Alcuni buoni motivi per visitare gli U.S.A. - di Maria Luisa Florio

Alcuni buoni motivi per visitare gli U.S.A. - di Maria Luisa Florio

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Avevamo in animo di lanciare tra i nostri lettori la proposta di mandarci dei brevi contributi  sulle loro esperienze estive di viaggi soprattutto in realtà diverse dalla nostra; ma anche e più semplicemente osservazioni ed esperienze stimolanti o semplicemte curiose che hanno fatto nei luoghi in cui hanno trascorso il periodo delle vacanze estive. 

Iniziamo con questa riflessione su un viaggio negli U.S.A. di Maria Luisa Florio.

Viaggiare è essenzialmente guardare come vivono gli altri. E in questo, bisogna aggiungere, basta varcare le Alpi per rendersi conto che gli altri vivono meglio di noi: in servizi e serenità. Per il noi intendo la parte coloniale dell’Italia cioè il sud. Se poi si parte da Palermo, il trauma potrebbe anche essere maggiore, soprattutto al ritorno.

Il primo dei buoni motivi per andare a New York è di certo, per noi pre-africani, il volo diretto: ti imbarchi a Palermo e scendi direttamente nelle fauci della Grande Mela. Il volo è quello della Meridiana Fly ed è disponibile da giugno a settembre per un costo, prenotando per tempo, che si aggira attorno ai settecento euro A/R. Il primo stupore, dopo dieci ore di volo, è già all’arrivo: per noi è circa mezzanotte, lì sono invece le 6 pm, il sole è alto e la città in frenetica corsa, come il tassista che ci porta a Times Square.

Grazie al cielo arriviamo incolumi ma la prima sensazione, in un giorno che per noi durerà trenta ore (ci sono 6 ore di fuso orario) è quella di essere all’interno del film Blade Runner. Grattacieli e maxi schermi a led che proiettano continuamente pubblicità ammiccanti e colorate ovunque si guardi. L’affollamento delle strade, in cui camminano migliaia di persone di etnie diverse: ispanici, cinesi, alti, bassi, biondi e bruni, magri e, soprattutto grassi, è incredibile, a tratti non si riesce proprio a passare.

altOdori nauseabondi ci attorniano: scopriamo essere dei piccoli furgoncini che stanno ai bordi dei marciapiedi a vendere cibi di strada, essenzialmente panini, hot dog e Pretzel: un gigantesco salatino-dolce che non osiamo assaggiare. I newyorchesi, infatti, amano mangiare in strada, soprattutto bere giganteschi bibitoni gasati. In realtà l’afa del mese di luglio lo richiede e anche noi, dopo un po’, cediamo alla soda. Lo stile di vita e l’organizzazione della giornata è assai diversa dalla nostra: la colazione è ricca (nel menù ci sono piatti che comprendono ben quattro uova con salsicce e bacon: per noi un viaggio al Pronto soccorso assicurato!), il pranzo è un panino al fast food e l’unico vero pasto cucinato dalle donne (beate loro!) è la cena. Ma non crediate che si cucini tanto spesso. Gli americani amano comprare già pronto.

Basta vedere la loro TV: mentre la nostra è invasa da pinguini e orsi che parlano di telefonini (la lega animali dovrebbe fare qualcosa!) la loro lo è di spot pubblicitari di supermercati e negozi dove trovi cibo già pronto. Nei supermercati, enormi, infatti, c’è sempre un reparto in cui puoi anche trovare, belli e impacchettati, gli spaghetti con le polpette sopra (spacciati per italian food!). Quindi un altro buon motivo per cui dovremmo andare negli States è capire che dovremmo spegnere subito la TV e cucinare di meno.

Altro ottimo motivo è senza dubbio il cambio favorevole: tutte le nostre elucubrazioni sull’euro svaporano subito al primo shopping e passando da un distributore di benzina: 3 dollari e mezzo, circa, al gallone (l’equivalente di 4 litri). Insomma poco più di 60 centesimi del nostro euro al litro! Per questo vanno in giro con questi fuoristrada furgonati! E le autostrade? Andare dal New Jersey in Canada, circa 800 Km, ci è costato 6 dollari!

Da noi i Benetton neanche ci ringraziano per i fiumi di soldi che fanno giornalmente con le nostre sbullonate autostrade. D’obbligo una visita al MOMA, il Metropolitan Muesum che ammiriamo, sebbene con l’occhio europeo allenato dagli Uffizi, il Louvre, la National Gallery e il Prado, per l’interessante collezione d’arte moderna, tra le più importanti del mondo, e al Guggenheim. Nel bellissimo edificio di Wright, varcato l’ingresso, abbiamo trovato centinaia di persone riverse a terra a guardare il soffitto elicoidale che cambiava colore. Dopo un attimo di stupore in cui ci siamo sentiti un po’come Alberto Sordi nel celebre film in cui si ritrova con la moglie ad essere un’istallazione al museo, abbiamo potuto ammirare dipinti del novecento da Degas a Klee, con le audio-guide gratuite.Anche la salita all’Empire State Building è d’obbligo: i primi ottanta piani del celebre grattacielo si fanno in ascensore e gli ultimi sei, se si vuole, a piedi. Bellissima la città vista dall’alto con i suoi grattacieli a specchio, i minuscoli taxi gialli, il Central Park: un parco grande quanto l’isola di Panarea, dove si va a fare jogging e ogni tipo di sport. La gente tiene molto al proprio benessere ed è molto tranquilla. L’avere inserito la felicità nella Costituzione consente ai governi di tenere molto all’efficienza dei servizi (le tasse sono alte e i furbi rischiano grosso) perché alla fine è proprio questo che fa il benessere di una comunità.

E il concetto di comunità, infatti, è molto sentito. Disseminati ovunque, tra aiuole, piccoli parchi e piazze, ci sono tavolinetti e sedie di metallo dove tutti possono godersi la serata in città, anche portandosi da casa la cena. Ci dicono che è merito dell’ex sindaco, di origini italiane, Giuliani. La città è facilmente visitabile grazie ad una efficiente metropolitana dove si può anche ascoltare tanta buona musica (cercate su you tube i Drumatic: una sezione fiati, incredibile!).

Ground Zero è ancora un cantiere aperto ma la splendida Freedom Tower, sorta dopo la tragedia dell’11 settembre, si staglia altera in tutta la sua bellezza. Il ponte di Brooklin, che collega Manhattan al quartiere di Brooklin appunto, è un’opera straordinaria di ingegneria che si può percorrere, con un sentiero pedonale, fin quasi alla metà del percorso. La statua della Libertà la si può vedere prendendo il Ferry per andare a Staten Island: il viaggio in nave è gratis; se invece volete salire sulla statua è meglio prenotare. Suggestiva Little Italy con i suoi negozietti e i ristoranti italiani.

Se poi vi spostate nel New Jersey, attraversando il Washington Bridge, potrete ammirare distese di cottage col prato curatissimo, boschi e praterie con conigli, scoiattoli e cervi. Prendendo l’autostrada per il nord si attraversano paesaggi da fiaba, boschi e montagne (gli Appalachi) di straordinaria bellezza per giungere nella regione dei Grandi Laghi. Malgrado la grandezza delle autostrade e delle auto, la velocità massima consentita è di 65 miglia, circa 80 Km orari.

altChi schiaccia troppo l’acceleratore può venire multato fino a 10 mila dollari e le auto della Polizia sono onnipresenti. Le cascate del Niagara si trovano al confine con il Canada per cui è necessario passare la frontiera. Lo spettacolo è grandioso e fa l’economia dei piccoli paesi che vi sorgono accanto. I motel, così come si vedono nei telefilm americani, sono a buon mercato (meno di venti euro a persona per una notte) e abbastanza attrezzati.

La presenza di immigrati italiani e molto forte. Le casette sono piccole e colorate (la casetta in Canadà ha dunque un suo fondamento!). Una capatina a Toronto, la città più importante dello stato, si fa in un paio d’ore da Niagara falls. E’ una città stupenda che contiene una parte moderna con grattacieli e architetture moderne e una parte storica con i quartieri delle varie nazionalità e la China Town più grande d’America. In Canada incontriamo, in un locale, una signora di origine italiana, la proprietaria, che ci dice che la figlia si trova in vacanza in Italia in un posto stupendo.

Non si ricorda bene, va e torna con un I-Pad. Ecco è questo il posto ci dice e ci fa vedere una foto con un mare azzurro cristallino, poi aggiunge: E’ la Sicilia e mia figlia mi dice che è il posto più bello del mondo! Eh sì, lo sanno proprio tutti, anche in Canada. Peccato non lo sappiano i nostri cari politici!
Occorrono molti giorni per riambientarsi al ritorno. E vi assicuro: non è il jet lag!

Maria Luisa Florio