Quasi sei ore di dibattito intenso, a tratti anche teso con accesi scontri verbali tra consiglieri, per approvare una delibera che scrive, almeno per ora, la parola fine ad una vicenda che oltre che urbanistica potrebbe costituire il canovaccio, ieri per Sciascia oggi per Camilleri,
per rappresentare uno di quegli aspetti della Sicilia e dei siciliani legati al paradosso o dell’assurdo.
Prima che l’argomento venga affrontato c’è spazio per qualche scaramuccia polemica, sul fatto che stavolta la maggioranza aderisce alla richiesta di deroga, proprio perchè come dice Gulli: "l’argomento è importante”.
Questo aggettivo fa scattare la molla della ritorsione: "Perché forse che le comunicazioni non sono importanti"? Ribatte l’opposizione; e giù a discettare.
Per fortuna la polemica si chiude presto, e si passa al contestato “prelievo” richiesto dalla maggioranza del punto all’o.d.g. riguardante la “vexata quaestio” vale a dire il “riconoscimento e accettazione dell’impianto sito in Via Sant’Isidoro, seguono le particelle di identificazione, come “attività produttiva esistente”.
La discussione dell’intera serata verte su questa tre paroline: la richiesta di tale riconoscimento proviene dal nuovo proprietario dell’immobile, che, pare destinatario di una finanziamento, vorrebbe ristrutturare l’edificio acquistato nel 2005, per allocarvi l’attività di produzione del cosiddetto “salato”.
Tutta la documentazione presentata tende a dimostrare e certificare che, sia pure sorto abusivamente l'immobile, per cui è stata rilasciata concessione in sanatoria nel 2000, ha funzionato come impianto in cui ha avuto sede una attività produttiva.
Non è come potrebbe sembrare questione di lana caprina e di poca importanza, perchè l’edificio, oltre che costruito all’epoca abusivamente, sorge in una zona “impropria”, cioè non destinata ad impianti industriali, il che comporterebbe nell’eventualità dell’assenza o della sospensione della attività produttiva, la revoca della destinazione d’uso contenuta nella concessione in sanatoria e l’obbligo di trasferimento dell’attività nelle aree all’uopo destinate (aree artigianali); non solo ma nel Piano Regolatore Generale redatto alla fine degli ’90 e adottato nel 2002, tale edificio non venne censito come sede di attività produttiva, e nessuno allora fece ricorso per segnalare la dimenticanza o l’errore.
Ci sono in effetti almeno tre elementi che concorrono a certificare che sia stato e sia tale, cioè sede di attività industriale: la destinazione d’uso al momento del rilascio della concessione in sanatoria, una autorizzazione agli scarichi, le dichiarazione del nuovo proprietario che sostiene di utilizzarlo come magazzino per lo stoccaggio in frigoriferi dei prodotti finiti.
Però la stessa segretaria dr. ssa Marascia, al momento di fornire un parere aveva messo nero su bianco, dicendo che “allo stato degli atti in possesso dell’amministrazione non si evince o meno l’uso dell’immobile per attività produttiva”.
In sostanza però l’amministrazione ritiene, forte anche di un parere della dr.ssa Marino, che il mancato inserimento nel P.R.G. quale insediamento per attività produttive, possa essere stato una mera dimenticanza del progettista, e quindi chiede all’aula di ovviare a questo errore nel P.R.G., andando a censire quell’area e quell’edificio, ora per allora , come sede di attività produttiva, e di modificare di conseguenza la tavola di P.R.G.
Alla fine della discussione i due corni del dilemma sono chiari: il consiglio sta compiendo un atto che è il giusto riconoscimento ad un cittadino di un suo diritto, o sta , come lascia intendere senza mezzi termini l’opposizione, facendo una cortesia ad un amico della maggioranza?
Insomma un bell’imbroglio.
Nel dibattito, introdotto dalla dr.ssa Marino, intervengono quasi una quindicina di consiglieri.
Gli interventi che entrano di più sull’argomento sono quelli dei consiglieri Cangialosi del PdL e di Gino Castronovo per Sinistra Democratica.
In maniera tecnicamente molto argomentata, partendo dalle carte dagli stessi proprietari prodotte, fanno emergere che in quell’edificio, non ci sono state attività legate alla produzione del “salato”, e se ci sono state sono state comunque interrotte e questo avrebbe comportato in base alle norme di attuazione del P.R.G. , la comunicazione al titolare dell’immobile, che avrebbe dovuto trasferire la sede nell’eventualità di una ripresa dell’attività.
Per tutta la serata Cangialosi insiste, che con l’approvazione dell’atto il consiglio andrebbe a sancire l’esistenza in quell’immobile di una attività produttiva, cosa che non emerge da nessun riscontro tecnico e fattuale.
Castronovo in più ripercorre anche i passaggi politici della vicenda: i consiglieri dice, prima all’opposizione dell’U.D.C., fecero addirittura ritirare l’atto all’allora assessore alle attività produttive Pagano. In particolare fu proprio l’attuale assessore alle attività produttive Di Stefano, che lo costrinse a "stoppare" l'iter amministrativo dell'atto e che oggi invece si fa portavoce della proposta di deliberazione.
Con l’ U.D.C. in giunta, invece le cose sono cambiate, come è cambiata sostiene Castronovo l’opinione di molti consiglieri.
In più questa maggioranza sta facendo passare un messaggio: che quelli che hanno santi in paradiso hanno corsìe amministrative privilegiate.
Sono tante -dice Castronovo- i possibili errori e le dimenticanze nelle tavole di P.R.G., allora, casomai, facciamo un provvedimento per tutti.
Intervengono poi nell’ordine Lima, Maggiore , che fu presidente della III Commissione quando l’atto andò in commissione, poi Gurrado, Aiello, sempre eclettico ed estroverso, Gargano , Coniglio, che dice che occorre sostenere chi cerca di dare lavoro, Vigilia, che non si dice convinta delle argomentazioni della maggioranza, Gullì che con grande foga retorica ribadisce, che i consiglieri della maggioranza non stanno commettendo una illegalità, e che si sta agendo nel pieno rispetto della trasparenza e della legalità, e poi Viscuso; Amato, Cilea.
La bozza iniziale di proposta di deliberazione, viene integrata da un emendamento presentato dalla maggioranza ed approvato dall’aula, in cui i consiglieri che approveranno l’atto si mettono come si suol dire il “ferro alla porta”.
L’emendamento recita: ”inteso che tale riconoscimento urbanistico, ai sensi del P.R.G. vigente attiene esclusivamente alle caratteristiche dell’immobile, di cui alla concessione in sanatoria ecc..”
Come dire, che con il voto a favore, non sto andando a certificare che dentro quell’immobile c’è stata o c’è una attività produttiva, perché il riferimento è solo”urbanistico”.
Basterà? forse sì, perché comunque si va modificare il “retino”nel P.R.G. che è la cosa che conta.
Due notazioni finali del vostro cronista non urbanista.
L’ipotesi, avanzata dalla dr.ssa Marino, che al tempo dell’adozione del P.R.G. l’apposizione del retino “edificio destinato ad attività produttive” sia stata una mera dimenticanza, che può essere corretta dal voto di un consiglio, ci pare un po’ debole sotto il profilo della legittimità.
La legge prevede, che con la pubblicazione del P.R.G. adottato, per 90 giorni, i cittadini possano presentare osservazione e ricorsi.
Ed è là, in quel momento che si fanno le eventuali correzioni e si può ovviare alle dimenticanze, e non dopo anni.
Le modifiche fatte dopo, sono vere e proprie varianti di piano, e l’iter è molto diverso.
Non pensiamo però, in tutta sincerità, che la maggioranza si sia piegata ad un diktat o abbia voluto favorire qualcuno: le riconosciamo la buona fede, e lo sforzo di aver voluto dare una opportunità di lavoro e di sviluppo a questa città.
Per chi ama le statistiche: la proposta viene approvata con 16 voti a favore , e 2 astenuto, perchè l’opposizione alla fine nel tentativo di far macare il numero legale,esce dall’aula e non partecipa al voto.
Per chiudere: questo è solo l’assaggio di quello che vedremo, con i prossimi piani di lottizzazione.
Si vota infine, il componente della Commissione elettorale. Viene eletto Ciro Viscuso con 14 voti a favore e due astensioni. Si chiude oltre l’una e mezza di notte. A quell’ora forse è chiuso anche il Mata Hari.