Mi dico, ormai da mesi, che i tempi che stiamo vivendo sono fatti apposta per esercitare un distacco attivo dal presente: cioè, un distacco che non ci faccia smettere di avere a cuore il presente, che non ci faccia rinunciare a misurarci con le sue tante contraddizioni . Soprattutto se ciò che ci spinge a farlo è la vergogna indotta.
La vergogna causata da una domanda innocente ma logica.
Giovedì 29 ottobre, le otto di mattina circa: all’incrocio tra Via Ignazio Lanza di Trabia e via Città di Palermo buona parte della carreggiata è invasa da una scia enorme di rifiuti.
Un bel cumulo di sacchetti di spazzatura, dello stesso tipo di quelli che incombono ormai in vari angoli della città.
Mio figlio, che sto accompagnando a scuola (non ancora sei anni), mi chiede perché ora buttino l’immondizia anche al centro della strada, e non solo ai lati.
Che dire? Si tratta di una provocazione o della deriva inarrestabile di un senso civico già deficitario? È la protesta dissennata di cittadini esasperati o l’ennesima forma di subdolo ricatto dei monatti a libro paga della comunità?
Io non ho saputo rispondere nulla. E mi sono vergognato. Due volte.
Per la spazzatura e per la mia incapacità a replicare a una constatazione così lapalissiana.
Ed ha cominciato, allora, a ronzarmi nelle orecchie quel luogo comune, ma denso di verità, secondo cui il mondo - cioè il pianeta terra, il suo cuore pulsante - ci è stato dato in prestito dalle generazioni future, e ad esse lo dobbiamo restituire nelle migliori condizioni possibili.
Fatta salva la retorica ecologista – che come tutte le retoriche può far storcere il naso – vorrei consegnare questo luogo comune all’amministrazione cittadina attuale, nella speranza che anche i figli degli amministratori rivolgano ai padri le stesse domande scomode che si pongono tutti i bambini baharioti.
Sono ormai un cittadino attempato, della generazione di quelli che, alle elementari, hanno studiato la storia patria più attraverso gli aneddoti celebri che attraverso i grafici strutturati.
Da essi, dagli exempla, si imparava che i doveri di un uomo pubblico spesso potevano portare al sacrificio personale in nome del bene comune.
Quando Attilio Regolo sceglie di tornare tra i Cartaginesi - e sa che lo uccideranno per essere venuto meno alle loro imposizioni diplomatiche – non conferisce un’aura di nobiltà anche a un gesto disperato come il suicidio?
Metto le mani avanti e specifico che non sto retoricamente suggerendo alla nostra classe dirigente l’imitazione sciagurata di atti autolesionistici mai confermati dalla storia, e solo alimentati dalla leggenda. Voglio però ricordare, per amore di chiarezza e senza alcuna vena polemica, che esiste ancora – o forse no? – l’altrettanto nobile istituto delle dimissioni.
Possibile che nessun eletto dal popolo senta l’esigenza di dare un segnale forte contro un’incapacità amministrativa ormai endemica, patologica, autolesionistica?
Sono tra quelli che da anni, fin dalle prime primarie de P.D. hanno votato. Sempre. Tranne domenica scorsa. Non ci sono riuscito.
E non per l’influenza nefasta del caso Marrazzo o altre amenità simili.
Non ci sono riuscito per ben altri motivi. Il tono trionfalistico di alcuni esponenti locali– ahimè anche giovani – del PD, l’indomani, ha eliminato i residui sensi di colpa per il mancato obolo.
Sentito toni trionfalistici per una percentuale di votanti che, a occhio e croce, risulta inferiore al 10% degli aventi diritti al voto.
Perché quei toni, allora? Perché ci si candida ad essere non solo Opposizione, ma anche Alternativa di governo, come dice Bersani?
E Alternativa dove, se a Bagheriopoli il PD è già forza di governo (anche se evidentemente forza cadetta dopo l’atterraggio sulle poltrone assessoriali dei paladini dell’UDC)?
Ho capito che è stato questo il motivo che mi ha spinto a dissociarmi dalle ultime primarie: il poter toccare con mano – ma anche olfattivamente, dato la quantità di spazzatura che svergognatamente ha invaso la città – l’inanità del PD al governo.
Vecchie zie e giovani aspiranti boiardi in sedicesima.
Forse si tratta di pessimismo esagerato e ingiustificato: come trarre, lecitamente, conseguenze generali da un mondo così ‘ a parte’ come Bagheriopoli?
Capisco poco, in effetti, di politica, e quel poco basta ad atterrirmi.
Però riesco ancora a guardarmi attorno: e vedo, da anni, gli stessi problemi, progressivamente ingigantiti, assediare la vita di tutti noi.
La vita, ma non le coscienze di tutti.
Maurizio Padovano
Foto di centro pagina : Il martirio di Attilio Regolo, dipinto di Salvator Rosa, cm. 152 x 219, Museum of Fine Arts, Richmond