"Un nome diabolico" - di Biagio Napoli

"Un nome diabolico" - di Biagio Napoli

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Il primo di aprile del 1957 un piccolo editore romano (Boselli) pubblica, nella collana Gialli della Metropoli, il libro Uccidevano di notte di Bill Skyline. L’autore, in realtà, si chiamava Italo Fasan ed era un giornalista; il libro era, pertanto, un vero e proprio giallo-spaghetti,

con protagonista un capitano della polizia di New-York.
L’investigatore, alle dirette dipendenze del procuratore distrettuale, ha atteggiamenti alla Nero Wolfe, il pachidermico eroe dei libri di Rex Stout. La sua pigrizia è infatti tale che, come Nero Wolfe, difficilmente lascia il suo ufficio per recarsi nei luoghi del delitto; sono i suoi collaboratori a farlo e a condurre avanti gli interrogatori i cui resoconti gli permettono di riflettere, “dedurre”, pervenire alla soluzione dei casi.



Queste caratteristiche vengono però talmente accentuate (risparmia pure nelle parole e viene chiamato il “taciturno”) da farne una figura parodistica ed è evidente il divertimento dell’autore nel tratteggiarlo.
Egli è comunque impegnato nella cattura di un serial-killer che sfida la polizia inviando di volta in volta delle lettere (anche alla stampa) in cui annuncia il delitto che si accinge a compiere e che, puntualmente, compie fino alla sua individuazione.
Si tratta di un famoso attore della televisione cui viene diagnosticato un tumore al cervello e a cui viene dato un anno di vita; il tempo che gli resta da vivere, lo utilizzerà per uccidere tutte le persone che odia. Firma le sue lettere Diabolic (con la c finale).

 


Il 26 febbraio del 1958 alla polizia e al quotidiano di Torino Stampa Sera giunge una lettera in cui lo scrivente confessa di avere compiuto un delitto suggerendo anche il luogo dove cercare il cadavere. Ma il delitto era già stato scoperto il giorno prima; alla vittima, un operaio dello stabilimento di Mirafiori, sono stati inferti diciotto colpi con un trincetto da calzolaio. La violenza con cui il delitto era stato compiuto mostra il profondo odio che l’assassino nutre nei confronti della vittima; l’odio è il movente dichiarato nelle lettere. L’assassino ne invierà altre otto, alla polizia e alla stampa, ribadendo la sua certezza di impunità sicuro di avere compiuto un delitto perfetto.

Poi più niente, né si farà vivo, né sarà mai scoperto. Ma c’è un libro, La promessa, un capolavoro di F. Durrenmatt, in cui il protagonista, un investigatore alle prese con un delitto raccapricciante (l’uccisione di una bambina) è sicuro che catturerà l’assassino offrendogli una nuova esca (un’altra bambina da uccidere) e aspettando; aspetterà anni, fino a quando non ci starà più con la testa, semplicemente perché l’assassino non ha potuto più uccidere, essendo egli stesso morto in un incidente stradale mentre si recava nel luogo in cui l’investigatore gli aveva teso la sua trappola.

Che sia stato il destino, così come avviene nella finzione del romanzo di Durrenmatt, ad occuparsi dell’assassino dell’operaio della FIAT? Forse. E forse no se l’ultima lettera, in cui dichiara che la sua è stata una vendetta e non un gioco da ripetersi e che nessun delitto sarà più compiuto, è una sorta di congedo. Le lettere erano firmate Diabolich (con l’h finale) con chiaro riferimento al romanzo uscito l’anno prima e che l’editore si preoccuperà di ripubblicare (nella collana I Romanzi della Notte) mutandone il titolo in Diabolic: uccidevano di notte.

Nei primi mesi del 1962 esce sugli schermi italiani un film
che richiama l’inglese Sangue blu in cui Alec Guinness interpreta ben otto ruoli. Altrettanto numerose (sei) sono le parti che interpreta invece Totò nel nostro film. Parecchi delitti vengono compiuti all’interno di una famiglia nobiliare da un assassino in calzamaglia, cappuccio nero e pugnale. Dopo il libro di Fasan e dopo il delitto di Torino con la relativa pubblicità connessa anche alle vicende giudiziarie (fu incolpato e processato un innocente), il nome era ormai nell’aria, il film avrà per titolo Totò Diabolicus, così firmerà i suoi delitti l’assassino.
Avendo a che fare con Totò, va da sé che ci troviamo di fronte ad una parodia del genere poliziesco con efficaci tocchi noir che danno nuova vitalità alla comicità dell’attore.

Angela Giussani, moglie dell’editore Gino Sansoni, non vuole essere da meno rispetto al marito e fonda una piccola casa editrice iniziando la pubblicazione di fumetti che non hanno molto successo.

Questo, seppure all’inizio contrastato dalla censura (numerosi furono i decreti di sequestro di tutte le copie in circolazione), verrà con un fumetto noir il cui primo numero esce nel mese di novembre del 1962.

Alla ricerca di un personaggio e di un formato adatto alla lettura in treno, per pendolari, e per percorsi non lunghissimi, tradizione vuole che la Giussani si sia ispirata a Fantomas sul quale trovò un romanzo tascabile dimenticato sul sedile accanto al suo in uno scompartimento ferroviario.

Ma c’erano stati il romanzo di Fasan, un vero assassinio, un film. Che nome dare all’astuto criminale in calzamaglia e cappuccio nero? Delineando i tratti del protagonista del fumetto (che saranno quelli dell’attore americano Robert Taylor), anche con il contributo della sorella minore Luciana che l’aiuterà nell’impresa editoriale, la scelta del nome cadrà su una ulteriore modifica della parte finale. Avremo così Diabolik (con la k). L’impatto nel mondo del fumetto fu talmente forte da determinare presto la comparsa di più di un clone (Satanik, Kriminal i più importanti e belli creati nel 1964 dalla coppia fenomenale Magnus e Bunker, quelli di Alan Ford per intenderci) e da garantirsi una avventura lunghissima.


Biagio Napoli è un medico chirurgo che presta la propria attività presso il Reparto di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell'Ospedale Civico "Fatebenefratelli" di Palermo.
Prima della laurea in Medicina ne aveva conseguita giovanissimo e brillantemente una in Lettere e Filosofia.
Ha 59 anni ed è sposato con tre figli: i nomi dei maschi Federico, in onore del filosofo Engels e Ruggero a ricordare il Re normanno, rimandano alle sue passioni giovanili, la storia e la filosofia.
Da sempre preso dalla letteratura, ha pubblicato qualche racconto sul periodico locale "Il Nuovo Paese". Ha lavorato assieme a Mimmo Aiello per ricostruire un'esperienza assolutamente unica e originale: la storia del Circolo "L'Incontro" a Bagheria.