L’informazione locale, prima delle ferie, ha provato a configurare lo scenario possibile per le amministrative della primavera 2011, tra le candidature prefigurate c’è anche la mia; per quanto mi compete, ritengo questa possibile e, nel contempo, improbabile.
Possibile, perché, come tutti sanno, non ho bisogno di particolari investiture: sono riuscito già una volta , insieme ad altri, a mettere su una lista civica e battere sia il PDL che il PD, sono riuscito, purtroppo, a ripetere l’operazione una seconda volta, per interposta persona; qualunque cosa ne pensino gli attuali amministratori, ritengo che per il loro successo ha pesato, in modo decisivo, l’eredità positiva della precedente esperienza amministrativa .
Non c’è due senza tre, potrebbe dire qualcuno, ritengo invece improbabile una mia candidatura perché ho l’impressione che il probabile successo mi costringerebbe ad un percorso amministrativo molto difficoltoso, in un contesto ostile a dinamiche di cambiamento vere (le uniche che riesco ad interpretare in prima persona).
Un percorso difficile perché si è smantellata l’organizzazione degli uffici , da noi concepita per obiettivi da raggiungere, piegandola alla lottizzazione tra le diverse anime della coalizione, mortificando competenze e potenzialità; difficile perché si è smantellato il nucleo di progettazione, faticosamente organizzato attorno al Sistema Informativo Territoriale, impoverendo la progettualità dell’ente in un momento delicatissimo (l’avvio della programmazione dei fondi comunitari); difficile perché si è caricato il bilancio comunale di costi clientelari (vedi Coinres) ponendo le condizioni per scelte future dolorose e impopolari; difficile perché la paralisi della delibera sui vincoli, da quasi due anni in consiglio, mi ricorda molto quel clima, legato al nuovo PRG e ai vecchi piani di lottizzazione, che ha portato all’ultimo scioglimento.
Ma quello che mi preoccupa ancora di più è il contesto: con l’avvio del federalismo fiscale, ci sarà un’ulteriore progressiva riduzione dei trasferimenti, l’obbligo di politiche di rigore, fondate sull’ulteriore taglio degli sprechi e la necessità di politiche di sviluppo a legate a scelte fondate sulla produttività del sistema e sulle capacità di fornire serie opportunità per lo sviluppo delle imprese.
Tutto questo in un Consiglio, organo supremo di programmazione, dove per 20 consiglieri su 30, al di là della recita a soggetto, più che il destino della città, l’interesse principale è quello per un “posto” per sé, per un figlio, un nipote, un incarico professionale, il finanziamento di un progetto che illuda per qualche mese giovani a cui non si riesce a dare una risposta seria per il loro avvenire. Per questo proporrò a quanti si vorranno confrontare con me, per formulare alla città una proposta di cambiamento, un maggiore impegno per qualificare la presenza in Consiglio.
La globalizzazione, la sfida dei paesi emergenti, la crisi economica e finanziaria, la pressione dei paesi poveri, la questione ambientale ci impongono di riconsiderare il nostro stile di vita, ci impongono un atteggiamento più sobrio ed il recupero di valori comunitari.
A me pare che la gente sia ancora chiusa dentro un orizzonte individualistico e consumista, che non ci sia nell’opinione pubblica sufficiente consapevolezza della necessità di politiche di rigore, della necessità di farsi carico dei problemi comuni, con rinnovata attenzione verso l’atro che và pensato come fratello e non come nemico da cui difendersi, l’orizzonte politico è ancora dominato da logiche clientelari e da un giustizialismo di facciata, tesi a tutelare un ceto politico incapace di dare risposte concrete ai problemi della gente.
Manca la consapevolezza della necessità di un pragmatismo etico, fondato sulla valorizzazione delle competenze, sulla selezione di una classe dirigente, che non può più essere solo l’immagine speculare della società, ma che deve essere migliore di questa.
Ritengo che oggi la politica sia particolarmente povera perché non riesce a rispondere ad un interrogativo che ci poneva qualche settimana fa V. Mancuso : “Si può dare un umanesimo senza trascendenza che riconosca un valore più grande del singolo, un primato dell’etica in base al quale il singolo superi se stesso e la sua volontà di potenza ( che spesso si declina in modo casereccio sotto forma di adulteri, menzogne, furberie, narcisismi di varia sorta)?”
A questa domanda il laicissimo Bobbio, dopo lungo argomentare, rispondeva: “sembra dunque che ogni tentativo di dare un fondamento razionale ai principi morali sia destinato al fallimento.”
Per questo da un po’ di tempo lavoro per rifondare la politica su basi spirituali, sul presupposto fondamentale dell’amore per il prossimo.
Solo su queste basi si può dare un fondamento al ragionamento sviluppato di recente da Presidente Napolitano: per sconfiggere la mafia “conta la qualità della politica, il prestigio delle istituzioni democratiche, l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni … la crescita della coscienza civica e della fiducia nello Stato di diritto: fiducia … che può rafforzarsi solo in un clima di rispetto, in ogni circostanza, degli equilibri costituzionali da parte di tutti coloro che sono chiamati a osservarli”. Credo che invece si sia tirata troppo la corda, da un lato e dall’altro, e con questa sia ormai spezzata la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Questo mio pessimismo (per dirla con Gramsci “dell’intelligenza”), non mi solleva dall’obbligo “dell’ottimismo della volontà”; da quando, per me, la politica è diventata dovere di testimoniare verità e giustizia, forma elevata di carità, l’obbligo di fare qualcosa per la comunità, ed in particolare per chi dentro di questa ha particolare bisogno, è diventato un imperativo categorico.
Per questo credo che sosterrò l’elezione di un uomo o di una donna di buona volontà; nonostante i fatti pare mi abbiano dato torto, non rinuncio all’idea di rinnovare la classe dirigente, di fare spazio ai giovani.
Sui giovani la penso come Ciampi, che li considera tali al di là dell’età anagrafica, a proposito della candidatura di un cinquantasettenne alla guida del PD, sostiene che la sua stima và a chi possiede “ un fresco approccio di curiosità verso il futuro” ad “un uomo pacato, sereno, competente, concreto, di coscienza … un’ottima combinazione del nuovo che ha esperienza della vecchia identità. Un autentico rifondatore”.
La breve esperienza di velista (antica passione che finalmente ho avuto la possibilità di coltivare) mi spinge, altresì, a pensare che sia inopportuno navigare controvento (la traversata dell’oceano si fa con gli Alisei favorevoli), nel contesto politico che ho prima descritto, oggi è più conducente ritagliarsi un ruolo tecnico, quel ruolo che avrei voluto svolgere accanto all’attuale sindaco e che mi è stato impedito, coi risultati che stanno sotto gli occhi tutti. Il prossimo sindaco avrà sicuramente bisogno di collaboratori provvisti di esperienza e di specifiche competenze.
Non sono un politico pentito. Ancora oggi quando passo per strada è vedo Villa S. Cataldo e P. Cutò recuperati, penso che il mio lavoro in provincia sia stato utile, cosi come mi avvilisco quando vedo che nessuno lavora seriamente per consegnare il nuovo Scientifico ai ragazzi.
Ancora oggi quando vedo Villa Cattolica interamente recuperata, La Certosa e Palazzo Butera sottratti al degrado, la scuola Incorvino affollata di bambini, piazza Sepolcro, Anime Sante, Stazione, restituite alla loro dignità, quando vedo che si stanno ultimando in tutte le scuole i lavori per adeguarle alle normative vigenti, quando vedo crescere gli alberi nelle nuove strade e nei parcheggi realizzati, allora mi dico che quei quattro anni di fatiche non sono state inutili , anche se mi avvilisco nel vedere che il progetto per il corso e la villa, se realizzati come dai noi previsto, avrebbero dato alla città una risposta più adeguata e razionale.
Nel volere mettere da canto me ed i miei collaboratori la vicenda dell’indagine credo c’entri poco, dopo sei mesi da quel famoso novembre 2005, in cui si appresi solo a mezza stampa dell’avvio di un’indagine nei miei confronti, anche ai meno avveduti appariva chiaro che la mancata comunicazione di una richiesta di prosecuzione dell’indagine equivaleva ad un sostanziale disinteresse dei PM alla prosecuzione della stessa, la mancata richiesta di un rinvio a giudizio equivaleva ad un proscioglimento, che continuo ad attendere con fiducia e pazienza.
Chi con me aveva condiviso oltre trenta anni di militanza politica (quella militanza di cui parla Tornatore in Baaria), la campagna elettorale e le scelte amministrative, sapeva e sa che non ho chiesto ne avuto mai voti dai mafiosi, non ho favorito né favorirò mai gli interessi della mafia.
Nel volere ad ogni costo azzerare l’esperienza precedente, continuo a credere, abbiano pesato le miserie di una politica che è tornata ad essere esercizio del potere inteso come dominio, piuttosto che come servizio, ha pesato la difesa di piccoli privilegi, la vanità e la presunzione di persone che avevano qualche sassolino da togliersi dalla scarpa.
So che il mio può sembrare il discorso dei perdenti, ma, per dirla con Sepulveda “Perdenti che però hanno saputo conservare l’allegria. Perché sanno per cosa hanno combattuto e perso” illuminati da quella luce che “è la determinazione di cambiare quello che non ci sembrava giusto. Una luce che non si spegne mai.”
Ritengo quindi opportuno ritentare quell’approccio, affidandolo possibilmente a persone che abbiano consapevolezza dei propri limiti, che ci tengono alla parola data, che apprezzino il valore dell’etica della responsabilità individuale, che sappiano essere intellettualmente oneste, coraggiose e determinate, limitandomi al ruolo che mi sta più a cuore, quello di pensare allo sviluppo della città, all’utilizzo ottimale di un territorio inteso come risorsa.
Ho provato a fare il padre di questa città, tentando di rinnovare quell’anima produttiva che l’ha fatta grande (la Bagheria del vino, del pomodoro in scatola, del verdello, degli artigiani che hanno costruito le ville, del primato sui docenti universitari), l’ho fatto forse accentrando eccessivamente, con un carico di responsabilità che ha logorato il mio fegato e non mi ha consentito di seguire la crescita di mio figlio; ho fatto il sindaco forse in qualche momento con l’atteggiamento del padre-padrone, dando anche qualche scappellotto, con la fierezza del libero pensatore, forse con qualche frequentazione inopportuna, provocando la suscettibilità di qualcuno che poi ha deciso di liberarsi dall’ingombro, facendo pagare alla città, più di quanto abbia fatto pagare a me, un prezzo salato.
Ora sono convinto che sia più opportuno fare il fratello piuttosto che il padre, qualcuno si sentirà orfano, ma spero che questo contribuirà ad una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti.
A proposito delle ultime polemiche sulla zona artigianale, ribadisco come fondamentale il valore della verità, non ricordo più il contesto in cui la città fu riempita di manifesti con la scritta Pinocchio, sono certo che si trattava di una delle tante manovre demagogiche con cui si è fatta una opposizione durissima per addomesticare un sindaco che rifiutava il compromesso di basso profilo e le logiche spartitorie, ritengo comunque che Pinocchio “amico dei giorni più lieti”, sia un personaggio molto caro a tutti perché aveva una coscienza (il grillo), quella coscienza che gli ha impedito di fare la fine di Lucignolo, credo che Bagheria alle prossime amministrative debba guardarsi bene dai Lucignolo di turno, mi è parso di intravederne qualcuno tra i nomi di cui si parla.
Il rischio per la città è di passare da un’assenza di classe dirigente (bisogna purtroppo rassegnarsi al fatto che fino alla primavera del 2011, in città non c’è e non ci sarà un sindaco), ad una classe dirigente di sciacalli (nell’accezione del Gattopardo).
Quando appalesavo la preoccupazione per la perdita dei finanziamenti per le zone artigianali, non c’era in me alcuna soddisfazione, semmai amarezza, (per quel finanziamento ho lavorato più di dieci anni, da quando, consigliere provinciale, me ne occupai su delega del Presidente Puccio); ribadisco, nonostante la proroga di quattro mesi, il mio pessimismo ed il mio sconforto: a questo punto ritengo ci siano poche possibilità per la zona di Aspra e per le imprese che alla realizzazione di questa avevano legato i finanziamenti; mi auguro di sbagliare e spero, comunque, che alla fine della vicenda, chi di dovere assuma le responsabilità conseguenti.
Settembre 2008, Pino Fricano