Alberi, di Giusy La Piana

Alberi, di Giusy La Piana

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Stanno li nel giardino dietro palazzo Butera, in prossimità della torre, da circa cento anni e fino a ieri mattina avevano rami e foglie che si estendevano quasi fino al terzo piano di un’abitazione: sono cinque Ficus Microcarpa, piante sontuose e belle da vedere. Si, belle da vedere, sempre che non vengano abbattute per facilitare un disegno di riqualificazione architettonica in cui il verde, troppo spesso, risulta da intralcio.


Da molti mesi, infatti, nell’area sono in atto lavori di riqualificazione e restauro per riportare all’antico splendore quello che un tempo fu il luogo di rifugio del principe Branciforti. In più occasioni, però, secondo quanto sostenuto e segnalato da molti abitanti dalla zona, sotto o nei pressi dei cinque alberi è stato dato alle fiamme del materiale di non precisata natura, ma dalla cui combustione venivano fuori intense e nauseabonde fumate nere.

Come se non bastasse, le cinque piante sono al centro di una querelle che da un po’ serpeggia nei corridoi del Palazzo ma che, nonostante il disappunto di molti, non è mai stata esplicitata ufficialmente: da una parte coloro che ritengono che quelle piante siano d’intralcio, in quanto non rientrano nel progetto originario del giardino e perché la loro mole centenaria non consente più alla torre di guardare il palazzo; dall’altra, gli abitanti della zona e diversi esperti di problematiche ambientali trovano raccapricciante anche il solo pensiero di abbattere quegli alberi.

Ieri mattina (11 settembre, n.d.r.), mentre gli operai armati di motosega facevano stramazzare al suolo grossissimi rami carichi di foglie, fra le fronde era possibile scorgere diversi nidi. Già perché, da sempre e fino a quel momento, le cinque grandi piante ospitavano una cospicua quantità di volatili, adesso divenuti homeless.

Contattati dagli abitanti del quartiere Butera, i quali temono per la sorte di Ficus Microcarta, abbiamo effettuato un sopralluogo. A fornirci un quadro della situazione è stato il responsabile dei lavori di potatura, l’agronomo Nicolò Buttitta: “Purtroppo le radici delle piante sono scoperte - dice - i lavori in corso di sicuro non stanno agevolando la salute delle piante”.
Per spiegare il perché di quelle radici scoperte bisogna fare un passo indietro nel tempo: dal terreno circostante - secondo quanto dichiarato dagli abitanti della zona - nei mesi scorsi è stata portata via una quantità impressionante di terra e dopo gli scavi lo spiazzo è stato appianato.

Chiediamo all’agronomo Buttitta se la drastica operazione di potatura a cui assistiamo (alberi enormi privati totalmente dei rami e ridotti a solo fusto) sia un modo per alleggerire il più possibile le piante o piuttosto un lavoro preparatorio per un probabile abbattimento. L’agronomo fa spallucce e indica uno dei cinque alberi: “Questo è visibilmente malato- dice - non è detto che riesca a riprendersi. Questi Ficus Microcarta stanno qui da quasi cento anni e il mio auspicio è che restino li dove sono. Attualmente, sto supervisionando lavori di potatura e non un abbattimento”.
Resta comunque il fatto che quei cinque alberi, giunti quasi ad un secolo di vita, siano al centro di una disputa e visti da diversi addetti ai lavori alla stregua di fastidiosi e ingombranti ostacoli sul percorso della perfetta riqualificazione.

È di tutt’altro avviso l’agronomo Angelo Puleo, Presidente dell’associazione Baghering (in foto, n.d.r.): “Chi sostiene che quegli alberi- dichiara l’esperto - non facendo parte del progetto originario della villa possano essere sacrificati, oltre ad avere poco rispetto per la natura, ha anche scarsa dimestichezza con la normativa in materia: infatti, secondo il codice Codice dei beni culturali e del paesaggio, noto anche come Codice Urbani, fanno parte dei beni culturali le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico. Inoltre, in base alla Carta di Firenze, un giardino d’interesse storico-artistico è testimonianza di una cultura, di uno stile, di un’epoca. Di conseguenza, quando si va a operare un restauro, un ripristino o una manutenzione di un giardino storico o di una delle sue parti è necessario tener conto simultaneamente di tutti i suoi elementi, rispettando l’evoluzione del giardino in questione, non solo le esigenze dell’architetto di turno. Per di più, l’articolo 9 della Carta di Firenze sottolinea che la salvaguardia dei giardini storici esige una loro identificazione e inventariazione. A Bagheria qualcuno si è mai adoperato per identificare e inventariare i giardini storici presenti sul territorio? Alla luce di quanto sta avvenendo, sembra che in questa città non siamo capaci di tutelare, valorizzare e utilizzare con profitto il nostro patrimonio locale”.

La speranza (vorremmo fosse presto una certezza suffragata da fatti concreti) è che da un momento all’altro gli alberi non si ’volatilizzino’ senza tentare di adottare una qualche soluzione che contempli gli opposti interessi: da una parte salvaguardare la natura e dall’altra portare avanti il progetto di riqualificazione, evitando sacrifici così dolorosi. E, sempre in un’ottica di rispetto della natura, sarebbe anche opportuno capire che fine farà l’enorme quantità di legna che è stata amputata dai cinque sontuosi alberi della discordia: verrà riciclata? Venduta? Regalata? Oppure è in previsione, nel giardino di Palazzo Butera, una nuova versione della vampa di S. Giuseppe?



Giusy La Piana