Perchè l'attacco di Repubblica a Patrizio Cinque è ingiusto e fuorviante - di Angelo Gargano

Perchè l'attacco di Repubblica a Patrizio Cinque è ingiusto e fuorviante - di Angelo Gargano

Politica
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'Addifenni o to, o tuortu o rittu': non è a questo tipico proverbio siciliano dal 'retrogusto' omertoso che ci aggrappiamo per difendere, non richiesti, le ragioni del sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, di fronte alle dure accuse di Repubblica contenute in un articolo a firma di Carmelo Caruso.

Le ragioni sono altre e più fondate: consideriamo l'articolo di Repubblica di sabato scorso un grave infortunio giornalistico dovuto a superficialità e scarsa conoscenza delle situazioni e delle persone. E lo diciamo a ragion veduta.

Pensiamo che formulare giudizi e pronunciare sentenze di tale gravità ('usa il linguaggio di Ciancimino') dai frammenti di qualche video circolato in rete non è corretto e rischia di essere fuorviante rispetto alla realtà.

E' vero Patrizio Cinque in certe occasioni si è rivelato 'inadatto', come ha detto qualcuno sul web, a ricoprire il ruolo di primo cittadino, soprattutto quando perde il controllo, e ne abbiamo avuto prova evidente in almeno quattro-cinque occasioni; come pure gli dobbiamo riconoscere che in altre circostanze sia pur difficili o drammatiche (proteste Coinres, vertenza precari) ha saputo tirare fuori l'atteggiamento giusto e cioè, forte e responsabile.

Pensiamo però a quando ha 'sbroccato' in consiglio contro qualche consigliere di opposizione, al confronto quasi muscolare con il vicesindaco dell'amministrazione flavese, Salvo Sanfilippo, a proposito della famosa presa d'acqua abusiva, sino alla frase ormai famosa, consegnata alla pubblica opinione nazionale, 'ti strappo il cuore' rivolta ad un lavoratore licenziato ex Temporary, che datava dalla metà di dicembre 2015, ma che solo ora qualcuno ha sentito il bisogno di tirare fuori addirittura sul TG1.

Vogliamo però per inciso ricordare che anche a Biagio Sciortino fu bruciata l'auto della moglie davanti casa e che Lo Meo in qualche occasione prese qualcosa di più di uno spintone, in episodi caldi riferibili sempre alla vertenza Temporary.

Ma andiamo al dunque.

Siamo stati tra i 15.000 bagheresi che votarono plebiscitariamente per Patrizio Cinque, per la nausea che ormai provocava la politica bagherese, e siamo stati e continueremo ad essere tra le migliaia di bagheresi che ogni giorno, senza fargli sconti, chiediamo e chiederemo al sindaco conto delle sue scelte amministrative, non tutte giuste e non tutte condivisibili. Alcune cose però di Patrizio Cinque e del suo MoVimento a Bagheria dopo due anni abbiamo capito.

Patrizio Cinque, quando si candidò a sindaco, circa due anni fa, era assolutamente digiuno di politica, intesa come l'arte del ragionamento, del confronto, della contrapposizione aspra ma sempre condotta all'interno delle regole etiche e dialettiche del rispetto e della legittimazione reciproca, e, se vogliamo, quando serve, anche del compromesso; inesperienza totale anche se talora manifesta una visione tutta tatticistica della politica che ci riporta pari pari a quanto sta accadendo in questi giorni in Parlamento con la posizione del MoV 5 stelle sulle legge delle Unioni civili.Ma questo è altro discorso.

Gli sono mancate quelle due dita di pelo sullo stomaco che avevano i vecchi politici che da situazioni analoghe ne sarebbero usciti senza un graffio; se è un bene o un male non sappiamo dirlo ma è così. Patrizio Cinque non appena gli salta la mosca al naso, magari provocato, dà di testa e succede un quarantotto.

Ha però riconosciuto di avere sbagliato, e ci auguriamo che non accada più di vedere il sindaco di Bagheria usare le espressioni che ha usato nei confronti del disoccupato che lo avrebbe minacciato Carmelo Di Salvo (c'è una indagine che chiarirà) o del vicesindaco di S.Flavia, Salvo Sanfilippo, o al presidenti delle commissioni regionali ambiente Mariella Maggio, o al presidente della Commissione Energia, Nello Musumeci, ad alcuni consiglieri dell'opposizione; espressioi che magari possono essere capite, anche se non giustificate, in un comune cittadino, ma che mai e poi mai un sindaco, il massimo rappresentante di una comunità, si dovrebbe azzardare anche solo a pensare.

Pensiamo che stavolta farà tesoro di quanto sta accadendo, e che la prossima volta saprà contenersi e che scene del tipo di quelle viste non abbiano più ad accadere.

E se dobbiamo dirla tutta dirla tutta siamo più propensi all'indulgenza verso lo sfogo istintivo e sopra le righe di un singolo, anche se sindaco di Bagheria, piuttosto che l'indegna gazzarra organizzata dagli attivisti del MoVimento 5 stelle la sera in cui Giulio Golia tornò a Bagheria, perchè quella sì lascia intravedere qualcosa di preoccupante; e cioè l'avversario che viene isolato, accerchiato e insultato da persone che nella vita civile d ogni giorno sono normalissimi impiegati, pensionati, insegnanti, padri e madri di famiglia, giovani e meno giovani, e che nel clima del branco si trasformano.

In quel comportamento 'collettivo' e per nulla istintivo abbiamo per un momento rivisto con preoccupazione il germe della squadraccia, un clima che caratterizzò gli scontri fisici degli anni '70 tra rossi e neri e che pensavamo di esserci messi alle spalle.

Ha usato espressioni inaccettabili Patrizio Cinque, ma paragonare il suo al linguaggio di Ciancimino ci sembra, prima ancora che sbagliato, semplicemente ridicolo.

Bisogna pensare che nel giugno di due anni si è ritrovato all'improvviso ad amministrare una cittadina come Bagheria con i problemi che ben conosciamo, con le finanze comunali dissestate e con un paese mortificato in tutti i sensi da anni di degrado.

Il MoV ha sbagliato a nostro avviso anche nell'approccio settario nei confronti delle forze migliori della città e dell'opposizione, perchè si è arroccato dentro le proprie mura, con una sostanziale intolleranza dei diritti della parte politica avversa, in un clima di perenne e ormai insopportabile conflitto, che non ha giovato certo alla soluzione dei problemi.

Ha amministrato come ha potuto il sindaco, con una squadra che ristretta ai fedelissimi, aveva, a parte qualche eccezione, meno esperienza della sua: per risolvere i problemi si è andati avanti con il metodo, paradossalmente scientifico, dei tentativi e delle approssimazioni successive.

Dopo un anno qualche risultato che testimonia che si sta invertendo la china si comincia a vedere: un paese dignitosamente pulito, una modesta riduzione dei costi della Tarsu, un avvio della sistemazione delle strade e delle fogne cittadine, una maggiore attenzione per le scuole e la loro manutenzione, una maggiore continuità nella erogazione dei servizi sociali, una politica più decisa e convinta del decoro cittadino contro l'abusivismo commerciale e l'occupazione di vie e piazze principali che qualche risultato comincia a darlo, l'inizio del processo di risanamento finanziario.

Non è tanto, ma non è neanche poco.

Rimangono aperte questioni enormi con cui nei prossimi mesi sindaco e collettività bagherese saremo chiamati a fare i conti: gestione del ciclo integrato dell'acqua e dei rifuti, impianto di depurazione, raccolta differenziata che non decolla e che appesantisce i costi, una migliore disciplina del traffico, pieno uso e valorizzazione degli spazi verdi pubblici, monte Catalfano, villa S.Cataldo, manutenzione delle spiagge, maggiore attenzione verso una politica culturale ormai sostanzialmente inesistente che va di pari passo con una assenza totale di idee  e di proposte sul tema del patrimonio artistico (a meno che non si voglia considerare idea o proposta il festino di palazzo Cutò) ecc... I problemi di sempre insomma.

Oltre ad una cattiva abitudine della classe politica vecchia (e forse anche nuova) di cui Patrizio Cinque farebbe bene a sbarazzarsi, perchè si è visto che gli porta più guai che vantaggi, ed è il vizio sempre presente di tutelare gli interessi della propria famiglia politica.

Ma il vero cambiamento Patrizio Cinque l'ha avviato proprio su quel terreno che l'autore dell'articolo di Repubblica gli rimprovera sia pure come similitudine di linguaggio, e cioè il terreno della denuncia e della lotta a viso aperto e senza infingimenti contro cosa nostra.

Per questo al di là delle note di colore (guappo e affini) quell'articolo è profondamente ingiusto e non rappresentativo della effettiva realtà.

Patrizio Cinque è il primo sindaco del dopoguerra che usa nei confronti della mafia il linguaggio più coraggioso, più schietto e più forte che sia mai stato usato e questo sta provocando di converso una nuova presa di coscienza della nostra comunità, soprattutto dei più giovani, nei confronti del fenomeno mafioso.

Al di là delle manifestazioni, delle marce, delle parate e degli slogan si parla di mafia (e di mafiosi soprattutto, differenza non di poco conto), con un linguaggio che Bagheria non conosceva. Si parla di lotta al pizzo ed alle estorsioni in termini dalle nostre parti mai usati.

E' questo il vero processo di rinnovamento culturale e di mentalità che il sindaco di Bagheria sta favorendo con le sue battaglie; e di questo possono essere buoni testimoni anche osservatori neutrali.

Poi arrivò Golia, ed il sindaco-Davide stavolta, come diciamo dalle nostre parti, si annappiò: certo, un sindaco con due dita di pelo sullo stomaco se lo sarebbe andreottianamente scrollato di dosso Golìa come un insetto importuno, senza bisogno di farfugliare o dire mezze verità e mezze bugìe.

Ma a Patrizio Cinque il pelo sullo stomaco deve ancora crescere.

Per chiudere con il tema della vergogna. E' vero, anch'io nel vedere certe scene passare sui TG e i talk show nazionali mi sono vergognato nel mio piccolo ed ho provato, come bagherese, disagio e imbarazzo.

Ma ci sono due notizie che vogliamo sottoporre all'attenzione dei nostri lettori: la prima ci ha dato un grande senso di orgoglio di essere bagheresi, la seconda un'immensa vergogna di essere siciliani.

1°) Dei trenta consiglieri eletti nel giugno di due anni fa a Bagheria, (diciotto del MoV 5 stelle), nessuno è andato il giorno dopo alla Ragioneria comunale ad inventarsi un fittizio datore di lavoro per lucrare sui rimborsi dovuti agli eletti. E con tutto quello che si legge nelle cronache giudiziarie su questo argomento pensiamo di aver dato un esempio anche questo nazionale.

2°) Nel 2011 il governo Monti aveva decretato un taglio del 30% delle indennità per i componenti di tutti gli organismi elettivi, e naturalmemte in Sicilia la norma doveva essere recepita, perchè come si sa, abbiamo l'autonomia. Bene . La maggioranza  del Parlamento della Regione siciliana solo l'altro ieri, quindi dopo ben cinque anni ha recepito il provvedimento nazionale prima rinviandolo alla data del rinnovo dei consigli comunali, l'altro ieri lasciando ai consigli comunali (alle 'vittime' quindi del provvedimento) la facoltà di decidere quando fare entrare in vigore la decurtazione degli emolumenti del 30%.

Quando nel 2017 si farà l'analisi del voto, mettete anche questa piccola, grande vergogna tra le cause dell'assenteismo e, forse, della vittoria del MoV 5 stelle in Sicilia.

Angelo Gargano