Il carretto come un poema - di Gregorio Napoli

Il carretto come un poema - di Gregorio Napoli

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E' morto ieri all'età di 75 anni il critico cinematografico Gregorio Napoli. Per ricordarlo ripubblichiamo la recensione che scrisse sul documentario di Peppuccio Tornatore "Il carretto, immagini di un'antica cultura", esattamente trenta anni fa, il 2 Aprile del 1980.

Vedendo uno degli ormai numerosi suoer-8 prodotti a Palermo, pensavo, qualche giorno fa, al recupero del documentario: la riscoperta, si direbbe, dell’arte di Flaherty e Grierson attraverso questo flessibile strumento espressivo aperto all’approccio dei più giovani.

Su questa linea si muove il regista Peppuccio Tornatore, col Carretto, sua sesta esperienza cinematografica, che segna il tentativo di superare la tradizione-diciamo pure la retorica- del documentario folcloristico, o di blanda ambizione turistico-pubblicitaria, per divenire testimonianza della fatica artigiana, malinconico omaggio ad una cultura che scompare, denuncia dai tanti crimini commessi dal macchinismo.
 

“Un carretto è come un poema” scrisse Renè Bazin; e Tornatore si piega umilmente sul merito paziente degli ultimi carradori, mostrando, con immagini straordinariamente vive, il meticoloso lavoro degli incisori, dei fabbri, dei pittori, che contribuiscono alla creazione di quella singolare aarchitettura rural-motoria che è il carretto siciliano, anzi che fu il carretto siciliano sulle trazzere dell’ultimo Ottocento, prima che iniziasse un lenta agonia, di cui i nostri anni veloci e meccanizzati celebrano le ultime battute.
 

La cinepresa è sempre calata sull’uomo, sulla sua giornata lavorativa intensa e serena.

Non di raro, Tornatore mostra con implicita veemenza polemica, che la “bottega” del carradore sorge negli ultimi angoli semideserti della città, non lontano dalle strade inondate di automobili.
E’ questa la prospettiva scenica in cui si colloca la pagina più straordinaria del film la descrizione della cerchiatura delle ruote, in uno sfrigolio di ferro incandescente addolcito dall’acqua; da ricordare anche i colpi di maglio sulle “ussule” e le incitazioni agonistiche con cui gli ultimi fans delle corse campestri aizzano i cavalli scalcianti sotto i carichi eccessivi.
Peccato che la scelta delle musiche sia un po’ “superottistica” ( si perdoni il paradosso): il Largo mascagniano. O Lola c’hai di latti. Casta diva, il preludio atto terzo della Traviata, e financo Cortigiani vil razza dannata, utilizzati -con fine sincronismo, beninteso- per sottolineare momenti emotivi del lungo ed interessante racconto, sembrano qua e là, manierati, accademici.
Ciò non toglie che Il Carretto, immagini di un’antica cultura sia un super-8 di tutto rispetto.

Particolarmente adatto alle scuole e a quei canali televisivi che non abbiano smesso il gusto delle proiezioni decorose.

 

La foto di copertina è tratta dal "Giornale di Sicilia"