E’ un dato di fatto che non c’è stata classe politica ne coscienza civica che abbia saputo trasformare le enormi potenzialità del nostro territorio in ricchezza culturale, imprenditoriale, turistica. Le poche eccezioni che la nostra storia ci consegna sono state sopraffate e soffocate dalle brutture e dagli stupri.
E come se non bastasse, a sostituire le luminarie che sono mancate a Bagheria, la notizia dicembrina che un investitore belga vuole realizzare il più grosso centro commerciale del sud proprio in prossimità “ri l’armuzzi santi”.
A fare rabbrividire le dichiarazioni di un sindaco grillino che vede nell’operazione “quasi 40 milioni di euro di urbanizzazione incassati per il Comune”! (Ma poi come è stato calcolato l’importo degli oneri di urbanizzazione? Speriamo solo non sia stata utilizzata la stessa calcolatrice per sommare il centro di costo del Museo Guttuso! Comunque facendo una nostra banale previsione potrebbero essere a mala pena la metà, così come del resto quelli del Museo)
E tutto ci riporta al romanzo di Jack Engelhard “Proposta indecente”...
Del resto cosa aspettarsi da chi oggi sta al governo della nostra Città e che applica la politica outlet. Mentre propagandano rivoluzioni giornaliere poi trasformate in richieste di deroghe (ma queste pantomime rivoluzionarie non erano già pronte prima della loro ascesa al potere?), assistiamo solo alla svendita dei nostri capisaldi culturali, del nostro territorio, della nostra dignità.
Ma quello che fa amaramente sorridere è la disarmante contraddizione tra stelline al governo e stelline in attesa di governo. Infatti il M5S Camera News scrive: “Loro devono difendere i santuari dei centri commerciali, dietro i quali girano immensi interessi, dalle banche ai soliti cementisti, dalle cooperative alla mafia. Di costoro, e solo di costoro, si preoccupano da sempre PD e PDL. Dei lavoratori, delle piccole imprese e del commercio di prossimità non gliene importa nulla a nessuno”. E ancora l’altra iniziativa del M5S “Voglio bene al mio negozio di quartiere NO ai nuovi centri commerciali”.
A Bagheria che succede?
Sicuramente all’insaputa del Grillo regina, il sindaco di Bagheria, che balbetta un discorso da primo dell’anno offendendo le istituzioni e la più alta carica dello Stato, ipotizza di salvare Bagheria dal dissesto consentendo l’ennesimo “ratto delle sabine”.
Piuttosto che definire “una visione condivisa del futuro” e solo successivamente vedere “quali imprenditori sono disposti a investire sui nostri progetti” si va avanti con un’amministrazione fast food che “svenderà il nostro territorio per farlo snaturare e massacrare”.
Ma il nostro sindaco tiene sempre a precisare, “io sono per il corso chiuso”, eppure lo apre, “io posso anche non essere particolarmente d’accordo” per il centro commerciale, eppure lo presenta come il coniglio dal cilindro per salvare la Città.
Innanzi a tanta approssimazione amministrativa, che sembra fondata su una propaganda strategica finalizzata a contenere l’indignazione dell’opinione pubblica, proviamo per un momento a trascurare lo stato confusionale di chi attualmente guida la nostra Città e condividiamo alcune considerazioni statistiche, tecniche, imprenditoriali e socio-politiche.
Quando nel 1952 l’architetto austriaco Viktor David Grünbaum immaginò il centro commerciale lo progettò anche come centro civico. Ma non poteva che rimanere un illusione pensare che gli sviluppatori di centri commerciali si fossero interessati anche allo sviluppo della comunità. Risulta poi alquanto difficile comprendere come un’isola di asfalto possa diventare agorà socio-culturale.
Da quella data e da quella intuizione nacque il Southdale di Edina, il primo vero centro commerciale. Dal Minnesota a Bagheria i centri commerciali attraversano oltre sessant’anni di storia e la marcano profondamente. Oggi si parla di crisi dei centri commerciali.
Da una parte è crisi di identità. Negli USA si parla già da un po’ di chiusura dei centri commerciali. Ma in un Paese che non butta niente si ragiona su una nuova destinazione d’uso da dare a ben sette milioni di metri quadrati coperti. I nuovi orizzonti sono gli showroom dell’e-commerce, “pop-up stores”, “centri di scambio”. E ancora il “Town Center Management”.
In controtendenza i Paesi dell’Est e molti stati dell’eurozona dove le stime di Cushman&Wakefiel per il 2014 parlano di un aumento del 4,5% delle superfici da destinare a centri commerciali. Ma uno studio di PwC parla di “bolla dei prezzi” e di mercati sovraeccitati.
Dall’altra parte è crisi economica. Di poco tempo fa la dichiarazione del direttore generale della Confesercenti di Brescia: “I dati dicono che non sono diminuiti i visitatori ma il fatturato e gli amministratori pubblici non lo hanno ancora capito. Incassare gli oneri di urbanizzazione non può essere il motivo per farli proliferare andando poi a penalizzare i piccoli commercianti e il tessuto sociale di un paese”.
Di qualche settimana fa la chiusura nel bergamasco del centro commerciale “Le Acciaierie” con 78 lavoratori e le loro famiglie lasciate sulla strada. In chiusura il Trony all’OrioCenter.
A parte il Forum non stanno meglio i centri commerciali più prossimi a Bagheria.
La preoccupazione seria è che la crescita degli spazi viaggi molto più velocemente della capacità di spesa del cittadino.
Mettere l'accento su alcuni dati, peraltro sotto gli occhi di tutti, è un servizio che vogliamo dare al lettore perché si appropri della lente giusta che gli permetta di ragionare sull’ipotesi di vedere sorgere a Bagheria il più grosso centro commerciale del sud.
Premettiamo subito le nostre perplessità sull’interesse di un grosso investitore a spendere denaro sul nostro territorio, e questo lo diciamo non per posizione presa ma per tutta una serie di valutazioni, principalmente tecniche.
Un’opera del genere è pensata per un bacino di utenza che va oltre la Città, oltre l’area metropolitana, oltre la provincia. Questo progetto andrebbe localizzato meglio, magari dove era stato pensato! E’ strategicamente sbagliato ed inadeguato. Inoltre, geograficamente siamo messi male e non certo meglio urbanisticamente, e non è soltanto un problema di svincolo autostradale, (progetto pomposamente presentato il 09.10.2008 a Palazzo Comitini, i cui lavori doveva prendere il via nel 2009, e l’opera pronta in 18 mesi), ma anche e soprattutto di assetto viario della nostra Città. Uno stradario bagherese perennemente congestionato dal traffico come può accogliere i numeri di un mega centro commerciale?
Siamo congestionati nonostante negli ultimi sei mesi abbiamo visto chiudere l’ufficio del giudice di pace, gli asili nido comunali, in parte il museo Guttuso e si parla di chiusura degli uffici di Riscossione Sicilia e Agenzia delle Entrate.
Anacronistica possiamo definire l’ipotesi messa in campo dalla nostra amministrazione 5 stelle. Una nuova tendenza socio-politica va verso la scuola di pensiero anglosassone che nel “Town Center Management” individua la possibilità di riqualificare i centri storici e promuovere i centri commerciali naturali attraverso una programmazione condivisa degli interventi tra la molteplicità di attori interessati.
La prima immediata conseguenza della nascita di un possibile centro commerciale a Bagheria sarebbe il collasso definitivo del commercio dei Comuni limitrofi, ma, soprattutto, del nostro centro storico e di quelle che sono le potenzialità di un già esistente centro commerciale naturale mai pienamente capito e valorizzato né dagli amministratori né dai commercianti. Così come, a fronte di un centinaio di nuove assunzioni, dovremmo quantificare il numero dei licenziamenti fuori dal centro commerciale!
Condividiamo l’idea di quanti invitano la classe politica tutta a pensare prima un nuovo modello di Città che sia accogliente e che sappia esaltare la propria identità e le proprie ricchezze. Un territorio fatto di progettualità serie diventa appetibile non a un solo investitore, ma a tanti.
E non possiamo nemmeno semplificare le cose dicendo che siccome “la zappa in mano non la vuole prendere più nessuno” un’amministrazione si può sentire legittimata alla riconversione produttiva di un’area. Proprio l’agricoltura è uno di quei settori che ha visto in Italia un aumento occupazionale e di investimenti sicuramente interessante. La dice lunga il fatto che giovani bagheresi si trovino a lavorare in fattorie australiane!
Per costruire insieme un nuovo modello di Città oggi non è più sufficiente mettere intorno a un tavolo tecnici, imprenditori, progettisti, associazioni, cittadini. Oggi è necessario importare modelli, metodi, conoscenze, affinché questi tavoli tecnici possano raggiungere obiettivi. Il nostro caso lo è.
Non una visione centralizzata dello sviluppo, ma diffusa nel territorio, nei quartieri, nelle strade, nelle vie. Non un progetto dall’alto e neanche un’anarchia nel reperire idee e progettualità dal basso. E’ necessario individuare un modello, un modello che parta dalla città e non da altre considerazioni inutili, e che rimandi alla capacità della città di mettere in moto tutta la rete di collegamenti, il sistema neurale, che un tempo era presente a Bagheria.
Non è il progetto di un investitore che può dare la svolta al nostro territorio. E’ piuttosto la capacità che avremo di rimettere in moto la naturale rete neurale che la Città possiede.
Gruppo Politico “Impronta Unica”