. “Sbrigatosi di questa faccenda, ritornò a casa e seppe dell’infelice esito della fiaccolata e dei tre morti”. ( 12 )

Al dibattito l’avvocato Marinuzzi, che era difensore di Ciro Belvedere e di Paolo Ragusa-Scianna, ironizzerà sul fatto dicendo che l’assessore era rimasto “a lavare i piatti” volgendo a favore delle sue argomentazioni questa circostanza poiché era egli “un assessore comunale e gli esecutori potevano ben credere ch’egli fosse tra le autorità e alla testa della fiaccolata”. ( 13 ) Il dubbio su chi fosse il vero bersaglio delle fucilate rimarrà sino alla fine e non sarà sciolto. All’udienza del 5 maggio 1886 al cav. Scordato il P.M. chiede “se crede che l’attentato fosse diretto a lui o all’assessore Galeoto. Teste. A me, a me! L’assessore Galeoto non era nella fiaccolata. …L’avvocato Puglia…domanda però al teste come fu indotto a credere che le fucilate fossero dirette a lui tra tanta folla. Teste. Prima di tutto dalla dichiarazione del cav. Gianfreda e del prof. Geraci che dissero i colpi essere stati diretti verso il punto in cui stavano essi insieme a me, in secondo luogo dalla voce pubblica, perché tutti gridarono:-vollero uccidere il sindaco!” ( 14 )

altOpinioni dunque , voce pubblica, rivelazioni di un ex fratuzzo, nessuna prova.Tintu cu l’havi i rannuli a vigna

Il fascicolo dell’ASP contenente la documentazione della vicenda di cui ci occupiamo, di rilevante comprende ancora, per il 1883, la seguente lettera che vale la pena di pubblicare per intero.

11 settembre 1883 . Prefettura di Palermo. N. 2818 di protocollo. Oggetto: istanza di Bartolone Giuseppe fu Carmelo da Bagheria. Al Signor Sindaco Bagheria.

Bartolone Giuseppe coll’unita istanza esponendo di essere padre al disgraziato Giuseppe, rimasto ucciso nel fatto doloroso avvenuto il 15 aprile u s in codesto Comune, chiede da codesto municipio che sia sollecitato un provvedimento alla domanda da esso già presentata per conseguire la concessione di un presidio. Il ricorrente dice che privato dell’unico figlio dal quale riceveva i mezzi per campare la vita, è ora ridotto nella massima miseria giacchè nella sua gran età di 70 anni non può darsi ad alcun lavoro. Sembrandomi la domanda degna di maggiori riguardi io la raccomando alla S.V.Ill.ma affinchè gli sia da codesta onorevole rappresentanza municipale concesso il presidio ch’egli si è fatto a domandare. Il Prefetto.
Riguardo alla concessione al vecchio Bartolone Giuseppe del presidio da lui richiesto non abbiamo notizie.

Continua

alt

 

Note
1- ASP, Gabinetto Prefettura, Busta 100, Fascicolo 116, 1887, rapporto del Questore al Prefetto e al Ministro dell’Interno del 12 luglio 1883.
2-Ibidem.
3-Ibidem.
4-Ibidem.
5-Ibidem.
6-Giornale di Sicilia del 1 Maggio 1886.
7-Ibidem.
8-Ibidem.
9-Giornale di Sicilia del 13 maggio 1886.
10-Giornale di Sicilia dell’1 maggio 1886.
11-Giornale di Sicilia dell’8 maggio 1886.
12-Ibidem.
13-Giornale di Sicilia del 13 maggio 1886.
14-Giornale di Sicilia del 7 maggio 1886.


Dicembre 2014 Biagio Napoli

 

Altri articoli...