Cronaca

Cominciano a venir fuori i primi nomi della ventina di persone sulle quali i Carabinieri di Bagheria stanno ancora approfondendo le indagini, e nei confronti dei quali potrebbero essere elevate delle imputazioni in ordine alle false firme apposte sui fogli di presenza dei dipendenti del Coinres.

Il periodico S in edicola da lunedì dedica un ampio servizio agli arresti, in carcere per Antonino Di Bella e  domiciliari per Diego Lo Paro, rispettivamente sorvegliante e dirigente amministrativo del Coinres,  pubblicando stralci di intercettazioni fatte dai Carabinieri della Compagnia di Bagheria, agli ordini del maggiore Francesco Tocci.

Venerdì scorso i Carabinieri hanno comunicato di avere acquisito fogli di presenza dei dipendenti del Coinres per effettuare delle perizie grafiche su alcune delle firme apposte e trovare smentita o conferma alle frasi contenute nelle intercettazioni che lasciano trasparire un diffuso sistema di malcostume nella gestione delle presenze e degli orari di effettivo lavoro.

E’ lo stesso Di Bella per esempio che chiarisce al dipendente del Coinres Pasqualino Barone che lui stesso si sarebbe occupato di  modificare il registro per lo stesso Barone, ma anche per Giuseppe Urso e Giovan Battista Sardina: “...Siete venuti alle sette non è che ve ne potete andare all’una? Siete venuti alle cinque...e te l’aggiusto che sei venuto alle cinque... poi voi altri mettete solo la firma per l’uscita”.

O anche allorchè Di Bella affida a Carmelo Guida l’incarico di accompagnare tale ‘zu Cicciu’ al Policlinico di Palermo;  però quel giorno il Guida risulta regolarmente in servizio.

O ancora una chiamata ad Antonino Caputo per raccomandarsi: “ sono in giro …. non passo dall’autoparco firmami la giornata a me a mio figlio che ce la siamo dimenticati... ad Antonino (il figlio di Di Bella ndr) però ci devi mettere dalle sette alle tredici”.

Talvolta a chiamarlo per rassicurarlo sull’avvenuta firma del foglio di presenza sono gli stessi dipendenti, come nel caso di Onofrio Galioto che chiama Di Bella per avvertirlo che “vedi che l’ho siglata io l’uscita va bene”.

Secondo il giornale S il giro delle firme false coinvolgerebbe anche gli amministrativi Adriano Mancini, Antonino Nocera e Domenica Pedone.

AGGIORNAMENTO

Si da atto che nel prosieguo delle indagini ulla è emerso a carico di Adriano Mancini, che non ha mai ricevuto alcun avviso di garanzia nè tantomeno è mai stato rinviato a giudizio.
 

Sarebbero una quindicina gli operai del Coinres che operano a Bagheria e per i quali ci sarebbe il sospetto che abbiano manipolato i fogli di presenza apponendo false firme o recandosi altrove piuttosto che al lavoro: i Carabinieri della Compagnia di Bagheria, agli ordini del maggiore Francesco Tocci, hanno acquisito presso il comune di Bagheria, fogli di presenza per riscontrare la veridicità di parecchie delle firme apposte.

I carabinieri avrebbero dei riscontri ottenuti in seguito ad attività investigative di intercettazioni, pedinamenti e controlli.

 Ma i CC continuano nel contempo ad indagare sulle magagne che hanno fatto del Coinres un  carrozzone mangiasoldi che serviva a distribuire stipendi per prestazioni o servizi non resi, a partire dall'uso dei mezzi durante le famose "emergenze spazzature", il cui conteggio delle ore di lavoro veniva autocertificato o imposto dagli interessati.  

Emblematica in questo senso l'intercettazione di uno dei due arrestati nell'operazione Baghdad del 25 marzo, Antonino Di Bella che in una intercettazione dice:" "Il bobcat l'hai scritto ogni giorno? tutto il mese gli devi far fare compresi i festivi" oppure "Scrivi a palicedda, che la palicedda deve lavorare come ha lavorato sempre".

E il bobcat, i Carabinieri di Bagheria, l'hanno ritrovato in uno spazio che è nella disponibilità del padre di Antonino Di Bella.

I Carabinieri hanno presentato una rapporto all'aggiunto Leonardo Agueci, che assieme ai sostituti Francesca Mazzocco e Marzia Sabella, sta seguendo l'indagine, in cui mettono sempre l'accento sulle cointeressenza della famiglia mafiosa bagherese nella gestione del Coinres.

Nell'ambito della ricostruzione  della capacità di Di Bella di influenzare l'attività dell'amministrazione comunale di Bagheria, c'è una intercettazione estremamente illuminante.

Quando la sua linea non passava, Di Bella avrebbe chiamato il sindaco di Bagheria Biagio Sciortino per farli trasferire: “Gli dici che il paese se lo puliscono Adriano con Lo Paro... o si fa quello che dico io.. altrimenti li fai andare... gli dici a Diego Lo Paro che se ne va a Bolognetta...tu gli devi dire... tu fai la domandina... e ci penso io

Un tono estremamente perentorio ed eccessivo nei confronti di un sindaco,  per uno che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di semplice sorvegliante.

Comunque Sciortino accondiscende: "Non lo so, dimmi Nino....Cosa hai bisogno...va bene ok"

 

Dopo l’esecuzione di 2 provvedimenti cautelari, nei confronti di Antonino DI BELLA cl. 55 e Diego LO PARO cl. 49, rispettivamente sorvegliante e responsabile amministrativo del C.O.In.R.E.S. di Bagheria, indagati per numerosi reati, posti in essere grazie alla influenza della locale consorteria mafiosa sul consorzio e che finivano anche con il condizionare le determinazioni dell’Amministrazione comunale, proseguono senza sosta le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Bagheria.

All’indomani degli arresti, all’esito di numerose perquisizioni domiciliari, i militari rinvenivano il mezzo meccanico noleggiato dal C.O.In.R.E.S., di fatto appartenente allo stesso DI BELLA, pur intestato a prestanome, per il cui utilizzo si è fatto risultare un numero maggiore di giorni lavorativi rispetto a quelli in cui il mezzo veniva realmente impiegato, realizzando così profitti illeciti, ammontanti a circa seicento euro al giorno, per un totale pari a diverse centinaia di migliaia di euro, considerato che il meccanismo fraudolento è andato avanti per anni.

Il veicolo era occultato all’interno di un garage, a Bagheria, di proprietà del padre di DI BELLA.

Inoltre, all’atto del sequestro, a riprova dell’impiego escluso del mezzo da parte dell’Amministrazione comunale, i militari hanno notato sul fianco del veicolo la scritta “COMUNE DI BAGHERIA”, frutto dell’ apposizione di un adesivo, poi tolto in tutta fretta, senza però che si riuscisse a cancellare la dicitura.

Gli accertamenti dei Carabinieri sono ancora in corso per delineare le ulteriori responsabilità, sia interne che esterne al C.O.In.R.E.S.: in data odierna sono state effettuate nuove acquisizioni documentali presso il comune di Bagheria e sono state sentite numerose persone informate sui fatti.

Infine, ulteriore oggetto di indagine risulta il diffuso fenomeno dell’assenteismo e dell’apposizione di firme false sui fogli di presenza per consentire la percezione di emolumenti per ore lavorative non svolte.

Fonte Ufficio provinciale stampa dei Carabineiri

Le indagini inerenti l’omicidio di Antonino ZITO, 32nne, pregiudicato palermitano, continuano senza sosta, sotto la direzione della Procura di Termini Imerese (Sost. Proc.ri Dott. Urbano, Brucoli, Gualtieri): il cadavere del giovane, ucciso con un colpo alla nuca, era stato rinvenuto, semi-carbonizzato, nella periferia di Bagheria, il 19 dicembre dello scorso anno. Secondo una prima ricostruzione: si è trattato di un'esecuzione.

Sebbene i familiari non ne avessero denunciato la scomparsa, malgrado questi non fosse rientrato la notte precedente, gli investigatori sono risaliti all’identificazione grazie ai tatuaggi che il pregiudicato aveva sulla schiena.

ZITO abitava nel rione Falsomiele. Era stato scarcerato ad aprile del 2012 dopo due anni trascorsi in cella. La sua fedina penale era segnata da una sfilza di reati: spaccio di droga, ricettazione e rapina. In carcere c'era finito tre volte fra il 2008 e il 2010.

L'ultima volta era stato accusato di fare parte di una banda che assaltava Tir. Un altro indizio - la rottura del femore della vittima - fa ipotizzare che ZITO potrebbe essere stato pure picchiato. Poi, il colpo di grazia sparato con un'arma di piccolo calibro e la decisione di infierire sul corpo con le fiamme, verosimilmente per distruggere ogni traccia utile alle indagini.

Nella mattinata del 19 febbraio, numerosi carabinieri hanno chiuso al traffico la via del Bassotto per consentire al personale della squadra rilievi del Comando Provinciale di Palermo di effettuare un approfondito sopralluogo nella via del Bassotto, quartiere Bonagia di Palermo, presso il sito ove sorgeva una baracca abusiva per la rivendita di cibo di strada, distrutta dalle fiamme proprio il giorno della scomparsa di ZITO.

Nell’occasione sono stati raccolti reperti, immediatamente inviati presso il RIS di Messina per gli accertamenti scientifici, di tipo chimico e biologico, ritenuti di primaria importanza per lo sviluppo delle indagini.

La baracca, molto frequentata dagli abitanti del quartiere per la consumazione sul posto di “quarume”, "panelle", “stigliole”, viene indicata dai numerosi testimoni, sentiti come persone informate sui fatti, nelle passate settimane, dai carabinieri della Compagnia di Bagheria, come l’ultimo luogo ove è stato visto ZITO in vita, prima della scomparsa.

Ed è proprio sulle ultime ore della giovane vittima che è massima l’attenzione degli investigatori, impegnati in una certosina opera di ricostruzione attraverso molteplici testimonianze raccolte, incrociate con i numerosi video acquisiti presso i sistemi di video-sorveglianza, relativi ad esercizi commerciali e in uso a privati, presenti nella zona.

Le prime indagini escludono che ZITO avesse legami o contrasti con personaggi di cosa nostra.

Inoltre, nel corso delle investigazioni, sono emerse inquietanti analogie tra l’omicidio in argomento e un fatto di sangue, occorso nell’estate del 2008 sempre nei pressi della via del Bassotto, in prossimità del complesso di case popolari, consuetudinariamente indicato dagli abitanti del luogo come il “DALLAS”: un altro giovane pregiudicato, LIGA Pietro, venne dapprima ferito gravemente con tre colpi di arma da fuoco che lo attingevano al torace, esplosi da ignoti. LIGA morirà pochi giorni dopo, presso l’ospedale Civico di Palermo, a seguito delle gravi lesioni riportate.

Le indagini condotte dalla squadra mobile della Questura di Palermo non hanno ancora consentito di individuare gli autori del reato: nel corso del sopralluogo condotto sul luogo dell’agguato, la polizia scientifica ha raccolto due ogive.

LIGA aveva precedenti per un tentativo di rapina in un supermercato a Termini Imerese. La vittima era stata processata per direttissima e condannato ad otto mesi di reclusione con il beneficio della sospensione della pena.

Attualmente, sebbene le indagini proseguano a 360°, le attenzione degli investigatori sono concentrate sul sottobosco criminale degli stupefacenti, tipologia di reato molto diffusa nella zona, che di fatto risulta una delle principali piazze di spaccio dell’area metropolitana palermitana: non si esclude che i delitti siano riconducibili a un “regolamenti di conti” per il controllo del redditizio mercato del narco-traffico.

Nella foto di copertina a sinistra Antonino Zito, a destra Pietro Liga

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