Bagheria nell'epopea nazionale: gli eventi del 1848

Bagheria nell'epopea nazionale: gli eventi del 1848

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Efficace fu l’azione spiegata da Bagheria nelle guerre dell’indipendenza, non tanto per i fatti d’arme in esse avvenuti, quanto per gli uomini che si distinsero, specialmente nella rivoluzione del ’48, che valido appoggio ricevette dall’opera ardimentosa di questi.


Fin dai primi giorni di gennaio la truppa borbonica qui stabilita, conoscendo per prova il coraggio e l’ardimento della popolazione, aveva circondato Bagheria, con lo scopo evidente di evitare che questa potesse ai primi annunzi della rivolta, indetta già, con esempio unico nella storia per il dì del 12, accorrere a portare la sua opera generosa ai fratelli palermitani.

Ma all’annunzio che il giorno 12 era effettivamente scoppiata la rivolta, un nuovo fremito accese l’animo di tutti, e la notte, profittando dell’oscurità, i più ardimentosi uscirono alla spicciolata per non destare sospetti, si riunirono silenziosamente in un punto convenuto, formarono una numerosa squadriglia, si collegarono coi compagni di Misilmeri e Villabate e si avviarono alla volta di Palermo.

Vi giunsero nelle prime ore del mattino e a Porta Termini, avendo incontrato una numerosa pattuglia, l’attaccarono e la dispersero: vari i morti. Il primo tentativo era riuscito, frattanto che gli altri si apparecchiavano ad un altro piano ancora più ardimentoso che avrebbe dovuto essere eseguito nei giorni susseguenti: sfida a la tirannide ed efficace impulso alla rivolta.
Difatti il 14 arriva a Palermo una nuova squadra proveniente da Bagheria e promette per la notte seguente che Giuseppe Scordato, uomo, a volere citare le parole dell’Arioti, di straordinario e impareggiabile valore, con 400 dei suoi avrebbe eseguito il piano ormai meditato; avrebbe cioè disarmato i 90 soldati, che a Bagheria si trovavano di guarnigione, e li avrebbe condotti prigionieri a Palermo.

E tutto corrispose a le speranze degli insorti: la sera del 14 lo Scordato raccoglieva circa 200 uomini ed intimava la resa al presidio che si trovava acquartierato nel Palazzo del principe di Butera.
I soldati borbonici tentano invece di guadagnare il largo facendo una sortita dalla parte opposta, ma vengono rapidamente inseguiti e attaccati vigorosamente dai nostri.
I borbonici lasciano sul terreno quattro dei loro e, impotenti a resistere, vorrebbero trovare scampo nella fuga, ma raggiunti e vista vana ogni resistenza sono costretti a deporre le armi.

Così il giorno dopo, il 15 gennaio, con 92 prigionieri, fra cui un capitano, due tenenti e un giudice, e con due cannoncini trovati nella casina dei Villarosa, alle 9 del mattino, la squadra di Bagheria, capitanata dallo Scordato, faceva il suo ingresso trionfale a Palermo, salutata dalle grida festanti di un popolo, che da quel fatto traeva lieti auspici per la rivoluzione.

Continua…

tratto da Bagheria Solunto, guida illustrata, edizioni "Casa di Cultura" - 1911. Ristampa Anastatica.