Emerge dal provvedimento di fermo dell’operazione Argo la preoccupazione dell’Autorità Giudiziaria che i malumori che circolano sottotraccia tra alcuni esponenti di vertice della locale famiglia mafiosa, in particolare Sergio Flamia, Gino Di Salvo e Carmelo Bartolone, e che i Carabinieri registrano durante le intercettazioni, possano ad un certo punto esplodere in una nuova guerra di mafia (dopo l’ultima sanguinosa verificatasi tra il marzo e il luglio del 1989 quando sotto il piombo dei killers furono eliminati una decina di persone compreso il carismatico e storico capo famiglia di Bagheria Antonio Mineo).
E questa preoccupazione è supportata anche dalla dimostrata disponibilità di armi da fuoco e dalla spiccata propensione a delinquere di alcuni degli arrestati.
Sono tanti i segnali recenti e meno recenti che portano in questa direzione.
IL TENTATIVO DI ELIMINAZIONE DI PIETRO LO IACONO
A partire dal tentativo fallito nell’estate del 2008 quando la Polizia intercetta le conversazione tra quattro componenti a pieno titolo della locale consorteria mafiosa i cui dialoghi intercettati non lasciano dubbi sulle loro reali intenzioni: eliminare Pietro LO Iacono.
Si trattava di Andrea Fortunato Carbone, casteldaccese, fratello del’attuale dichiarante Giuseppe Carbone che ha permesso di scoprire i presunti responsabili del duplice omicidi di dei due ispano-canadesi Fernandez Paz Ramon e Fermando Pimentel, Gaetano Florista, Michele Modica ed Emanuele Cecala, questi ultimi due destinatari di un provvedimento di fermo, poi trasformato in arresto, notificato in carcere anche nell’inchiesta Argo.
Non lasciava alcun dubbio il tenore delle intercettazioni.
Innanzitutto l’urgenza e la necessità di agire al più presto “su questa cosa c’è un ordine che arriva di là…- anche con l’occhio della Polizia addosso, risponde Carbone a Cecala - “…abbiamo gli sbirri addosso Manuè”, ed ancora a Michele Modica “Michè, ma vedi che abbiamo gli sbirri addosso… ci sono gli sbirri addosso”.
E’ Modica che replica che l’ordine è perentorio ”si deve fare”.
E poi per le modalità della esecuzione, i cui piani venivano modificati via via che sopravvenivano difficoltà, come dire, logistiche e ambientali.
A partire dal rapimento e dalla sistemazione del furgone proprio di fronte al Lido La Navicella di Fondachello, dove il Lo Iacono era solito andare con la moglie.
Il tentativo è di intervenire in una giornata in cui non sia presente la moglie.
Diceva Carbone “Non appena ci capita, se è solo… se è solo già lo prendiamo, se sua moglie è nella macchina noi lo sappiamo da prima, lo seguiamo (…) Noi la macchina la posteggiamo prima alle 7.15 (…) e qua ci vuole uno che lo acchiappa e lo butta dentro. Michele così possiamo perdere due tre giorni, ma lo prendiamo, capisci! Altrimenti non è che possiamo aspettare che viene lui con i suoi piedi” .
E per essere ancora più chiaro “Se fosse leggero, almeno te lo metteresti sotto braccio (…). Questo è per due volte, è un…metro e ottanta..è tanto… quando si butta a mare sembra un elefante…"
E viene individuata una possibile soluzione “se troviamo un ... un fucile subacqueo (…), faccio finta che me ne vado a pesca, sbaglio e colpisco a lui” .
Già in questa intercettazione c’è il riferimento che ‘su questa cosa c’è un ordine che arriva di là’ e che ‘si deve fare’
Intercettazione che oggi viene letta con un’ottica diversa ora dopo gli omicidi di Fernandez Paz Ramon e Fernando Pimentel anche questi parrebbe ordinati d'oltreoceano
Ma oltre a questo ‘vecchio’ precedente, due sono i fatti nuovi accaduti negli ultimi mesi e addirittura nelle ultime settimane che allarmano gli inquirenti: dal 9 aprile i Carabinieri non hanno più riscontri della presenza in via Tornatore a Bagheria di Ramon e Fernando: muti i telefonini, inattivo il GPS che avevano piazzato nell’auto.
Ed è comprensibile perchè nella richiesta di fermo, formulata tempo prima della scoperta del duplice omicidio, si affermi : ‘con riferimento a tali soggetti e segnatamente a Fernandez Paz Ramon e Fernando Pimentel , particolarmente attuale è il rischio di una loro definitiva irreperibilità'.
L’ ALLONTANAMENTO DI CARMELO BARTOLONE
Il secondo elemento preoccupante e destabilizzante, e che può rivelarsi secondo gli inquirenti una vera mina vagante, è l’allontanamento di Carmelo Bartolone che, da diverse settimane, si era volontariamente sottratto agli obblighi di firma presso il Commissariato di P.S. di Bagheria e che non può non essere messo in relazione con una serie di intercettazioni in una delle quali si ipotizza un ruolo di Carmelo Bartolone nella rapina, compiuta senza l'autorizzazione di cosa nostra, in casa del titolare del distributore di carburante Q8, e che fruttò ben 60.000 euro in contanti.
Nel provvedimento di fermo si legge:
FLAMIA, ritenuto che i fatti erano gravi, se non altro perché non autorizzati dal DI SALVO, si esprimeva testualmente: … "secondo me c'è la mano di lui, sicuro! c'è la mano di lui con di quello con BONACCORSO del bar, ma questa volta secondo me si è comprato la morte, queste cose senza dire niente non si fanno queste cose...e"
Ma non solo: è la tendenza ad ‘allargarsi’ rispetto al proprio ruolo e alle proprie competenze di Carmelo Bartolone che Flamia parlando con il cugino Bruno Salvatore Giuseppe critica aspramente oltre al fatto che frequenti il fratello di un pentito.
FLAMIA: "Che a lui non è che gli interessa il discorso... dei cinquecento euro al mese che gli devono dare a mio fratello... a lui interessa il discorso che... passa per "malandrino" nei confronti di quello di Ficarazzi, lo hai capito tutto il discorso quale è?... Quindi lui, GINO che cosa... lui... quelli si rivolgono a GINO e lui voleva che GINO gli doveva dire "no, sbrigatevela con MELUCCIO" così lui faceva la figura... "minchia, qua lui c'è"... lo ha capito? Perchè a lui dei cinquecento euro al mese per mio fratello, cose... non gliene fotte un cazzo... a lui gli interessa che "...(incomprensibile)... che qua si fa quello che dico io... non quello che dice GINO!"...;
Carmelo Bartolone ha però subodorato che per lui non tira buona aria e scompare.
E ci sono riferimenti più precisi alle responsabilità che vengono contestati a Bartolone in questo spezzone di intercettazione in cui Flamia parla con Gagliano Vincenzo.
FLAMIA infatti asseriva: “eh non solo! non solo si è andato a buttare...(incomprensibile)...ENZO se viene un uccellino e mi dice a me..."stai attento...guardati quando cammini e stai attento perchè...(incomprensibile)...il programma che vogliono ammazzarti che e come"...io mio tolgo il guinzaglio...ed affronto a chiunque perche sono onesto...ma se io mi attacco alla "lanna" (fonetico n.d.r.) e me ne vado già la prima cosa che sto dimostrando è che...minchia ho torto...”.
“…se fosse venuto da mè...se fosse andato da mio fratello PIETRO ...(FLAMIA Pietro Giovanni n.d.r.)... o se fosse andato da GINO...(DI SALVO Giacinto n.d.r)...o da un'altro amico e dire..."c'è questo discorso..sono un un pugno di cornuti...sono un pugno di fango perchè vedi che io cose brutte non ne ho fatto...le cose brutte le hanno fatte loro"...dico difenditi e te ne vai almeno già c'e uno che sa perchè te ne sei andato...te ne sei andato per questo motivo...perchè giustamente sei solo e non puoi affrontare tutta sta situazione...però quantomeno glielo hai mandato a dire che sono una manata di fango e una manata di cornuti...dico...ENZO...se sei onesto..siccome onesto non c'è...ed io mi devo prendere le boccate amare perchè gli ho preso le difese...cornuto ed indegno che è...ed è tanto cornuto...capace che pensa che sono io che lo volevo portare a morire...”.
Questi passaggi inducono gli inquirenti ad inserire nel provvedimento restrittivo le seguenti considerazioni:
Nel contesto così delineato, quindi, se da un lato la clandestinità volontaria del BARTOLONE è legata al suo intendimento di sottrarsi ad un eventuale arresto in ragione del suo coinvolgimento nelle dinamiche mafiose bagheresi, è altrettanto indubbio che il principale movente dell’allontanamento sembra da legarsi alla raggiunta consapevolezza che il vertice del mandamento mafioso di appartenenza ne stava programmando l’eliminazione fisica.
D’altronde la progettualità omicidiaria nei confronti del BARTOLONE appare del tutto evidente dal contenuto delle numerose conversazioni ambientali acquisite.
Il 12.12.2012 dalle 06:33':38" (all. 149) veniva intercettata una conversazione ambientale fra il GAGLIANO Vincenzo e FLAMIA Sergio Rosario nel corso della quale si comprendeva che la fuga di BARTOLONE Carmelo, doveva essere letta da due punti di vista: il primo che lo stesso voleva sottrarsi ad eventuali misure cautelari a suo carico; il secondo che lo stesso aveva paura di essere ammazzato.
Ci sono infatti brani di intercettazioni in cui Flamia Sergio Rosario dimostra di aver intuito, ancor meglio e prima di Gino Di Salvo, i motivi della volontaria scomparsa del Bartolone e di temere che piuttosto che andare nel nord Italia, come si sussurrava in giro, il Bartolone fosse rimasto in zona e che questo aumentasse la sua pericolosità.
“E’ del resto chiaro – concludono gli inquirenti - che sia Il Flamia che il Di Salvo abbiano il concreto timore che Bartolone Carmelo, consapevole del progetto omicidiario nei suoi confronti, possa approfittare della clandestinità per programmare, ed evidentemente realizzare, azioni offensive nei loro confronti attirando sulle proprie posizioni sodali della consorteria bagherese a lui fedeli e scontenti della gestione del Di Salvo”.
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