L'omelìa di Padre G. La Mendola, letta nella celebrazione della festività del Patrono S.Giuseppe

L'omelìa di Padre G. La Mendola, letta nella celebrazione della festività del Patrono S.Giuseppe

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Pregiatissimi rappresentanti dei vari settori e ambiti del mondo del lavoro del territorio bagherese, gentili Autorità, carissimi fratelli e sorelle,

sono profondamente grato a Voi tutti per una così significativa presenza a questa celebrazione.

 

I complessi e gravi problemi che si agitano nel mondo del lavoro, dell’economia e della politica, sono oggetto di viva attenzione e di riflessione anche da parte della Chiesa, della nostra chiesa bagherese.
Di questo nostro incontro ho informato l’Arcivescovo – Ecc.za Paolo Romeo-il quale ha manifestato tutta la sua solidarietà e condivisione.

La comunità ecclesiale non ha certamente il compito di offrire agli operatori politici e sociali analisi dettagliate e soluzioni politiche. Essa desidera, bensì, stimolare, sollecitare verso un impegno sempre più coraggioso, per partecipare insieme agli uomini, cui sta pienamente a cuore la promozione e la salvaguardia del bene comune, alla rinascita del nostro territorio, così provato da una crisi così mai prima registrata nel passato.

La molteplicità e la complessità dei problemi sociali e del mondo del lavoro, richiedono, ormai, un’azione convergente, anche se con modalità e specificità diverse, della comunità ecclesiale e della società civile, per trovare insieme, ove è possibile, soluzioni efficaci.
Non nascondiamo pregressi silenzi, ma è tempo, adesso, di uscire dal silenzio.

Il nostro è un impegno assunto alla luce del Vangelo, della dottrina sociale della Chiesa, con la fiducia di potere infondere in tutti gli ambiti della vita sociale quella cultura della solidarietà allargata, che miri alla promozione del bene comune, più che a quello individuale o di parte.
E’ un impegno difficile, è inutile nasconderlo.

Siamo, altresì, ben consapevoli che non si possono affrontare soluzioni possibili e concrete, senza prima conoscere, o in parte risolvere, gli aspetti più problematici della realtà del lavoro, dell’economia, della politica.

Al riguardo metterei al primo posto la cultura dell’illegalità, che ha stravolto le regole della vita sociale, creando un clima di insicurezza, di paura, godendo, talora, di atteggiamenti di omertà, di disimpegno e di immoralità nella vita politica e amministrativa.
Scrivono i Vescovi Italiani nell’ultimo documenti sul meridione d’Italia:
“La criminalità blocca l’economia e limita l’autorità dello Stato. L’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o semplicemente malsani dell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio avrebbe auspicato”.

Ancora, a causa della dilagante sottoccupazione, disoccupazione, cassa integrazione, lavoro precario, dequalificazione, stile clientelare di ricerca del lavoro, non solo viene meno il valore e la qualità del lavoro, ma la stessa dignità dell’uomo.

Non parliamo, poi, del lavoro femminile, minorile o cosiddetto “in nero”, che ha registrato, per improvvisi licenziamenti, forti crisi depressive che hanno indotto alcuni al suicidio o ad atti insensati.

Certamente i problemi connessi al mondo del lavoro non investono soltanto le istituzioni socio-politiche, si tratta, a monte, di un rinnovamento della società, che dipende dalla buona volontà di tutti, sempre auspicata, ma poco realizzata.

La Chiesa, come ho detto all’inizio, non ha né la finalità, né i mezzi per risolvere direttamente e concretamente i singoli problemi della società e del mondo del lavoro.
Essa però, alla luce del Vangelo, si pone come coscienza critica, forza morale, forza di coesione tra le parti per avviare i problemi a soluzione, suggerendo anche le eventuali errate soluzioni.
Il Santo Padre, il nostro Arcivescovo, più volte, hanno esortato i politici, i laici, ogni uomo o donna di buona volontà, alla animazione cristiana delle realtà temporali, per costruire una civiltà dell’amore. E’ proprio alla luce di questa nuova presa di coscienza, che nel mese di ottobre prossimo a Reggio Calabria si svolgerà la 46^ settimana sociale dei cattolici italiani, per riflettere sul tema: “ In mezzo alle case degli uomini, per costruire un’agenda di speranza”.
Nota il testo base: “ Si tratta di assumere i bisogni e le sfide del territorio che viviamo, individuare le questioni che definiscono il “bene comune”, maturare scelte di responsabilità, sussidiarietà, solidarietà"
Diceva Padre Puglisi: “ Se ognuno fa qualcosa…..tanto si potrà fare”.
E mi sembra che sia veramente il tempo di fare qualcosa, di agire, anche perché i dati che emergono dall’Osservatorio Economico della Provincia di Palermo sono allarmanti.
In provincia si registra il tasso di disoccupazione più alto d’Italia.
Il fatturato delle imprese perde 17 punti in un anno, la produzione cala del 20%, cinque milioni di ore di cassa integrazione solo nel 2009.
L’effetto domino di questi dati si abbatte fatalmente sul tasso di disoccupazione, che alla fine del 2008 ha raggiunto la punta di 17,1.
I settori che più di tutti pagano gli effetti della crisi sono quelli: delle costruzioni 21%, dell’industria 19%, dell’agricoltura 14%, del commercio 18%
I C.I.E.S. nel 2009 ha incluso i laureati tra i nuovi poveri.
A Bagheria, poi, sta avvenendo un preoccupante fenomeno sociale: molti lavoratori che eranoemigrati negli anni passati: in Toscana, Liguria, Emilia Romagna, con tristezza ritornano per la crisi che ormai ha assunto forma globale.

E’ necessario trovare una soluzioni condivise.
E’ necessario, abbattere i costi della burocrazia e renderla più efficiente. E’ necessario che la pubblica amministrazione lavori a servizio delle imprese e del cittadino. Per esempio: mancanza di personale adeguato, frammentazione delle competenze, eccessi di passaggi burocratici, portano la Regione Sicilia all’ultimo posto in Italia, per tempi e costi di rilascio delle autorizzazioni.
In Europa per avviare un’impresa bastano otto giorni, in Sicilia due anni.
Non parliamo poi per il pagamento delle fatture alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni. E’ chiaro che in queste condizioni non si fa sviluppo.

Carissimi, avviandoci alla conclusione di queste nostre riflessioni, mi preme puntualizzare che il nostro convenire oggi in questa Chiesa Madre, simbolo di unità di tutti i bagheresi, al di là del forte significato celebrativo, non vuole assolutamente essere una celebrazione formale, bensì sprone, coscienza critica, per avviare tutti con coraggio, assumendosi ognuno le proprie responsabilità, una positiva rinascita del nostro territorio.
Facciamolo per le giovani generazioni nel presente, facciamolo per l’amore che portiamo a questo splendido territorio, alla sua storia, alla sua arte, al suo passato.

San Giuseppe, nostro celeste patrono, lavoratore, illumini le menti e i cuori di tutti.