Monitoraggio civico - di Francesco Riela - Gruppo politico 'Impronta Unica'

Monitoraggio civico - di Francesco Riela - Gruppo politico 'Impronta Unica'

Politica
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“La comunicazione deve essere utile per i destinatari e non per chi la promuove” (Sergio Mattarella).

Qualche giorno fa si è tenuto il terzo appuntamento pubblico voluto dall’amministrazione per incontrare la cittadinanza e a breve si terrà il quarto.

Per quanti, e tra questi noi di Impronta Unica, hanno seguito, e per i più che non lo hanno fatto l’iniziativa si è rivelata assolutamente fallimentare e mestamente autoreferenziale.

L’ultimo incontro è parso come l’occasione per dare voce ad una sorta di pubblico sfogatoio dove qualche decina di partecipanti, e tra questi molti simpatizzanti del Movimento 5 Stelle, hanno assistito ad uno spettacolo dove a tratti è prevalso il cattivo gusto di coloro che non avevano ben compreso quale fosse l’argomento da trattare.

Teoricamente questo tentativo dell’amministrazione di offrire alla cittadinanza un luogo di informazione e confronto è certamente positivo, tuttavia, oggi che l’informazione governa i processi decisionali un metodo vecchio di informare non può certo colpire nel segno, riteniamo, infatti, che i processi decisionali continuino a sfuggire alla percezione dei più dal momento che le scelte che contano restano sempre confinate nelle stanze dei bottoni.

Allora il polverone che viene sollevato in questo siparietto della politica rappresenta solo un effetto dello spot, una tentativo di ridare luce ad un consenso che comincia a non essere più percepito come legittimante l’azione politica intrapresa.

Rappresenta certamente una momento di grande insicurezza della politica.

A confermare questa insicurezza c’è il fatto che venga lasciata alla cittadinanza la scelta dell’argomento da trattare come a voler dire: l’hanno voluto loro, noi siamo disponibili al dialogo e ad affrontare qualsiasi argomento il popolo sovrano voglia discutere con noi.

Fuori dalla logica dello spot un simile tentativo appare inutile.

In un rapporto dialettico tra cittadini e amministrazione può avere senso parlare di distinzione dei ruoli qualora si individui con chiarezza il limite di demarcazione tra le parti. Limite che è anche fisico: io sto da una parte e tu dall’altra.

altEntro questi termini ha senso parlare di monitoraggio civico.

Lo spettacolo cui abbiamo assistito, soprattutto nel corso dell’ultimo incontro, ci ha indotti a non intervenire in quella sede ritenendola assolutamente inadeguata ad affrontare problematiche di tale complessità illustrate ai presenti come fossero alunni di una scolaresca, così abbiamo preferito affidare ad altri mezzi la comunicazione di alcune nostre considerazioni sugli argomenti e siamo intervenuti con forte senso critico, ma senza pregiudizi evitando di infierire nei confronti di un’Amministrazione che riesce a mettersi in difficoltà da sola.

Va chiarito che i contributi che abbiamo offerto come gruppo politico non si inseriscono nella dialettica istituzionale poiché non rappresentano né danno voce ad alcuna delle compagini politiche che governano o si oppongono a chi governa la nostra Città.

Non abbiamo alcuna rappresentanza in Consiglio Comunale, e l’opposizione non è il nostro ruolo.

Come cittadini fondiamo la nostra legittimazione all’azione politica nella pretesa di proporre e rappresentare un’idea di comunità fondata sul rispetto dell’individuo cosicché il nostro indirizzo risulta finalizzato a costruire, anche attraverso la critica, un percorso mirato a rendere maggiormente partecipe la comunità alla gestione della cosa pubblica.

Il confronto senza la conoscenza è uno sterile esercizio di pseudo democrazia.

“Siamo solo bravi a lamentarci” ha scritto nei social network qualcuno vicino all'Amministrazione pentastellata, alludendo chiaramente che siamo noi cittadini a non voler partecipare.

Ma il problema è rappresentato proprio dal modello partecipativo proposto.

A nostro giudizio risulta solo autoreferenziale e inadeguato a determinare quella crescita in termini di consapevolezza della comunità e così affrancarla dal timore reverenziale che ogni forma di potere reca con sé.

Volere coinvolgere la cittadinanza in siffatto esperimento di pseudo confronto significa affermare un modello di partecipazione basato sul falso presupposto che la possibilità di partecipare è essa stessa un fine e non un mezzo.

Ma, nell'affermare l’inefficacia del modello vogliamo spiegarne le ragioni, dando anche un paio di input su come, secondo noi, è possibile innescare una maggiore partecipazione, che non significa comunque “decidere insieme”.

Partiamo da questo ultimo aspetto: discutere a tema sulla cosa pubblica è una gran bella iniziativa ma molto dispendiosa, dispersiva, ridondante e secondo noi, dà anche all'Amministrazione di turno, la parvenza, solo quella, di essere trasparente e l'alibi di affermare “abbiamo condiviso”.

Il cittadino ha una sola richiesta da fare a chi lo amministra: conoscere attraverso quali azioni, quali scelte operative porterà a compimento tutto ciò che è stato promesso allorquando è stato chiesto il consenso.

Una comunità esprime e dà il consenso perché si affida alla bontà della proposta alla novità del modello. Gli atti dell’amministrazione sono quindi il mezzo per raggiungere questi obiettivi.

La conoscenza da parte dei cittadini è un dovere ineludibile che si realizza attraverso strumenti ormai codificati e via via sempre più trasparenti, ma attenzione, guai a spostare l’attenzione dal fine focalizzandola sul mezzo.

Il fine è l’obiettivo da realizzare. L’adempimento formale non può sostituirsi all’obiettivo o essere un suo surrogato.

Spesso annunciare questo o quel provvedimento facendolo precedere da una bella campagna pubblicitaria in grado di suscitare attesa e curiosità, costituisce il modo per offuscarne la percezione e la comprensione spostando l’attenzione dalla sostanza alla forma. Tale modus operandi induce la elaborazione di un “giudizio preventivo orientato” che trova concreta esistenza e ragion d’essere nella supposta partecipazione attiva.

Dal nostro punto di vista ai fini della conoscenza non può prescindersi dall’attivazione di una vera e propria “open data” che renda comuni a tutti i risultati dell’azione amministrativa.

altAvere conoscenza delle Delibere, delle Determine, del risparmio ottenuto, delle pratiche elaborate, della quantità di differenziata realizzata, del contributo CONAI ricevuto, ecc. ecc., rappresenta la possibilità per il cittadino, per il professionista, per lo studioso, per l’imprenditore di potere utilizzare quel compendio di informazioni aggiuntive necessarie alla elaborazione di proposte il cui valore aggiunto si riverserà inevitabilmente sul territorio.

La conoscenza che si realizza attraverso l’uso di questi moderni strumenti sarà tanto più consapevole quanto maggiore saranno i dati offerti, pertanto, sarà consequenziale e quasi naturale per il cittadino iniziare a partecipare attivamente perché messo nelle condizioni di conoscere consapevolmente.

Ciò naturalmente è cosa ben diversa dall’acquisire meri elementi quantitativi slegati e di difficile lettura la cui somministrazione assolve solo esigenze di “trasparenza” senza alcuna riferibilità agli obiettivi che hanno formato oggetto della proposta politica ricevendo condivisione e consenso.

I dati quantitativi, per avere valore significativo, debbono osservarsi attraverso una lente che metta a fuoco gli obiettivi offrendo una chiave di lettura quanto più possibile chiara.

A titolo esemplificativo si potrebbe debuttare, ad esempio, clonando la struttura della piattaforma openbilanci.it sul sito web istituzionale, sarebbe già una buona partenza.

Il cittadino vuole sapere quanto si spende in manutenzione delle scuole e dove, in manutenzione delle strade e dove, in cura del verde e dove.

Vuole sapere quanto si è incassato dalla TARI e quanto si prevede di incassare.

La conoscenza è il primo passo della partecipazione.

Il cittadino ha già partecipato alla realizzazione di un nuovo presente, ha votato, espresso il suo intento, ha delegato persone a rappresentarlo in seno agli organi istituzionali.

Ed è proprio attraverso il rapporto dialettico all’interno degli organi istituzionali che si rendono operative le scelte dell'Amministrazione e si manifesta il ruolo delle opposizioni.

Il processo decisionale si forma in quella sede.

Come proposta operativa, certamente più funzionale all’obiettivo di favorire la conoscenza, si potrebbe mettere a punto uno strumento (digitale) consentendo in tal modo a ciascun cittadino di potere esprimere un parere su un tema specifico dettagliatamente descritto, con obiettivi, tempistica, costi, ecc. Non un referendum e neanche un sondaggio. Un tema da trattare compiutamente indicando analisi costi/benefici, obiettivi prefissati, risorse umane e finanziarie.

Come è ovvio la conoscenza della proposta non può essere rappresentata solo dall’enunciazione di un titolo.

Uno strumento del genere non avrebbe un costo eccessivo, anzi possiamo dire vicino allo zero, e sarebbe molto efficace in termini di conoscenza.

Uno strumento web con accesso univoco è una cosa che si realizza in 10 minuti 10, basta solo la volontà.

In conclusione noi di Impronta Unica affermiamo con fermezza e senza tema di smentita che l'innesco della partecipazione attiva di una comunità alla gestione della cosa pubblica non può prescindere dall'avvio e dalla messa a punto di un sistema di conoscenza e monitoraggio, "monitoraggio civico" appunto, che con gli strumenti digitali è oggi possibile realizzare e senza che i costi costituiscano un ostacolo.

altOvviamente i cittadini non possono monitorare “il dire” dell'Amministrazione, ma debbono assolutamente monitorare "il fare".

Pertanto, noi diciamo sì a un nuovo modello di governance che però parta da un principio: l'Amministrazione deve realizzare punto per punto il suo programma elettorale, mettendo a disposizione e quindi condividendo e facendo conoscere tutta quella mole di dati che risultino funzionali a tale obiettivo.

Lo deve fare in via preventiva e poi in via definitiva.

Compito di una comunità è quello di conoscere queste azioni, i dati messi a disposizione, condividerli con il nonno (mai digitalizzato) se necessario, chiedendogli “ma tu cosa faresti?”

Tutto il resto, in buona fede, è energia sprecata. In mala fede, invece, diventa una presa in giro.

Francesco Riela
Gruppo politico Impronta Unica

Il neretto è della Redazione