Nei giorni in cui si dibatte, animatamente e confusamente, sul partito del Sud giunge la notizia che nella valutazione ministeriale le tre università siciliane sono state classificate tra le peggiori per qualità della ricerca e dei servizi didattici (Palermo si trova al terzultimo posto). Ciò comporterà una perdita di 15 milioni di euro nel finanziamento statale ordinario.
La contemporaneità dei due fatti è un’occasione da non perdere per riflettere sui nostri guai e sulle strategie da (non) seguire per tirarcene fuori.
C’è una cosa che non bisogna assolutamente fare: leggere la classifica ministeriale con gli occhiali meridionalisti del Sud tradito o sfruttato dalle regioni forti del Nord.
Con la sicurezza del politico che non conosce le cose di cui parla, il governatore della Sicilia ha detto le parole più chiare: «Tentano di colpire i nostri atenei con valutazioni negative basate su carte truccate».
Vogliamo andare a vedere queste carte truccate?
Il rettore dell’Università di Palermo, Roberto Lagalla, ne fa un elenco pudico e parziale: «valutazione della ricerca risalente al lontano 2003, capacità di attrarre finanziamenti esterni, livello occupazionale dei suoi laureati dopo il conseguimento del titolo».
E aggiunge, in linea col governatore Lombardo: «È di tutta evidenza che fissare criteri così intuitivamenti favorevoli alle regioni del Centro-Nord abbia determinato un generale arretramento degli atenei meridionali» (“La Repubblica” di Palermo, 26-7-09).
Andiamo a guardare in maniera analitica le carte truccate.
Valutazione della ricerca risalente al lontano 2003. È vero.
Ma il rettore Lagalla è così sicuro che una valutazione aggiornata al 2008 sarebbe per noi meno penalizzante?
Insegno da quasi quattro decenni nelle università siciliane e negli ultimi cinque anni non ho notato alcuna novità scientifica di rilevo tale da segnalare una discontinuità.
Riconosco di essere una persona distratta e mi auguro di essere smentito da notizie certe.
Capacità di attrarre finanziamenti esterni. Il parametro riportato dai giornali ha una formulazione diversa: Capacità delle università di intercettare finanziamenti europei.
Perché mai questo dovrebbe essere «criterio così intuitivamente favorevole alle regioni del Centro-Nord»?
I meridionalisti per favore ce lo spieghino.
O si vuole sostenere che la nostra incapacità è effetto di astuzie altrui?
Livello occupazionale dei suoi laureati dopo il conseguimento del titolo.
Certo, qui bisognerebbe andare a vedere le molte carte truccate della nostra straordinaria Regione Sicilia e chiedere ai nostri novelli sicilianisti perché le innumerevoli risorse erogate nell’ultimo mezzo secolo alla Sicilia hanno prodotto tanto sottosviluppo strutturale.
Chi non sa dare una risposta veritiera alla domanda non è abilitato a ergersi come paladino degli interessi del Sud.
Fatta questa doverosa premessa, siamo sicuri che questo sia un criterio favorevole al Centro-Nord?
Non risulta a nessuno che le imprese del Centro-Nord preferiscano pregiudizialmente laureati settentrionali a laureati meridionali.
È un dato a tutti noto che molti buoni laureati siciliani lavorano proficuamente nel resto d’Europa.
Qui si ferma l’elenco del rettore. Pudicamente Lagalla salta gli altri parametri di valutazione. Leggiamoli.
1. Possibilità degli studenti di valutare la didattica.
2. Numero degli studenti che si iscrivono al secondo anno con i 2/3 degli esami fatti.
3. Corsi con docenti di ruolo e non esterni.
Anche queste sono carte truccate a favore del Centro-Nord?
Ci serve affrontare questo passaggio delicato della nostra storia usando l’arma spuntata (e ormai insopportabile ai tanti meridionali laboriosi) del Meridione sfruttato?
Se i nostri meridionalisti non vogliono affrontare la partita con carte truccate (questa volta non dalla ministra) bisognerebbe spiegare ai lettori perché con quei criteri antimeridionali la meridionale università della Calabria si trova ad essere ben collocata tra gli atenei virtuosi.
Anche la Calabria è una astuta regione del Centro-Nord?
Morale della favola.
Smettiamola col sicilianismo e/o meridionalismo piagnoni e cominciamo col dirci, a voce altissima, che siamo gli unici responsabili dei nostri guai.
Solo e solo se partiamo da questa dolorosa e triste ammissione di verità e responsabilità potremo trovare la via giusta che ci faccia fuoriuscire dal miserabile Meridione meridionalista in cui le nostre classi dirigenti (non faccio distinzione tra sinistra e destra e me ne dispiace) ci hanno cacciati.
Caro rettore, non ci deluda.
In molti abbiamo apprezzato la sua indefessa operazione verità fatta in questi mesi sullo stato dell’Università palermitana.
Riconosca anche questa triste verità (siamo, per colpa nostra, una università mediamente non eccelsa) e non deligittimi, in nome di un meridionalismo umiliante, la valutazione ministeriale concorde, tra l’altro, con tutti i sistemi di valutazione finora usati.
E, per favore, non risponda facendo l’elenco delle isole didatticamente e scientificamente felici esistenti nel nostro ateneo.
Le conosciamo bene.
Lasci perdere quelle isole, spesso frutto di fanatico eroismo di alcuni docenti, e si preoccupi dell’intero territorio. I meridionali non meridionalisti gliene saremo grati.
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Articolo pubblicato sulla "Repubblica" edizione di Palermo il 29/7/09