La Chiesa e la politica a Bagheria

La Chiesa e la politica a Bagheria

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I commenti di diverso tenore all’accorata lettera della Chiesa bagherese, pubblicata sul nostro sito, e che lancia un grido di allarme sulla emergenza economica e sociale ci spingono a fare qualche ulteriore riflessione su un documento che noi consideriamo di grande portata politica nell’accezione più ampia ed alta del termine.

E’ dal 1996 che la Chiesa a Bagheria ha assunto un ruolo politico e di vera e propria supplenza rispetto all’azione di sindacati e partiti ormai da tempo assenti e lontani dai bisogni reali e disinteressati o incapaci ad organizzare nel territorio una qualsiasi forma di mobilitazione e di lotta per la tutela dei diritti e per lo sviluppo.
Nell’inverno del 1996 Bagheria veniva da due anni di “glaciazione” della politica, della società e dell’economia frutto dei due anni di commissariamento, che continuiamo ad essere convinti, abbiano prodotto guasti enormi sulla nostra città.
In quegli anni non è stata né indebolita né combattuta la mafia ci si è limitati a considerare Bagheria una sorta di pratica di ufficio, cui dedicarsi in maniera formale e burocratica.
Ed i risultati sono stati disastrosi.
E qualche volta occorrerà avere il coraggio di fare su questi due periodi do commissariamento 1993-1995 e 1999-2001, una analisi scevra dal conformismo antimafia e di dire tutta la verità.
 

In quell’inverno del 1996 si svolse la più grande manifestazione di protesta per il lavoro che, a nostra memoria, ricordiamo.

Oltre cinquemila scesero in piazza, un fiume di persone con in testa padre Luciano Catalano, i presbiteri, le associazioni di volontariato.: riuscì ad intrufolarsi nel corteo anche il sindaco Valentino e la sua giunta per cui non si capì mai contro chi quella protesta potesse essere rivolta e chi fosse l’interlocutore dei manifestanti.
Il movimento si sgonfiò presto, perché gli edili bagheresi stanche di aspettare andarono a colonizzare, Genova, Bologna, Parma, Savona, e mezza Italia.

Ma l’emigrazione degli anni ’90 non era più quella degli anni ’50: il prezzo che l’istituzione famiglia ha pagato per queste separazioni forzate è stata enorme.

Ma da quell’inverno del 1996 il ruolo della Chiesa e delle organizzazioni di volontariato cattolico nel panorama politico e sociale bagherese divenne centrale: di fronte a sindacati che da tempo fanno solo l’ISEE e le dichiarazioni dei redditi ed a partiti che la politica la fanno, quando la fanno, solo dentro le istituzioni, è rimasta l’unica presenza capillare nel territorio che intercetta le problematiche della mancanza di lavoro, di precarietà della vita, dei bisogni elementari, e che ad esse cerca di porre rimedio.

Una per tutte: pensiamo alla Mensa della solidarietà, dove decine di volontari direttamente o indirettamente manifestano ogni giorno concretamente il loro impegno per rendere meno difficile la vita quotidiana di tante famiglie.

E’ da tempo ormai che la Chiesa che ha antenne sensibili nei quartieri popolari, ha ormai sostituito e occupato i vuoti e le inefficienze dalla mano pubblica.
Oggi che la crisi spinge sempre più famiglie verso la fascia del bisogno e della povertà sono le Caritas parrocchiali, il volontariato laico delle parrocchie, la generosità silenziosa di tanti nostri concittadini nei quartieri popolari, che aiutano le famiglie meno fortunate e danno in maniera disinteressata un mano ai più deboli e bisognosi.

Qualcuno ha commentato che quello dei presbiteri è un documento politico: è vero, e non potrebbe essere altrimenti.
Quando si parla di disoccupazione, di diritto alla casa, di dignità del lavoro, di condizioni e di qualità di vita, forse che si sta parlando della luna?

Ma non solo: in tutti questi ultimi anni a Bagheria la voce più forte e più limpida contro la mafia, contro il voto di scambio e il clientelismo, contro il pizzo e l’usura, contro il degrado umano di cui tanti e tante bagheresi sono, loro malgrado vittime, è venuta dai pulpiti delle Chiese, e dalle dichiarazioni pubbliche dei sacerdoti.

La politica ha solo rimasticato noiose giaculatorie utili solo a mettersi, solo formalmente però, la coscienza a posto.

Per questo ci sono anche parsi del tutto fuori luogo alcuni commenti che tendono a presentare una presa di posizione così responsabile, come una sorta di richiesta di obolo pubblico.

Chi da questa chiave di lettura dimostra di non avere chiaro cosa succede, al di la delle apparenze, in questo paese.

Certo il documento si può discutere: il giudizio sul lavoro che sta svolgendo il Distretto socio sanitario D39 è del tutto liquidatorio, e questo sì che può appartenere ad una esasperazione polemica, ma occorre anche cogliere l’indicazione propositiva che viene da questo documento.

Oggi il disagio psicologico o sociale viene dopo avere dato risposte a bisogni primari. “Primum vivere , deinde philosophare” dicevano i latini.

Il problema, cui dare risposte in questa fase, è uno ed uno solo: un sostegno economico al reddito drammaticamente inesistente o insufficiente di centinaia di famiglie.

Per questo sul documento si apra un confronto, ci si sieda intorno ad un tavolo, e soprattutto si individuino, sia pure nel mare magno dei problemi che il comune ha, e si trovino delle soluzioni, anche se parziali.