Come scrive La Repubblica Palermo, che ha analizzato comune per comune i dati resi noti dall’Inps, in Sicilia sono state già accolte oltre 158mila richieste di Reddito di Cittadinanza.
Ad incuriosire è il fatto che a Bagheria, i beneficiari sono oltre 7mila, con una percentuale pari al 14% degli abitanti. Il nostro Comune conquista così il titolo di regina del reddito di cittadinanza.
Questo dato, tutt’altro che confortante, si incrocia con quello, sempre in costante crescita, del numero di separazioni e divorzi che nel nostro Paese, dal 1975 (anno in cui è entrata in vigore la legge sul Divorzio ) ad oggi è sempre aumentato.
La domanda, pertanto, sorge spontanea: Il reddito di cittadinanza riduce l’assegno di mantenimento?
Ovviamente, in assenza di una giurisprudenza costante sul punto, a causa della recente introduzione del sussidio in parola l’argomento va trattato con le giuste cautele. Ma a grandi linee può sicuramente affermarsi che se il beneficiario del mantenimento dopo la separazione o il divorzio percepisce anche il reddito di cittadinanza, l’ex coniuge può chiederne la riduzione. Spetta al giudice stabilire il nuovo importo.
A ben vedere, infatti, il reddito di cittadinanza serve ad integrare il reddito di chi si trova in una situazione di comprovata difficoltà economica a causa della mancanza di lavoro, e quindi va indubbiamente a modificare il reddito di chi lo percepisce che è alla base dell’assegno di mantenimento.
Di conseguenza, l’ex coniuge obbligato può chiedere al Tribunale di ridurre l’importo dell’assegno già stabilito se il beneficiario ha maturato il diritto al reddito di cittadinanza.
Ed infatti, se ciò non fosse possibile si assisterebbe a delle storture ed incomprensibili squilibri che vedrebbero “lavoratori” obbligati a versare l’assegno di mantenimento con un tenore di vita nettamente peggiore dell’altro ex coniuge percettore, oltre all’assegno di mantenimento, anche del reddito di cittadinanza.
Infatti la legge italiana sul divorzio stabilisce che l’obbligo di mantenere il coniuge economicamente più debole vale fino a quando quest’ultimo non troverà un lavoro redditizio.
Ad onor del vero, va evidenziato che l’orientamento della giurisprudenza è sempre più restrittivo e il criterio del “tenore di vita durante il matrimonio” è ormai da ritenersi superato sia per l’assegno di separazione che per quello di divorzio.
Il principio richiamato, in tempi di crisi, sembra infatti aver ormai lasciato il posto definitivamente al più equo principio di auto-responsabilità sancito di recente dal Tribunale di Napoli in ossequio a quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione.
Secondo l’orientamento richiamato, infatti, l’assegno divorzile non spetta all’ex coniuge che non ha un lavoro e non prova di essersi attivato per cercarlo, secondo le sue condizioni e nei limiti delle sue concrete possibilità. Così ha stabilito il Tribunale di Napoli in una recente sentenza richiamando l’orientamento già espresso dalla Corte di Cassazione a più riprese che già da tempo nega il mantenimento all’ex moglie che può lavorare(Tribunale di Napoli, sent. N. 6861/19; Cass. sent. n.11504/2017; Cass. sent. n.10782/19 del 17 aprile 2019).
Stando così le cose, ragionando acontrario va da sé che si potrebbe assistere ad un nuovo onere per il percettore dell’assegno di mantenimento che lo vedrebbe obbligato ad attivarsi per procurarsi un lavoro retribuito o in alternativa il reddito di cittadinanza per non gravare eccessivamente sull’ex coniuge lavoratore.
Avv. Antonino Oceano - Via Giuseppe Scordato 84 – Bagheria 90011
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