Riceviamo e pubblichiamo
L'entusiasmo con il quale il Ministro Gelmini ha salutato la notizia delle numerose bocciature agli Esami di Stato e nelle classi intermedie di ogni ordine e grado, ha dell'incredibile e lascia quanto meno interdetti, se non proprio sbigottiti.
Facendo gli opportuni distinguo, è come se il Direttore sanitario di un grande nosocomio, alla notizia della crescita esponenziale dei decessi dei ricoverati nell'ospedale, esultasse affermando che quello sì che è un ospedale serio e che per fortuna sarebbe finito il periodo delle facile guarigioni per troppa gente!
Mi rendo conto che si tratta di un paradosso, ma credo con qualcosa che è più di un fondo di verità.
Le Scuole sono comunità educanti, pensate anche per consentire a chi le frequenta di acquisire competenze e conoscenze utili per entrare nella vita produttiva e civile.
Ogni qualvolta un giovane “ci lascia le penne” è un segnale di inefficacia e di sconfitta di un sistema pensato per innalzare il livello medio di acculturazione della popolazione in generale e non può essere visto come uno strumento di selezione e di stratificazione sociale.
Per cui, crescendo così sensibilmente il numero dei bocciati, non c'è nessun motivo per compiacersene.
Soprattutto non si può considerare il numero delle bocciature come un descrittore della efficacia del sistema.
Nelle dichiarazioni del Ministro e dei suoi sodali di governo si evince che adesso con tanti “cadaveri” lasciati sul campo” si può legittimamente sostenere che la scuola italiana sia diventata seria e meritocratica.
Questa ventata di severità, la volontà di intimidire gli studenti che non debbano assolutamente pensare che lo studio e la frequenza della scuola sia un luogo di delizie, questa rappresentazione del Docente “plagosus” di romana memoria, incontra il favore giustizialista dell'opinione pubblica che finalmente ritiene che sia finita la ricreazione.
Questa rappresentazione del fenomeno è affidata ad autorevoli porta voce dell'area governativa: ministri, deputati, professoroni, gente comune, insomma una grande platea per essere maggiormente convincenti.
Mi sia concesso essere in totale disaccordo con questo pensiero dominante.
Intanto deve essere chiaro che non è detto che i pensieri maggioritari siano necessariamente veritieri.
Nel caso specifico, anzi credo che sia assolutamente fuorviante.
Non richiamerò l'analogia ospedaliera dell'esordio dell'articolo, ma farò un lineare ragionamento.
Troppo spesso, per valutare il sistema si è fatto uso della ratifica finale del processo formativo.
Quando si voleva dimostrare la bontà dell'impianto, diversi Ministri e Governi interi, facevano ricorso alle statistiche finali da cui si evinceva il grande numero dei diplomati.
Insomma, si affermava, come si fa a parlare male della scuola se questi sono i risultati?
Era un metodo chiaramente sbagliato ed anche un po' demagogico. Quello di oggi lo è altrettanto.
Se non è buona una scuola che promuove in ogni caso, non è altrettanto quella che boccia in quantità così notevole.
Nel primo caso si mette la testa sotto la sabbia e si nascondono i problemi, nell'altro caso si mettono a nudo piaghe che forse non esistono per la seguente ragione:
• il dato certo ed incontrovertibile è che il sistema non è efficiente e pertanto non è efficace e rimane tale sia se si fa largo uso delle promozioni sia che delle bocciature.
• questo problema è presente da sempre e pone un dilemma che potrebbe essere irrisolvibile. Sono migliori i professori buoni che promuovono o quelli severi che bocciano?
Ora in effetti accendere i riflettori sull'esito finale, bocciatura o promozione è quanto di più sbagliato possa esistere per valutare la bontà di un processo complesso come quello educativo e formativo.
Il sistema va valutato in itinere ed occorre osservare non come va a finire, ma che cosa è accaduto durante il viaggio.
In buona sostanza la vera preoccupazione di un Ministro dovrebbe essere quella di valutare la qualità del processo e non la procedura finale.
Il ministro dovrebbe avere chiaro di avere trovato solo un sistema di selezione e non la soluzione del problema.
Il trionfalismo di queste ore dimostra infatti, inequivocabilmente che l'apparato governativo e quello delle cosiddette trombe di accompagnamento, si concentra sugli esiti finali e non sulla qualità del cammino.
Affida al caso la verifica e non si preoccupa di porre al centro dell'attenzione generale la qualità del rapporto insegnamento-apprendimento e non prende in considerazione la necessità inderogabile di garantire al sistema un corpo Docente veramente adeguato e capace di trasmettere saperi e di acquisire conoscenze.
I vizi storici della scuola italiana che hanno portato a questo livello il sistema restano inalterati perchè costosa è la loro modifica, si alza l'asticella dell'ostacolo da saltare e si propaganda l'insuccesso come riconquistata serietà improntata sulla meritocrazia.
Questa ultima trovata della meritocrazia è veramente degna di una riflessione.
È certo che il livello della scuola italiana è basso, lo dicono gli esperti di sempre, le classifiche mondiali dei sistemi formativi.
La condizione è tale da parecchi anni e nulla di veramente significativo è accaduto.
Tutto è rimasto tale e quale.
È cambiato l'esame, come abbiamo detto ed i risultati dicono che proprio il metodo di indagine (l'esame) determina la selezione.
Bene, nessuno può non ammettere che verificare severamente sia un dato positivo, me deve essere chiaro che non può bastare.
Sarebbe come dire che una Università è una ottima struttura solo se i Docenti bocciano agli esami.
Occorre mettere il dito sulla questione della didattica.
Sarà una ottima università quella che saprà essere severa, ma anche capace di fare molta didattica e non considerare l'evento finale, il nucleo centrale del processo.
Sarà importante anche la tecnica di accompagnamento alla procedura finale.
Così è per la scuola.
Sarebbe stato auspicabile che il ministro prima di compiacersi delle bocciature, non avesse provveduto, come sta facendo, a smontare pezzo per pezzo l'edificio del sistema e non avesse consentito i tagli alle risorse già esigue che impediranno alla scuola di essere migliore, solo ammettendo che sia possibile invertire la tendenza, portando alla luce la questione Docenti, finora tenuta nascosta o tirata in ballo per giustificare i tagli medesimi senza pensare a riforme ben più profonde.
Questa strana strategia governativa, si serve naturalmente dei Docenti, i quali, improvvidamente si prestano a questo tipo di operazione.
L'effetto annuncio di una migliore scuola attraverso la severità fine a stessa, li ha caricati come molle pronti a colpire.
Questo tipo di severità non fa recuperare nemmeno un briciolo di credibilità professionale. In fondo i professori sono gli stessi, sono quelli capaci di portare alla promozione o alla bocciatura gli alunni capaci e meritevoli che a quanto pare sono tali solo per meriti personali e familiari.
Alla fine dei conti la scuola osserverebbe, inerte, il naturale evolversi degli avvenimenti limitandosi a ratificare fenomeni fuori dalla sua portata. Questo, come è noto, non c'entra proprio nulla con l'idea sana di Scuola!
Salvatore Provenzani
Dirigente scolastico dell'I.T.C. "Don Luigi Sturzo" di Bagheria