Operazione Caronte, il Comandante Federico Lori spiega i dettagli dell'inchiesta

Operazione Caronte, il Comandante Federico Lori spiega i dettagli dell'inchiesta

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“Le somme consegnate in mano al custode cimiteriale, uomo chiave dell'inchiesta, pur di ottenere un posto - dichiara in conferenza stampa Federico Lori (foto ) comandante dei carabinieri della compagnia di Bagheria -, variavano dai 300 ai 500 euro”.

Una vicenda dalle tinte horror quella che ha portato alle misure d custodia cautelare emesse dal Gip di Termini Imerese nei confronti di dieci persone (sette ai domiciliari e tre con il divieto di dimora) accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione per esercizio della funzione e per incaricato di pubblico servizio, vilipendio e occultamento di cadavere, ma anche sottrazione e soppressione di cadavere. Nell'indagine, partita nel maggio 2017, sono coinvolte altre trentaquattro persone tra funzionari del servizio cimiteriale e impresari funebri, accusati anche di di favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e dal privato in atto pubblico.

«Sono ancora in corso le indagini che sono partite dalla collaborazione dell'amministrazione comunale - spiega Antonio Caterino il comandante del gruppo dei carabinieri di Palermo -, ma anche da qualche parente che recatosi al cimitero non ha trovato la salma. Per portare avanti l'operazione sono stati impiegati ottanta uomini dell'arma oltre alle tecniche investigative documentali e l'uso delle intercettazioni». Erano numerosi i cittadini ma anche imprenditori del settore delle onoranze funebri che pur di ottenere una sepoltura, indipendentemente dall'ordine di ingresso al cimitero corrompevano i dipendenti comunali. Tutto questo giro di interessi e di denaro a scapito dei defunti.

«Per ricavare il loculo - sottolinea il Capitano Federico Lori - riducevano la salma del feretro tumulato in cassette di zinco e creare lo spazio sufficiente. In alcuni casi le salme ridotte sono rimaste negli stessi loculi quando il nuovo ingresso riguardava un parente di chi era giá tumulato».

Il meccanismo delle estumulazioni prevede che ciò avvenga dopo 40 anni dalla tumulazione e secondo un calendario predisposto dal responsabile dei servizi funebri. Queste operazioni vengono inoltre coordinate dal custode del cimitero, ed ecco che entrerebbe in gioco la figura rilevante di Mineo per portare avanti tutto il meccanismo illecito. Secondo gli inquirenti avrebbe dovuto coordinare le estumulazioni in presenza del servizio di igiene, invece, saltava ogni tipo di procedimento affidandosi a uomini fidati quali Santo Gagliano, Giovanni Fiorentino, Gaetano Russo oltre Natale Megna che da esterno partecipava e si tratteneva la gran parte delle somme ottenute dopo aver portato a termine la tumulazione.

Dalle indagini e dalle intercettazioni risulterebbe come l'amministrazione del cimitero e sarebbe stata completamente asservita agli interessi privati del sodalizio criminale. 

Secondo gli inquirenti sarebbe stato Mineo Pietro  colui che ordiva le fila della banda e stabiliva anche in che modo dividere i soldi tra i presunti associati. «Qua ci sono un mare di soldi» esulta l'ex custode mentre parla con Gagliano anche lui dipendente comunale addetto al cimitero di Bagheria. «Io ti posso dare per oggi per tutte e due raccolte 60 euro .Ti sembrano pochi vuoi che li divido io - conclude Mineo - allora settanta euro e venti me li prendo io».

Sarebbe stato l'ex custode, infine, a occuparsi anche del pagamento ai singoli operai. Si è trattato di indagini lunghe e complesse che parallelamente hanno permesso agli uomini dell'arma di individuare due persone appartenenti alla famiglia mafiosa di Bagheria che, nonostante fossero alla misura di sorveglianzanza speciale, incontravano altri esponenti mafiosi all'interno di un'agenzia funebre di Bagheria. «Anche per approfondire questo aspetto - conclude Antonio Caterino, comandante del gruppo dei carabinieri di Palermo -, le indagini andranno avanti anche per il numero delle persone coinvolte».