Degli ammazzamenti se ne discute in piazza
Troppo presto il Questore chiede promozioni e gratifiche. Infatti “appena dopo la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria…il Gattuso Mariano si lasciò sfuggire…alcune frasi relative al vero scopo dell’attentato…che era quello di colpire il sindaco Scordato”. ( 1 ) L’uomo è perciò sottoposto ad altro interrogatorio durante il quale verrà fuori una nuova, e differente, verità. Il pomeriggio del 15 aprile 1883 il Gattuso lo trascorre in giro per il paese e, del tutto casualmente, così dice, almeno tre volte incontra lo stesso gruppo di persone. Cominciamo dall’ultimo incontro. “Trovandosi a passare…nei pressi in cui avvenne lo attentato, rivide il Todaro, il Belvedere, nonché lo Scianna in atteggiamento di aspettazione di tal che avvenuto l’attentato non costò a ritenere autori Todaro e Belvedere…”. ( 2 )
I killer sono serviti; e i mandanti? Per questi ultimi dobbiamo riferirci al primo incontro di quel giorno di Mariano Gattuso. Sono le 3 e ½ del pomeriggio ed egli attraversa piazza Madrice dove alcune persone sono ferme a parlare. Di cosa? Stanno programmando nientedimeno un assassinio nella persona del sindaco Scordato, hanno già un esecutore materiale, il Todaro Nicolo’, gliene serve un altro, lo chiamano per fare a lui la proposta, rifiuta perché non è fatto per queste cose. I nomi di quelle persone: Todaro Nicolò, Ragusa Paolo inteso Scianna, Ticali Salvatore inteso Battaglia, Ticali Antonino, Mineo Giovanni e Greco Pietro.
Dunque “concertavasi la uccisione del sindaco Scordato per mandato diretto di don Pietro Greco. …Il Mineo, con quel tono di autorità che gli veniva dall’essere riconosciuto come uno dei quattro capi dell’associazione di malfattori, diceva: "picciotti l’avimo a fari stu piacire a don Pietro..", e costui rispondendo alla sua volta aggiungeva: “mi dispiace che io sia conosciuto, perché altrimenti lo farei da me solo, ma questa volta a costo di spendere 1000 onze il cavaliere della Mendola ( alludendo allo Scordato ) deve cadere e non deve godersi la fiaccolata”. ( 3 )
Il gruppo si scioglie ma, ripassando dopo tre ore, cioè alle 6 e ½ , per la stessa piazza, cioè la Madrice , il Gattuso rivide “i medesimi individui i quali avendolo novellamente richiamato gli rifecero la proposta di uccidere il sindaco in compagnia del Todaro”. ( 4 ) Ancora una volta egli rifiuta e allora “il Ragusa-Scianna dice di avere trovato il compare del Todaro nella persona di Belvedere Ciro”. ( 5 ) Accusato dal killer di essere il mandante del mancato delitto Galeoto, il nostro parla di bersaglio e mandanti diversi, non ricorda la presenza, in quella piazza, di Giuseppe Enea che il Todaro, invece, indicava come altro mandante, ( ma l’Enea gli è compare! ), esclude completamente la presenza di Giuseppe Giangrasso ( ma il Giangrasso gli è zio! ). Non c’entrano l’Enea e il Giangrasso e neppure lui c’entra perché “è innocente di tutto, innocente come la Madonna”. ( 6) Ma chi è Mariano Gattuso e perché viene messo a parte dei preparativi di un assassinio?
Ritratto di fratuzzo
“Gattuso Mariano, di anni 27. Da dieci anni era impiegato inferiore alle ferrovie. Tre anni stette in tale qualità a Bagheria. Ebbe ucciso il padre. Un giorno gli fu detto se volesse fare parte di una coppia di amici. -Non comprendo che vogliate dire. "Vuol dire -gli risposero- che abbiamo quattro capi, Aiello, Mineo Giovanni, Mineo Alberto e certo Maggiore". Egli si rifiutò, avendo compreso che trattavasi di infami malfattori. -Ebbene farai la fine di tuo padre-gli risposero. Egli, giovinetto, pauroso, accettò per timore di essere scannato. Allora lo condussero seco e lo ammisero nella società. Il giuramento a cui fu sottoposto consisteva nel bruciare della carta. Gli appresero anche i segni di riconoscimento tra cui la domanda: che ora è? E la risposta: 38 o 39”. ( 7 )
Non vengono bruciate immagini sacre, né si pungono polpastrelli per farli sanguinare, né si spara contro crocifissi e neppure ci sono segni di riconoscimento particolarmente complicati come in una affiliazione che si rispetti, tuttavia quella di Mariano Gattuso è pur sempre una affiliazione. Essa è avvenuta quand’egli non aveva che sedici o diciassette anni. Dopo tutto questo tempo, e nonostante qualche anno prima ci sia stato un processo e delle condanne, la setta dei fratuzzi è tutt’ora viva e vegeta ed egli ne fa parte. O dovremmo dire che ne faceva parte visto che ora ne ha denunciato i capi? Al dibattimento del 1886 un avvocato “fa notare che il Gattuso, quantunque povero, è vestito tutto di nuovo…Gattuso Io guadagnavo cinque lire al giorno” ( 8 ) risponderà con orgoglio.
Il Galeoto quella volta lavò i piatti
Mariano Gattuso non ci sta dunque ad assumersi il ruolo di mandante; tanto più che da Marianopoli, dove “era capo squadra nei lavori della galleria” ( 9 ) e dove si era ammalato, a Bagheria c’era ritornato, per rimettersi, “per cambiare aria e spezzare la forte febbre che lo tormentava e da lui presa nel lavoro a Marianopoli” , ( 10 ) il 14 aprile. Come faceva perciò ad organizzare un assassinio essendo sul luogo soltanto il giorno prima? L’uomo fu comunque messo a confronto con ognuno degli altri incarcerati e, nonostante questi ultimi sostenessero la prima versione dei fatti, venne ritenuto credibile. Il possidente Pietro Greco era stato un consigliere comunale d’opposizione; in occasione della nomina ad assessore del Galeoto, che era della fazione del sindaco ma, poiché contadino, non era molto apprezzato, insieme ad altri consiglieri, per protesta, si era dimesso; il segretario comunale, interrogato durante il dibattimento del 1886, dirà che “nella seduta per la commissione delle acque, ci fu un battibecco tra il sindaco e il Greco”; ( 11 ) tra lo Scordato e il Greco c’era infine una vecchia ruggine nata dal rifiuto del sindaco di dare all’altro la figlia in sposa. Cosa si voleva di più? E c’era, infine, che il Galeoto alla fiaccolata non aveva partecipato. Perché? Semplice: era rimasto alla Certosa per riprendersi l’argenteria che era servita per il pranzo offerto agli scolari del Gianfreda. “Sbrigatosi di questa faccenda, ritornò a casa e seppe dell’infelice esito della fiaccolata e dei tre morti”. ( 12 )
Al dibattito l’avvocato Marinuzzi, che era difensore di Ciro Belvedere e di Paolo Ragusa-Scianna, ironizzerà sul fatto dicendo che l’assessore era rimasto “a lavare i piatti” volgendo a favore delle sue argomentazioni questa circostanza poiché era egli “un assessore comunale e gli esecutori potevano ben credere ch’egli fosse tra le autorità e alla testa della fiaccolata”. ( 13 ) Il dubbio su chi fosse il vero bersaglio delle fucilate rimarrà sino alla fine e non sarà sciolto. All’udienza del 5 maggio 1886 al cav. Scordato il P.M. chiede “se crede che l’attentato fosse diretto a lui o all’assessore Galeoto. Teste. A me, a me! L’assessore Galeoto non era nella fiaccolata. …L’avvocato Puglia…domanda però al teste come fu indotto a credere che le fucilate fossero dirette a lui tra tanta folla. Teste. Prima di tutto dalla dichiarazione del cav. Gianfreda e del prof. Geraci che dissero i colpi essere stati diretti verso il punto in cui stavano essi insieme a me, in secondo luogo dalla voce pubblica, perché tutti gridarono:-vollero uccidere il sindaco!” ( 14 )
Opinioni dunque , voce pubblica, rivelazioni di un ex fratuzzo, nessuna prova.Tintu cu l’havi i rannuli a vigna
Il fascicolo dell’ASP contenente la documentazione della vicenda di cui ci occupiamo, di rilevante comprende ancora, per il 1883, la seguente lettera che vale la pena di pubblicare per intero.
11 settembre 1883 . Prefettura di Palermo. N. 2818 di protocollo. Oggetto: istanza di Bartolone Giuseppe fu Carmelo da Bagheria. Al Signor Sindaco Bagheria.
Bartolone Giuseppe coll’unita istanza esponendo di essere padre al disgraziato Giuseppe, rimasto ucciso nel fatto doloroso avvenuto il 15 aprile u s in codesto Comune, chiede da codesto municipio che sia sollecitato un provvedimento alla domanda da esso già presentata per conseguire la concessione di un presidio. Il ricorrente dice che privato dell’unico figlio dal quale riceveva i mezzi per campare la vita, è ora ridotto nella massima miseria giacchè nella sua gran età di 70 anni non può darsi ad alcun lavoro. Sembrandomi la domanda degna di maggiori riguardi io la raccomando alla S.V.Ill.ma affinchè gli sia da codesta onorevole rappresentanza municipale concesso il presidio ch’egli si è fatto a domandare. Il Prefetto.
Riguardo alla concessione al vecchio Bartolone Giuseppe del presidio da lui richiesto non abbiamo notizie.
Continua
Note
1- ASP, Gabinetto Prefettura, Busta 100, Fascicolo 116, 1887, rapporto del Questore al Prefetto e al Ministro dell’Interno del 12 luglio 1883.
2-Ibidem.
3-Ibidem.
4-Ibidem.
5-Ibidem.
6-Giornale di Sicilia del 1 Maggio 1886.
7-Ibidem.
8-Ibidem.
9-Giornale di Sicilia del 13 maggio 1886.
10-Giornale di Sicilia dell’1 maggio 1886.
11-Giornale di Sicilia dell’8 maggio 1886.
12-Ibidem.
13-Giornale di Sicilia del 13 maggio 1886.
14-Giornale di Sicilia del 7 maggio 1886.
Dicembre 2014 Biagio Napoli