Si suole dire che le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni: se così fosse, e se l’inferno ci fosse davvero, un posto in prima fila a Biagio Sciortino non glielo toglierebbe nessuno. Nell'ultimo anno sono stati almeno quattro gli scivoloni politico-istituzionali del nostro sindaco, tutti realizzate, a suo dire, con le migliori intenzioni; e c’è da sperare che sia stata solo una coincidenza il fatto che da quando ha realizzato l’alleanza con l’U.D.C., il sindaco è stato attraversato da una sorta di delirio di onnipotenza.
Si comincia giusto un anno fa, quando dopo una latitanza di oltre due anni, il consiglio comunale elegge Giorgio Castronovo, amico e sodale del sindaco da lunghissima pezza, difensore civico dei bagheresi.
Sciortino dice che è un voto libero del consiglio e che lui non c’entra: naturalmente non è vero e nessuno ci crede, ma i partiti che lo sostengono, P.D. e U.D.C., fanno quadrato e faccia tosta, e la cosa passa.
E’ il trionfo dell’ipocrisia.
Sarebbe stato politicamente opportuno e corretto che il sindaco non solo non si facesse mallevadore, ma che addirittura si opponesse a quella nomina.
In un momento in cui si parla di “garanzie” e di “contrappesi” rispetto ai poteri e ai potenti piccoli e grandi, non può essere giudice terzo dei tuoi comportamenti, il tuo migliore amico.
Ma a Bagheria succede anche questo. I risultati oggi si vedono: Giorgio Castronovo, da quanto vediamo ogni giorno, è diventato una sorta di attendente e accompagnatore ufficiale del sindaco.
Poi venne la delibera 155: il 29 Novembre del 2008 la giunta vota un cervellotico atto di indirizzo, e meno di una settimana dopo Biagio Sciortino firma con il presidente di una Associazione “Lavoro nel sociale” dalle incerte origini e gestione, costituita la notte di capodanno 2007, una convenzione che prevede “stage formativi” per oltre un centinaio di persone.
La convenzione viene prima revocata e poi riconfermata, i sindacati attaccano, i giornali denunciano, ma si va avanti lo stesso e gli “stagisti” lieviteranno a quasi cinquecento.
Non si saprà mai che “lavoro” o “stage” abbia fatto questo esercito di cinquecento persone, perché non esistono atti relativi, non esistono relazioni degli uffici, non esiste niente di niente: però per due mesi centinaia di persone hanno o lavorato, quelli impegnati a Villa Cutò, a Villa Cattolica ecc..., altri bighellonato negli uffici degli assessori o di altri.
Sciortino si giustifica dicendo che lui ha cercato di dare una mano a questi giovani, commettendo però una serie di macroscopiche irregolarità, arbitri ed omissioni che a suo tempo denunciammo.
All’inizio di quest’anno un’altra tegola piove sull’amministrazione: il consiglio vota all’unanimità, con il furbesco squagliamento di qualche consigliere, l’intitolazione dello stadio comunale a Pasquale Alfano, controversa figura di imprenditore degli anni ’80, fratello di quel Michelangelo Alfano condannato per mafia e scomparso suicida qualche anno fa.
Biagio ha buon gioco stavolta a tirarsi indietro: “E’ il consiglio che ha fatto questa gaffe”, in cui “cascano” giovani consiglieri di scarsa memoria e “vecchi”consiglieri che sembra abbiano vissuto tutta la vita a Stoccolma e che a Bagheria sembrano capitati per caso.
Una breve indagine nei giorni successivi fa però venir fuori che il sindaco non era affatto estraneo a questa decisione, che anzi aveva perorato e per cui si era speso.
In questo caso però gli è stato facile tirare il sasso e ritirare la mano: lo spiazzale comunale sarà poi intitolato, chissà perché, al grande Torino.
Forse ha un amico, tifoso da sempre del Torino, e lo ha accontentato.
E arriviamo all’ultimo episodio, allorchè in un giorno in cui era stata emanata una ordinanza di disinfestazione, nel corpo aggiunto di Villa Cattolica recentemente restaurato, qualche centinaio di persone festeggiano una coppia di sposi.
Scoppia lo scandalo: si rincorrono e cambiano un giorno dopo l’altro le giustificazioni del sindaco: “volevo sperimentare un uso produttivo di beni comunali”, “volevo portare gente a Bagheria”, “volevo rendere felici gli sposi che si volevano far fotografare tra le sceneggiature di Baarìa”.
Peccato però che la gente che ha trovato Villa Cattolica chiusa se ne è andata inviperita, e che per rendere felici gli sposi, sempre cuore tenero il nostro sindaco, ha fatto entrare oltre ai fotografi, gli invitati, il service musicale e il catering.
Sino ad arrivare al “coup de theatre”, la prova principe che avrebbe dovuto zittire tutti; c'è una determina del 2002, rivela il sindaco, che autorizza l’uso di queste strutture per cerimonie private.
La classica foglia di fico dietro la quale trovano incerto riparo difensore civico e consiglieri amici: ora se è segno di civiltà e di ospitalità garantire, dopo una cerimonia di matrimonio civile, sia che si svolga al comune o che si svolga a Palazzo Cutò, agli sposi e agli invitati una stanza dove far svolgere un brindisi di augurio, altra cosa è far svolgere vere e proprie cerimonie di nozze in una struttura museale e per giunta in un giorno in cui questa avrebbe dovuto essere chiusa per tutti, per una disinfestazione in atto.
Non regge nessuna delle giustificazioni addotte, e più il sindaco inventa pretesti più affonda nel ridicolo.
E qua non stiamo a parlare dell’utilità o meno di aprire i “palazzi” ad iniziative, e non solo culturali, della società civile, o di rendere i musei luoghi in cui ci siano servizi e comodità, per attrarre visitatori.
Su queste cose siamo tutti d’accordo: ma l’uso per determinati eventi deve avvenire all’interno di regolamenti chiari e pubblici.
E nel caso in questione non c’è alcun regolamento, ed il sindaco ha agito in maniera arbitraria arrogandosi un ruolo e un diritto che non gli competeva.
Biagio Sciortino è stato, da assessore, l’antesignano di una prassi corretta e condivisibile, e cioè di dare la possibilità ad artisti, associazioni, gruppi teatrali o musicali di essere ospiti di locali di prestigio di proprietà dell’amministrazione ed di organizzare all’interno un “break”, “brindisi”, o momenti di ristoro, cosa che si è sempre fatta e che è giusto fare.
Ora dispiace che questa brutta storia cada all’indomani di un evento, la prima di Baarìa, che aveva visto il sindaco recitare al meglio il ruolo di padrone di casa e nel mezzo di una vicenda quale quella dei rifiuti in cui il sindaco di Bagheria, ed è onesto riconoscerlo, pur essendo tra i responsabili del disastro (era lui il sindaco quando il presidente del Coinres, Raffaele Loddo, fece quella infornata di assunzioni per la gran parte inutili), si sta seriamente impegnando per assumere un ruolo di guida dei comuni per sollecitare una soluzione definitiva; ed ancora quando la sua amministrazione sulla questione delle aree artigianali aveva segnato un punto importante a proprio favore.
La verità è che Sciortino stenta a capire che essere sindaco non vuol dire disporre, come è avvenuto e avviene, a proprio piacimento, di personale e strutture dell’amministrazione, ma che il suo potere va esercitato all’interno e nel rispetto di leggi, norme e regolamenti, e che, sedi, strutture e apparato amministrativo non sono "cosa sua", ma "cosa nostra", nel senso che appartiene ai cittadini, e che lui amministra su nostra delega e per nostro conto...
A questo punto il sindaco, per restituire un minimo di prestigio e di credibilità a se stesso e alle istituzioni che rappresenta, ha una sola cosa da fare, ed una sola strada da percorrere: quella della verità.
Vada in consiglio e dica come sono andate veramente le cose, non definisca “leggerezza” quella che è stata una decisione scriteriata e chieda scuse vere all’intera città.
Ed il consiglio comunale voti all’unanimità un ordine del giorno di censura nei confronti del comportamento del primo cittadino.
Solo così potremo credere, che da questa storia, il sindaco, i suoi consiglieri e la maggioranza che lo sostiene abbiano imparato qualcosa.